Caterina Maestro DressYouCan
Responsibility

Vestire i bambini con abiti a noleggio: la proposta green di una startup milanese

La scelta di Harry e Meghan di avere soltanto due figli per salvaguardare il pianeta ha fatto molto discutere. Ma c’è uno studio svedese che dimostra come, in effetti, una nuova nascita aumenti sensibilmente l’impronta ecologica di una famiglia. Secondo la ricerca della Sveriges landbruksuniversitet di Uppsala, infatti, in una casa con figli si produce il 26% di emissioni inquinanti in più rispetto a un focolare composto da sole due persone.

Come fare, allora, per ridurre il proprio impatto senza prendere decisioni drastiche? Dai pannolini lavabili all’utilizzo di materiali sostenibili come il legno in cameretta, sono tante le azioni possibili. Pensando all’abbigliamento, una soluzione utile è quella di non acquistare grandi quantità di capi, ma optare per quelli di seconda mano o ricorrere al noleggio, in piena filosofia kids fashion renting. Secondo il Guardian, infatti, in soli due anni di vita un neonato utilizza 280 capi d’abbigliamento: uno ogni due giorni e mezzo circa. Una quantità degna di una star hollywoodiana, che molto spesso finisce direttamente in discarica. Sempre secondo il quotidiano britannico, infatti, soltanto il 15% di questi capi viene donato o riciclato.

DressYouCan

Una startup italiana, ora, ha puntato tutto proprio sul noleggio d’abbigliamento, tendenza nata nel mondo anglosassone che si sta affermando anche da noi. “Quello del fashion renting è un fenomeno che in Italia ha già preso piede da tempo e nel quale possiamo dire con orgoglio di aver fatto da apripista”, spiega Caterina Maestro, fondatrice e ceo della milanese DressYouCan. “Siamo partite dal guardaroba femminile, ma da qualche tempo abbiamo deciso di allargarci anche agli abiti da cerimonia per bambine. Di recente sono diventata mamma e so bene quanti siano i vestiti necessari per un bebè e quanto in fretta crescano i nostri figli: dopo pochi utilizzi, gli abitini iniziano già a essere di misura. Ecco perché abbiamo ideato questo servizio, un modo per non alimentare l’inquinamento prodotto dal fast fashion. Si sono sempre utilizzati i vestiti di fratelli o sorelle e, con l’area bambini di DressYouCan, vogliamo rendere quest’abitudine una prassi, permettendo alle famiglie di attingere a una vasta gamma di vestiti, sempre diversi, assecondando i gusti dei più piccoli”.

A confermare l’aumento dell’interesse per l’abbigliamento per bambini di seconda mano sono i dati pubblicati dal magazine Eco Age: le ricerche sul tema hanno registrato su eBay un aumento del 76%, mentre Bundlee, un servizio di noleggio di abbigliamento in abbonamento per bambini fino a due anni, ha incrementato il giro d’affari del 250% nell’ultimo anno. Ma non è tutto: secondo il Resale Report 2021, una mamma con bambini piccoli su due prevede di spendere di più per l’usato nei prossimi 5 anni.

Ambiente e risparmio

Al momento, il catalogo di DressYouCan conta abiti da cerimonia per bambina firmati Olvi’s, ma l’intento è di allargare l’offerta con nuovi modelli e stili. Il tutto con un noleggio flessibile e che garantisca prezzi contenuti rispetto all’acquisto. Oltre allo spreco di risorse, infatti, non va dimenticato anche il peso economico che le famiglie devono sostenere per vestire il proprio pargoletto: come riportato dal Daily Mail, infatti, i genitori spendono in media circa 12.800 euro per il guardaroba dei bambini.

“DressYouCan crede fortemente nella spinta positiva che il noleggio degli abiti può dare alla transizione ecologica del settore”, aggiunge Caterina Maestro, “rinunciando ai capi destinati a non durare e a dare alle fiamme quelli invenduti. Ai nostri figli dobbiamo presentare un modello diverso, abituarli a consumare in un altro modo, e penso che con il fashion renting si faccia proprio questo. Ogni aspetto del nostro servizio è orientato alla difesa dell’ambiente: non a caso, le consegne a Milano vengono effettuate in collaborazione con TakeMyThing, un servizio di pony sharing eco-friendly. Speriamo di poter allargare ben presto questa modalità di consegna anche ad altre città”.

Un pensiero avallato da una ricerca di McKinsey, secondo cui l’industria del tessile è responsabile dell’immissione di 2,1 miliardi di tonnellate di gas serra, pari al 4% del totale globale. Traducendo questi dati, si nota come il settore dell’abbigliamento inquini quanto le economie di Francia, Germania e Regno Unito messe insieme. Non solo. Secondo la Ellen MacArthur Foundation, il 12% delle fibre tessili prodotte ogni anno viene eliminato già nel processo di produzione, il 73% viene incenerito o gettata in discarica e solamente l’1% dei prodotti viene correttamente riciclato. Come ricorda il World Economic Forum, attualmente le emissioni dell’industria del fashion sono il doppio rispetto a quelle da raggiungere entro il 2030 per rispettare gli Accordi di Parigi. Ecco perché orientarsi su nuovi modelli di consumo, che puntano sull’economia circolare, è fondamentale.

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