Articolo tratto dal numero di novembre 2022 di Forbes Italia. Abbonati!
Una storia che inizia alla fine degli anni Novanta. La convinzione della fondatrice: “Inumeri sono sempre venuti dopo le persone”. Migliaia di progetti realizzati e uno sguardo sempre proiettato al futuro. È questo il racconto di Pqe Group, società di consulenza nel settore delle life science, nata dall’idea della sua fondatrice e presidente, Gilda D’Incerti.
A partire dalle conoscenze maturate nel settore, D’Incerti ha messo insieme un’azienda che accompagna l’industria farmaceutica nel percorso di assicurazione di qualità sui dati, a supporto della sicurezza ed
efficacia del prodotto per il paziente finale. Pqe Group oggi è una multinazionale con un portfolio di servizi completo.
Dalle grandi alle piccole e medie imprese, offre una combinazione di soluzioni per le società nel settore farmaceutico che vogliono ottenere uno standard qualitativo riconosciuto a livello internazionale. Lavora in 19 paesi, con quasi 1.800 dipendenti dislocati in 30 uffici nel mondo. Dalla sua nascita ha realizzato oltre 15mila progetti, con una crescita del 18% e un fatturato di oltre 52 milioni di euro nel 2021, nonostante le sfide affrontate durante la pandemia.
La startup Gqc
Inserita dal Financial Times tra le mille aziende a più rapida crescita, ha il suo quartier generale nel cuore del Valdarno, tra Firenze e Arezzo. Oggi offre servizi di supporto alle società farmaceutiche per tutto il ciclo di vita del farmaco: dalla creazione della molecola alla sperimentazione clinica, dalla produzione alla distribuzione del farmaco autorizzato. Ma questa è la storia recente.
La nuova frontiera su cui cercherà di lavorare nei prossimi anni riguarda l’utilizzo di cannabis a scopo medico, attraverso la creazione di una nuova startup: Gqc, cioè Glocal Quality Cannabis. Il mercato in Italia non è ancora autosufficiente. Dal 2006 i medici italiani possono prescrivere preparazioni galeniche realizzate dal farmacista a partire dalle infiorescenze essiccate o macinate della pianta coltivata, da assumere sotto forma di decotto, come olio o per inalazione.
Tuttavia le farmacie faticano, perché le preparazioni necessitano di materia prima che nel nostro Paese è stata importata dall’estero fino al 2016 (oggi se ne producono in Italia, a scopo terapeutico, circa 200 chili: meno di un sesto della richiesta). Con il risultato che molti pazienti non riescono ad avere i farmaci di cui avrebbero bisogno. “In realtà anche queste stime sono sbagliate, se vogliamo scendere nel dettaglio, perché in Italia non c’è un reale tracciamento del fabbisogno”, precisa Andrea Ferrari, business development di Gqc.
Il problema del reperimento della materia prima
“Non esiste una raccolta dati e nemmeno un software, che proprio in questi mesi stiamo realizzando come Gqc e che andrebbe adottato su scala nazionale. Si pensa che la reale stima del fabbisogno interno sia intorno alle tre tonnellate e, secondo i pochi dati che abbiamo, la produzione in Italia si attesta sotto i 200 chili. Nel 2022 non si raggiungeranno nemmeno i 100, a fronte di una richiesta che sembra essere
di 1.200 chili, se stiamo al quel poco di tracciamento che abbiamo”.
Se anche si prende per buona la stima di 1.200 chili, il problema nel reperimento è evidente. “Novecento chili arrivano dall’Olanda, che ce li fornisce in forma di favore, non ci fa business e quindi non ha interesse ad aumentare la quota. Anzi, quando sta per raggiungerla, cala le esportazioni. Il resto dovrebbe arrivare dai bandi, con tutte le lentezze burocratiche che si incontrano quando si entra in questo campo”.
Al momento è in corso il quarto bando, da circa una tonnellata, che contribuirà a risolvere una buona parte del problema. “Occorre seguire anche la strada dei bandi per affidare la coltivazione nazionale ad aziende private. Il ministero ha pubblicato una manifestazione d’interesse in estate, ma qui, vista anche l’esperienza della Germania, i tempi sarebbero di almeno tre anni per costruire o adattare le strutture necessarie alla produzione di cannabis”.
La nuova frontiera dello sviluppo
Per quanto riguarda l’analisi del mercato interno, in Italia si predilige l’estratto in olio. “Il ministero della Salute, infatti, di recente ha aperto alle importazioni di estratti che consentono una maggiore standardizzazione dei componenti rispetto alle infiorescenze, che presentano una maggiore variabilità”, aggiunge Ferrari. “In sostanza, in Italia arriverebbe il prodotto già finito come olio, garantendo una maggiore continuità terapeutica”.
E proprio sul futuro sta lavorando Alessio Torresi, vp operations di Gqc. “Il progetto di questa startup è iniziato un anno fa”, spiega. “Lavoriamo a una nuova frontiera dello sviluppo di questo settore. Si chiama Gqc e sta per Glocal Quality Cannabis: strategie globali per personalizzare i servizi a livello locale. Gqc è uno spinoff verticale e un’azienda federata di Pqe Group, in grado di fornire servizi e consulenze specializzate sul mercato della cannabis medica, grazie a un team che racchiude diverse figure: chimici, farmacisti, medici, biologi che curano tutta la filiera, dalla ricerca e sviluppo fino alla produzione e agli ospedali”.
Ogni Paese, sottolinea Torresi, ha il proprio approccio verso questo tipo di terapia. Ci sono culture e leggi differenti. E proprio in questo contesto si inserisce Gqc, che vuole “implementare a livello locale gli standard internazionali, dagli studi clinici alla produzione, per garantire sempre al paziente finale efficacia, sicurezza e qualità. Al momento stiamo supportando diverse realtà in Italia, in Europa, in America e in Israele”.
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