Da una pizzeria a Diano Marina, un paesino della Liguria, a una catena innovativa con un approccio manageriale. Dove la qualità e l’arte del made in Italy incontrano l’innovazione tecnologica e industriale. Può essere riassunta così la storia di Fra Diavolo, il format di pizzeria napoletana che, grazie all’ingresso di Gesa, holding della famiglia Ferrieri, (Cioccolatitaliani, Bun Burgers e Pizzeria Italiana Espressa) e del fondo Mir, raddoppierà in soli mesi la propria azienda. Qualche numero? Da 8 pizzerie, 150 dipendenti e 5 milioni di euro di fatturato, arriverà a 16 locali, 450 dipendenti e 15 milioni di euro.
La storia di Fra Diavolo
Rilevato nel 2018 da KappaGroup di Mauro D’Errico e Gianluca Lotta, Fra Diavolo rappresenta l’evoluzione contestuale del concetto di pizza e di pizzeria. Sia in termini innovativi, perché si avvale di un modello produttivo basato sull’ingegnerizzazione dei processi, sia di gestione.
Modello che, grazie alla capacità imprenditoriale di D’Errico e Lotta, è riuscito a guardare alla tradizione con spirito critico, e a portare in Italia un nuovo modo di vivere la pizzeria. “Abbiamo deciso di puntare su Fra Diavolo sia per la qualità e la bontà della pizza, quindi per il proprio know-how interno, sia perché sapevamo che poteva diventare immediatamente una catena. Avendo sempre in testa un obiettivo ben preciso: la pizzeria doveva essere un ambiente innovativo. E così, dopo aver aperto il nostro primo centro a Genova, abbiamo iniziato la scalata”, racconta Mauro D’Errico, presidente di Fra Diavolo.
Con un fil rouge univoco, vintage anni ‘70/’80, i locali di Fra Diavolo vengono ‘disegnati’ in base al territorio in cui prendono vita. Se in quello di Varese, una delle patrie del basket italiano, ricorrono infatti oggetti di design che prendono ispirazione proprio da questo sport, quello aperto recentemente nel quartiere Isola a Milano richiama diversi oggetti tipici degli anni ’80 come l’immortale videogioco Pacman.
L’inserimento nella classifica delle migliori pizze al mondo
Distaccandosi dal concetto che artigianale sia sintomo di qualità ed eccellenza, Fra Diavolo ha trasformato e innovato l’idea che ruota attorno al modo di fare la pizza. Il tutto rimanendo fedele alla qualità trasmessa da Raffaele Esposito che, avendo inventato la pizza Margherita nel 1889, è stato un innovatore per i suoi tempi. “Quando è arrivata la pandemia abbiamo capito che dovevamo creare qualcosa di completamente diverso, ribaltando il nostro business e investendo su una nuova idea: quella di dar vita a un processo produttivo standardizzato e ingegnerizzato. Con il duplice obiettivo di semplificare i processi e realizzare un prodotto di qualità Made in Italy, in pieno stile napoletano”.
Obiettivo conquistato grazie all’ingresso nella classifica mondiale delle 50 Top Pizza, con un menu che conta 20 pizze che variano a seconda delle stagioni, sempre con un approccio scientifico e data driven, e che possono essere realizzate con diversi impasti: dal tradizionale, al carbone vegetale o low carbs con una miscela di farina integrale, semi di lino, crusca di grano e farina d’avena.
L’approccio data driven nella preparazione
Nel dettaglio, grazie a un pool di ingegneri e all’arte dei suoi esperti pizzaioli, Fra Diavolo è riuscita a standardizzare la procedura della preparazione della pizza. E questo semplificandone il processo (fino all’80%), migliorando la vita degli operatori e del lavoro stesso (con un recupero di efficienza in termini di produttività pari al 30% nell’area pizzeria), e velocizzando i tempi di preparazione e consegna. In che modo? Attraverso un processo suddiviso in tre fasi ben precise. Intanto quella dell’impasto, che avviene in una stanza impasti centralizzata con sede a Torino, dove la temperatura (4° gradi) e l’umidità è controllata. A questo punto parte la consegna in tutti i locali degli impasti, attraverso celle frigorifere particolari che controllano sempre l’umidità e la temperatura prefissata, con lo scopo di portare in tutti i locali Fra Diavolo lo stesso prodotto.
Successivamente, entra in gioco la fase della stesura e del condimento, semplificata con dei macchinari customizzati, e, infine, la cottura. Che avviene in un forno in grado di stabilire tempi e modi di cottura uguali, e di proteggere il pizzaiolo dal caldo emesso dal forno (tradizionalmente, per una pizza napoletana, si può arrivare fino ai 500 gradi).
I progetti futuri: arrivare a 40 pizzerie in Italia entro i prossimi tre anni
“Anche se la pizza è un prodotto molto popolare, tuttavia è una pietanza che richiede una certa maestria e scientificità. Siamo un po’ come una farmacia che sta attenta a ogni singolo dettaglio. Inoltre, questo sistema, oltre a permetterci di avere un prodotto uguale in ogni nostro locale, mettendolo quindi al riparo dalle differenti condizioni climatiche, ci permette di ridurre lo spreco alimentare, semplificare e migliorare le condizioni di lavoro, aprire più pizzerie e, ovviamente, assumere più persone”, conclude D’Errico.
Nell’immediato futuro di Fra Diavolo c’è un obiettivo ben preciso: arrivare a 40 pizzerie in Italia entro i prossimi tre anni: più del doppio rispetto alle 16 in previsione al 31 giugno 2022, che già impiegheranno più di 450 dipendenti.
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