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La guerra fa mancare il grano e il mondo precipita verso l’emergenza alimentare. “È una crisi senza precedenti”

“Al forno! Al forno!” gridavano i milanesi, citati da Alessandro Manzoni ne I promessi sposi, mentre si dirigevano inferociti verso il celeberrimo forno delle grucce, dando inizio ai tumulti di San Martino. L’assalto ai forni milanesi del novembre 1628 è uno dei primi esempi in letteratura di rivolta del pane. Allora, il rincaro del prezzo del pane aveva esasperato i cittadini milanesi a tal punto da assaltare il primo forno aperto per accaparrarsi le tanto agognate pagnotte. La storia è piena, d’altronde, di rivolte nate proprio per la scarsità e il costo non più sostenibile del pane, a cominciare dalla Rivoluzione francese.

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Una nuova crisi alimentare all’orizzonte

Venendo ai giorni nostri, in Tunisia, durante le proteste note come Rivoluzione dei Gelsomini, i manifestanti chiedevano a gran voce proprio il pane oltre che libertà e democrazia. La carestia che si protraeva dal 2007-2008, dovuta ad una scarsità del pane, con gli inevitabili rincari, era stata, senza dubbio, una delle cause che aveva scatenato le proteste di piazza in tutto il Nord Africa e il Medioriente.

Queste rivolte conosciute come Primavere arabe sono poi culminate con il rovesciamento dei regimi di Libia, Tunisia, Egitto e con la guerra civile in Siria. Oltre dieci anni dopo, una nuova crisi alimentare globale si affaccia all’orizzonte. Infatti, come affermato da Kristalina Georgieva direttrice operativa del Fmi (Fondo Monetario Internazionale) “la guerra sta provocando un aumento dei prezzi (dei generi alimentari, ndr) che si ripercuote sui paesi più poveri”. Stessa analisi per il segretario generale delle Nazioni Unite Guterres che afferma che “rischiamo una crisi alimentare globale”.

Il sacrificio dei biocarburanti

Il conflitto russo-ucraino, infatti, ha spinto ancora più in alto i prezzi di tutte le materie prime tra cui il grano, di vitale importanza per l’alimentazione delle fasce più povere della popolazione mondiale. Questo perché Russia e Ucraina sono rispettivamente il terzo e il sesto produttore mondiale di grano, coprendo da sole circa il 30% delle esportazioni globali del grano stesso. Il blocco totale di tali esportazioni, nel caso ucraino, e la sua parziale riduzione, nel caso russo, hanno portato ad un incremento, dall’inizio dell’anno, di circa il 35% dei prezzi del grano.

Mitigare questo effetto sarebbe possibile visto che ogni giorno in Europa vengono bruciate 10mila tonnellate di grano per produrre biocarburanti (visti anche come soluzione per diminuire la dipendenza dal petrolio russo). Viene calcolato, infatti, che qualora fosse bloccato l’uso del grano per i biocarburanti in Europa, la quantità “risparmiata” compenserebbe globalmente oltre il 20% delle esportazioni del grano ucraino.

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Chi soffre di più la carenza di grano

Tale quantità allevierebbe il peso dei vertiginosi aumenti dei prezzi sui paesi importatori di grano come Egitto, Algeria, Yemen, Libia, Libano, Bangladesh eTurchia, per i quali Russia e Ucraina pesano oltre il 60% dell’import di grano. In Egitto, primo importatore mondiale di grano, acquistato per oltre l’80% da Russia e Ucraina, una cessazione totale delle importazioni da questi due paesi belligeranti potrebbe ridurre alla fame decine di milioni di egiziani. Anche la Turchia, colpita da un’inflazione senza precedenti, che ha superato il 50% a febbraio, è estremamente dipendente dal grano russo-ucraino. Non sorprende, quindi, la solerzia del suo presidente Erdogan nel condurre e spingere i negoziati di pace, ben consapevole che un aggravarsi della crisi economica nel suo paese potrebbe destabilizzarlo ulteriormente.

I rischi finanziari per Egitto e Turchia

Le problematiche sul fronte alimentare per Egitto e Turchia hanno come riflesso anche un incremento del rischio di default prezzato dai mercati finanziari, con rendimenti dei titoli di stato decennali schizzati in doppia cifra per entrambi i paesi. L’allarme sulla sicurezza alimentare, messa a rischio dai continui aumenti dei prezzi delle materie prime agricole, era già stato lanciato dalla Food and Agriculture Organization prima dell’inizio del conflitto in Ucraina. Secondo la Fao nel 2020 le persone denutrite nel mondo erano aumentate a oltre 800 milioni dai 690 milioni del 2019 e oltre 2 miliardi di persone, circa un quarto della popolazione globale, non aveva accesso a cibo adeguato.

I piani dell’Unione europea

Per evitare quella che si prospetta come “crisi alimentare senza precedenti”, a detta del presidente francese Emmanuel Macron, l’Unione Europea sta predisponendo, come riferito dalla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, un piano di aiuti nell’ordine 2,5 miliardi di euro entro il 2024 per i paesi più penalizzati dall’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità.

Le conseguenze di questa ennesima crisi potrebbero essere imprevedibili e destabilizzare ulteriormente paesi già in difficoltà come Libia, Yemen o Libano, ed altri dall’importante peso nello scacchiere geopolitico globale, come Egitto e Turchia. Le Nazioni Unite, ma specialmente l’Unione Europea dovranno, perciò, muoversi in fretta ed aggiungere alle priorità di transizione ecologica, difesa ed energia, la sicurezza alimentare. Ne va della stabilità del mondo intero.

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