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Le sfide dei Dioscuri di Leonardo: i manager Bardin e Milleri di fronte alla partita Mediobanca-Generali

Articolo apparso sul numero di agosto 2022 di Forbes Italia. Abbonati!

“A mio parere i figli non devono avere responsabilità apicali in azienda e non devono sedere in cda. La ragione è molto semplice, un manager lo puoi licenziare, anche se costa parecchio, un figlio no”. Quando Leonardo Del Vecchio è scomparso il 27 giugno scorso a Milano, pochi hanno ricordato questa frase che ben sintetizza una parte non secondaria dello spirito del defunto “re degli occhiali”. Che ha poi lasciato la cassaforte lussemburghese Delfin, cuore del suo impero da 30 miliardi di dollari, divisa in otto parti eguali al 12,5% cadauno tra la moglie Nicoletta Zampillo, i sei figli che Del Vecchio ebbe da lei e da altre due compagne e Rocco, figlio di Nicoletta e del suo primo marito, il finanziere Paolo Basilico.

Dì lì a pochissimo un altro tassello fondamentale della successione è andato al suo posto, come aveva da tempo previsto il geniale imprenditore: le chiavi della gestione di Delfin e del suo principale asset, il colosso dell’occhialeria EssilorLuxottica, venivano consegnate non a qualcuno degli eredi ma ai due più fidati manager, Romolo Bardin e Lorenzo Milleri. Loro, che per Del Vecchio-Zeus sono stati negli anni come Castore e Polluce, i figli del re degli dei descritti nella mitologia, i “Dioscuri”.

I percorsi di Bardin e Milleri

Il più riservato dei Dioscuri è certamente Bardin che negli ultimi vent’anni è stato per Del Vecchio il silenzioso uomo dei numeri. Bellunese, classe 1978, è membro del consiglio di amministrazione e amministratore delegato di Delfin e consigliere di EssilorLuxottica dov’è anche membro del comitato audit e rischi e del comitato nomine e remunerazione. È entrato nel gruppo di occhialeria nel 2002 e oggi, fra l’altro, è consigliere del gruppo immobiliare quotato francese Covivio dov’è anche membro del comitato di audit e del comitato strategico e di investimento.

Bardin, fra l’altro membro del consiglio della Fondazione Del Vecchio, ha in mano il timone della galassia delle società lussemburghesi controllate da Delfin e quindi è nei consigli di Aterno, Dfr Investment, Vast Gain Limited, Immochapelle e Luxair. Quando Del Vecchio doveva farsi rappresentare nel consiglio d’amministrazione delle Assicurazioni Generali, di cui Delfin ha circa il 10%, non poteva che scegliere Bardin che però s’è polemicamente dimesso dal board del Leone di Trieste a gennaio scorso, poco dopo l’uscita altrettanto polemica del vicepresidente Francesco Gaetano Caltagirone.

Romolo Bardin

Il percorso imprenditoriale di Milleri, nato a Città di Castello nel 1959, vicepresidente e amministratore delegato di Luxottica da gennaio 2017 e amministratore delegato di EssilorLuxottica da dicembre 2020, ha inizio nel 1987 quando, dopo essersi laureato con lode in giurisprudenza all’università di Firenze e aver conseguito un Mba in Business administration con alto merito all’università Bocconi, si aggiudica la borsa di studio “Donato Menichella” bandita dalla Banca d’Italia. Quest’ultima gli consentirà di volare oltreoceano e stabilirsi negli Stati Uniti per due anni, specializzandosi in Corporate finance alla Stern school of business della New York University.

L’esperienza maturata all’estero, in una delle più prestigiose università del mondo e a contatto con alcuni tra i più autorevoli esperti del settore, gli consente di sviluppare attitudini e competenze in materia di gestione dei processi aziendali nelle organizzazioni complesse, aprendogli di fatto le porte del management consulting e della consulenza direzionale. In questo periodo, matura un’idea sempre più nitida delle leve competitive delle imprese, e approfondisce la conoscenza e il governo dei processi core dell’organizzazione aziendale e dei sistemi: una visione, questa, su cui decide di gettare le fondamenta della sua attività imprenditoriale.

Nel 1996, insieme ad altri due soci, fonda la propria società di consulenza strategica con focus specifico sulla definizione e ingegnerizzazione dei processi aziendali, che si propone di competere con i grandi player internazionali del settore e guidare la trasformazione digitale dei clienti. Il 2006 segna un anno di svolta. In quegli anni l’azienda di Del Vecchio stava avviando la digitalizzazione dei suoi processi di business, alla cui definizione Milleri apporterà di lì a poco un contributo determinante guidandone la delicata fase di trasformazione.

Uno degli elementi più visibili del contributo dato alla rivoluzione digitale di Luxottica, lanciato in quegli anni, sarà il primo Virtual store: un’app mobile di rilievo strategico per tutto il gruppo che, aggregando l’insieme dei dati di vendita e delle attività nelle diverse geografie, è in grado di restituire, in qualsiasi momento, uno spaccato istantaneo, integrato ed efficiente dei dati di vendita del gruppo, con dettaglio fino al singolo negozio. Il nuovo strumento consente ai vertici di compiere scelte informate, ponderate e trasversali a tutte le funzioni. Grazie a questo intervento, Luxottica riuscirà in circa dieci anni a sostenere in modo efficiente la migrazione della quasi totalità delle sue attività nelle diverse aree geografiche, integrare sistemi e modalità di lavoro, e garantire la semplificazione dei processi, il controllo dei flussi e una più ampia flessibilità e rapidità decisionale.

Negli anni successivi, Milleri si fa interprete della visione imprenditoriale di Del Vecchio che, a partire dal 2016, lo vuole stabilmente in azienda, prima come amministratore con funzioni vicarie, poi con l’incarico di vicepresidente, infine, da gennaio 2018, anche come amministratore delegato del gruppo. Alla guida di Luxottica, Milleri riesce a tradurre le strategie e il rinnovamento strategico voluto da Del Vecchio in risultati tangibili. Dal 2015 al 2019, le vendite cumulate crescono, rispetto al periodo 2010-2013, di circa il 40% passando da 26 a 36 miliardi di euro; l’utile netto cumulato cresce di circa l’80% e il valore medio del margine netto sale dal 7,5% circa a oltre il 10%.

Francesco Milleri e Leonardo Del Vecchio
Da sinistra: Francesco Milleri e Leonardo Del Vecchio

Lo storico accordo con Essilor

Tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017, Milleri fornisce poi un contributo decisivo a quello che Del Vecchio definisce l’avverarsi del “sogno di una vita”. Dopo anni di negoziazioni infruttuose, Milleri riesce a imprimere una svolta nei rapporti che il presidente stava allora tessendo con Essilor, leader mondiale delle lenti oftalmiche. In appena un mese arriva alla firma dell’Accordo di Combinazione tra Delfin e Essilor, che porterà alla nascita nell’ottobre 2018 di EssilorLuxottica. Fino all’ultimo prestigioso incarico di presidente di Delfin, succedendo poche settimane fa proprio al defunto imprenditore, su sua precisa indicazione. Con lo stesso spirito Milleri ricopre il ruolo di consigliere di amministrazione della Fondazione Leonardo Del Vecchio.

Da questa posizione, fornisce un contributo sostanziale all’individuazione e realizzazione di progetti ad altissimo impatto sociale ed economico sia in Italia – in particolare nella lotta alla pandemia tra il 2020 e il 2021 – sia in Ruanda, dove la Fondazione è impegnata nella creazione di strutture ospedaliere e centri di formazione per garantire l’accesso universale alle cure oftalmologiche. Sempre in rappresentanza della Fondazione, svolge il ruolo di consigliere dell’Istituto europeo di oncologia. L’attenzione per il patrimonio culturale e naturalistico della sua regione di origine ha, inoltre, spinto Milleri a valorizzare, attraverso un progetto di riqualificazione, il Parco termale di Fontecchio, a Città di Castello, sua città natale. Un’iniziativa tuttora in corso che genererà un indotto importante per l’economia del territorio e lo doterà nuovamente di un polo di attrazione turistica legato al benessere, con importanti ricadute in termini occupazionali.

I piani per il futuro

Prese le leve del comando, ora i Dioscuri sono attesi a sfide importanti. In Delfin, infatti, oltre il 32,2% di EssilorLuxottica e il 26% dell’immobiliare Covivio, ci sono il 19,4% di Mediobanca e il 9,82% di Generali. Bardin e Milleri continueranno l’operazione di rinnovamento che Del Vecchio aveva voluto in Mediobanca e in Generali, in quest’ultima a fianco di Francesco Gaetano Caltagirone, mettendo nel mirino gli attuali amministratori delegati, rispettivamente Alberto Nagel e Philippe Donnet? Il primo vedrà scadere nel 2023 il suo mandato mentre il secondo è stato riconfermato per la terza volta pochi mesi fa in una calda assemblea dei soci, nella quale Caltagirone, Del Vecchio, i Benetton e altri azionisti italiani sono stati sconfitti ma rappresentano almeno il 30% del capitale contro una maggioranza che poggia sul solo 13% di Mediobanca e la larga parte dei fondi esteri.

Cambiare la strategia dell’imprenditore defunto richiederebbe l’unanimità dei rami della famiglia, visto lo statuto di Delfin, e quella strategia è condivisa sia da Bardin sia da Milleri, quest’ultimo poi particolarmente critico verso Nagel. Quindi, a meno di improbabili ribaltoni, l’operazione rinnovamento continuerà. A quale degli otto eredi di Del Vecchio, infatti, conviene mettere in discussione i Dioscuri per salvare gli strapagati amministratori delegati delle Generali e Mediobanca, che nelle aziende che guidano hanno investito, se va bene, poche migliaia di euro? Se i Dioscuri completeranno la rivoluzione dei due templi della finanza italiana avviata da Del Vecchio (e Caltagirone) bisognerà più prosaicamente denominarli “i gemelli del gol”.

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