Settemila clienti e un successo che appariva inarrestabile. La storia di Wirecard è quella di un’azienda che inizialmente si occupava di fornire metodi di pagamento per siti per adulti e giochi online, ma che è diventata in breve un’azienda globale del settore dei pagamenti. Fondata nel 1999 e fallita due anni e mezzo fa, nell’ottobre del 2000 si era quotata alla Borsa di Francoforte.
Giovedì 8 dicembre è iniziato a Monaco il processo contro Markus Braun, ex amministratore delegato del gruppo, accusato, insieme a due complici, di aver falsificato i bilanci e truffato i creditori per una cifra di 3,1 miliardi di dollari.
La storia di Wirecard è stata da molti paragonata a quella della Enron, compagnia energetica texana fallita improvvisamente nel 2001 dopo una crescita molto rapida, che l’aveva resa una delle più importanti multinazionali statunitensi.
La storia di Wirecard
I primi problemi per Wirecard sono iniziati nel 2016, quando, come riporta Reuters, un rapporto negativo degli short seller di Zatarra Research ha denunciato attività fraudolente e ha affermato che i dirigenti hanno commesso reati di riciclaggio di denaro, oltre a frodare Mastercard e Visa. Nonostante ciò, nel 2018 Wirecard è entrata a far parte dell’indice di mercato blue-chip Dax, diventando ufficialmente una delle 30 società tedesche di maggior valore alla Borsa di Francoforte.
I veri guai sono cominciati nel 2019, quando Wirecard si è trovata a dover smentire un articolo del Financial Times secondo cui un dirigente della società tedesca avrebbe utilizzato contratti falsificati e retrodatati in una serie di transazioni sospette, che hanno sollevato dubbi sull’integrità della prassi contabile dell’azienda. Wirecard ha definito la notizia “falsa, inaccurata, fuorviante e diffamatoria”.
Per dimostrare la bontà dei conti di Wirecard, l’azienda ha incaricato Kpmg di condurre una revisione contabile indipendente, per rispondere alle accuse del Ft secondo cui il suo team finanziario avrebbe cercato di gonfiare le vendite e i profitti. Qualche mese dopo Kpmg ha rilevato che Wirecard non ha fornito una documentazione sufficiente per rispondere a tutte le accuse di irregolarità contabili mosse dal Financial Times.
Le dimissioni del ceo e l’inizio della fine
Nello stesso periodo, il revisore Ey si è rifiutato di firmare i conti 2019 di Wirecard, perché non è stato in grado di confermare l’esistenza di 1,9 miliardi di euro (2,3 miliardi di dollari) di denaro circolante su conti fiduciari, che rappresentavano circa un quarto del suo bilancio. Questa notizia ha provocato, lo stesso giorno, un crollo del prezzo delle azioni Wirecard del 70%.
Il 19 giugno 2020 l’amministratore delegato di Wirecard, Markus Braun, si è dimesso, mentre la Banca centrale delle Filippine ha smentito l’esistenza dei conti dell’azienda. Il 22 giugno Wirecard ha dichiarato che 1,9 miliardi di euro registrati nei suoi conti probabilmente non sono mai esistiti.
L’arresto di Braun e il fallimento
Braun è stato poi arrestato con l’accusa di aver truccato i bilanci Wirecard, ma verrà rilasciato dietro pagamento di una cauzione di cinque milioni di euro. La vicenda di Wirecard è diventata poi sempre più drammatica: il titolo in borsa è crollato, passando in una settimana da un valore di 100 euro a meno di 2 euro ad azione.
Il direttore Jan Marsalek, licenziato subito dopo lo scandalo, risulta tutt’oggi latitante ed è uno dei ricercati in cima alla lista dell’Interpol. Il 25 giugno 2020 la parola fine alla vicenda: a causa dell’eccessivo indebitamento, Wirecard è stata costretta a presentare istanza di fallimento.
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