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Ecco come il retail può intercettare le nuove abitudini dei consumatori grazie alla digitalizzazione

Articolo tratto dal numero di giugno 2021 di Forbes Italia. Abbonati!

di Valentina Magri

Il coronavirus ha cambiato profondamente le nostre vite. E se da un lato ha evidenziato i problemi, dall’altro ha accelerato una serie di processi già in atto. Primo fra tutti: la digitalizzazione. “La pandemia ci ha forzato a scelte che ora stanno diventando naturali. Oggi, accettiamo molto più facilmente l’idea di una videochiamata di 10 minuti per discutere i risultati degli esami del sangue piuttosto che condividere lo spazio ristretto di una sala d’attesa con altri pazienti per un tempo indefinito: quasi la metà dei consumatori italiani (45%) si sente a proprio agio – o è addirittura entusiasta – nel sostituire i consulti medici di routine con appuntamenti virtuali a distanza”, spiega Raffaele Gigantino, country manager di VMware Italia, azienda del settore It quotata al Nyse, che vanta un fatturato di 11,8 miliardi di dollari e 31mila dipendenti.

La società fornisce le proprie soluzioni software e i servizi al 99% delle aziende facenti parte della classifica Fortune 1000 e si avvale di una rete capillare di partner di soluzione e di rivendita, per consentire ad aziende e organizzazioni di tutte le dimensioni e di tutti i settori di implementare le innovazioni tecnologiche che porta nel mercato, grazie al 23% del fatturato reinvestito costantemente in ricerca e sviluppo. 

VMware ha recentemente condotto su oltre 6mila consumatori in cinque Paesi la ricerca Digital Frontiers – The Heightened Customer Battleground, finalizzata a comprendere meglio come la tecnologia possa aiutare le aziende a migliorare l’esperienza e i servizi offerti ai clienti, ossia tutte le interazioni che i consumatori hanno con le aziende online, che siano acquisti, prenotazione di visite mediche, operazioni di home banking. Tra i diversi settori, il retail sembra essere quello che si è comportato meglio durante la pandemia: la ricerca infatti rileva che per il 46% degli intervistati il settore ha offerto una migliore esperienza digitale rispetto a prima della pandemia di coronavirus. Inoltre, il 48% degli intervistati sarebbe felice di continuare a interagire digitalmente con il rivenditore in futuro, rispetto al 47% dei servizi finanziari e il 31% dell’healthcare. 

VMware Italia

Un cambiamento di abitudini di consumo che si inquadra più in generale nella profonda trasformazione del settore retail, dove il 48% degli intervistati dichiara che preferisce fare shopping da un rivenditore che conosce già i suoi gusti e il 57% accoglierebbe con favore un maggiore uso della realtà virtuale nei negozi. “Gli ultimi 12 mesi hanno accentuato il divario tra i rivenditori che fanno bene il digitale e quelli che non lo fanno. Questo rappresenta senza dubbio un’opportunità per un settore chiamato a innovare profondamente il modo in cui si relaziona con il cliente, oltre che una spinta alla digitalizzazione, che consentirà ai rivenditori di differenziarsi sul mercato e di essere più competitivi”, prevede Gigantino.

Anche perché oramai, i consumatori si aspettano di vivere un’esperienza digitale positiva e senza ostacoli: il 60% di loro chiede un elevato livello di sicurezza e protezione dei dati; il 46% facilità d’uso su tutti i dispositivi; il 41% vuole applicazioni semplici ed efficaci. Insomma: il modello 1-click di Amazon ha fatto scuola e innalzato le aspettative sulla Cx (acronimo di customer eXperience). E le organizzazioni non hanno più margini per il fallimento: solo il 34% dei consumatori oggi si sente comprensivo e indulgente quando la prova di nuovi servizi per migliorare la customer experience ha un esito negativo.

Ma il timore di sbagliare non deve portare le aziende all’inerzia: se chi fa bene ha tutto da guadagnare, chi fa poco o nulla per migliorare l’esperienza digitale dei clienti, corre il serio rischio di perderli. Secondo lo studio di VMware, il 52% dei consumatori si dice pronto a passare alla concorrenza se la sua esperienza digitale non fosse all’altezza delle aspettative e solo l’8% rimarrebbe fedele. E il 60% abbandonerebbe un sito o una app nel caso non riuscisse a risolvere immediatamente un problema.

Se il 2020 è stato l’anno del digital switch, nel 2021 i servizi digitali dovranno essere all’altezza delle aspettative. Ma non basterà certo spostare l’acquisto dal negozio fisico all’online. “Occorre mettere in atto una serie di scelte per sperimentare, innovare e sbloccare opportunità di crescita in questo nuovo ambiente. Questo passaggio richiede un cambiamento che non può riguardare solo l’ultimo pezzo della catena, ossia il punto di contatto fra l’utente e il brand. Questo passaggio richiede una base digitale che permetta alle aziende di creare, eseguire, gestire, collegare e proteggere intrinsecamente qualsiasi app, attraverso qualsiasi cloud, su qualsiasi dispositivo, in modo semplice e veloce”. In questo senso, viene in soccorso la tecnologia, che mette il cliente al centro e personalizza l’interazione. Si possono fare degli esempi concreti, ricorrendo alla piramide Cx elaborata da Gartner, che individua i cinque gradini della customer experience con i relativi strumenti tecnologici.

“Si va dalle piattaforme di gestione dei dati in grado di raccogliere e sistematizzare tutte le informazioni e gli insight sul cliente, all’integrazione di tutti i touchpoint attraverso cui i clienti si collegano al brand in chiave omnicanale, all’utilizzo di assistenti virtuali per abbattere i tempi di risposta, alla capacità di anticipare i bisogni del cliente grazie all’intelligenza artificiale e al machine learning, fino all’utilizzo di sensori IoT che riconoscono il cliente e che permettono di proseguire il customer journey dovunque, non soltanto online”. Mettere in atto tutto questo consentirà alle organizzazioni di vincere la sfida, attirando e trattenendo i consumatori, per sopravvivere e avere successo oggi e in futuro.

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