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Nuove rotte, materie prime, terre rare: perché l’Artico è al centro delle strategie di Usa, Russia e Cina

Nuove rotte commerciali navigabili più veloci e sicure, come la Northern sea route, ricchezza di materie prime e terre rare: l’Artico sta diventando il nuovo centro delle strategie geopolitiche di Stati Uniti, Russia e Cina. Complice il cambiamento climatico, che sta causando il catastrofico scioglimento della calotta polare

“Con le pressioni senza precedenti dei paesi occidentali sull’economia russa, l’importanza della rotta Nsr (Northern sea route) come arteria di trasporto marittimo è notevolmente aumentata. Il nostro compito, quindi, è sviluppare questa arteria in maniera sistematica”. Così, con enfasi, si è espresso, a dicembre, il vice premier russo Alesksadr Novak riguardo alla crescente importanza per l’economia del suo paese della Northern sea route, la tratta marittima situata nell’Artico russo che corre lungo tutta la Siberia, dal mar di Kara fino allo stretto di Bering. È la principale rotta artica insieme al Northwest passage (Nws), il passaggio a Nord Ovest, che collega l’oceano Atlantico al Pacifico.

Il cambiamento climatico e le rotte artiche

Il cambiamento climatico, che sta causando lo scioglimento della calotta artica, ha reso attraversabili, per periodi dell’anno sempre più lunghi, rotte commerciali fino a pochi decenni fa quasi impraticabili. Secondo uno studio della Brown University, infatti, l’intera area artica si riscalda a una velocità doppia rispetto al resto del mondo. Un dato assai preoccupante che potrebbe cambiare gli scenari geopolitici ed economici mondiali. La zona artica, che si estende per oltre 8mila chilometri quadrati, è divisa tra Russia, Canada, Stati Uniti, Svezia, Danimarca, Finlandia, Islanda e Norvegia.

L’articolo 234 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del 1982, ha dato la possibilità ai paesi artici di regolare il traffico marittimo della rotta purché questa resti ghiacciata per la maggior parte dell’anno. Paesi come la Russia, per anni, hanno potuto imporre alti pedaggi alle navi straniere che passavano per queste rotte, rendendo antieconomica la traversata. Se, però, come potrebbe accadere a breve, la rotta non fosse ghiacciata per più di sei mesi l’anno, l’articolo 234 decadrebbe e gli stati che si affacciano sull’Artico non avrebbero alcuna possibilità di bloccare il passaggio o imporre pedaggi.

Il 10% del Pil russo viene dall’Artico

Dopo il blocco all’importazione di petrolio russo via mare da parte dell’Ue il controllo della Nsr è di fondamentale importanza per la Russia come via di sbocco verso i suoi nuovi clienti, Cina e India. Dai giacimenti di petrolio nell’Artico dipende, infatti, un terzo della produzione russa e lì vengono prodotti il 10% del Pil e il 20% dell’export di Mosca. Il governo Putin già nel 2018 aveva deciso di investire oltre 735 miliardi di rubli (circa dieci miliardi di euro) per potenziare le infrastrutture e la flotta rompighiaccio. L’obiettivo era quello di incrementare il traffico commerciale attraverso la Nsr fino a 80 tonnellate metriche nel 2024.

La Russia è finora l’unica a possedere tre navi rompighiaccio a propulsione nucleare, l’ultima varata a novembre. Nello stesso periodo una nave tank di petrolio russa ha raggiunto Shanghai per la prima volta attraversando il Mar Glaciale Artico. Nel complesso, secondo i dati dell’Arctic Ship Traffic Data, il numero delle navi che transitano nell’Artico è cresciuto del 35% tra il 2013 e il 2019. Uno sviluppo dovuto anche al fatto che la distanza tra San Pietroburgo e Vladivostok è di 14mila chilometri passando per la Nsr, contro i 23mila del passaggio da Suez. Inoltre, il centro studi di Intesa Sanpaolo ha calcolato che usando la Nsr al posto di Suez o Panama si risparmierebbero mediamente circa 14-20 giorni a viaggio (tra il 30% e il 50% del tempo di percorrenza). E ancora: la Nsr permetterebbe di evitare l’oneroso pedaggio degli stretti e, nel caso di Suez, anche gli elevati costi di assicurazione per il passaggio nel golfo di Aden, infestato dai pirati somali.

La cooperazione Russia-Cina

Oltre al Cremlino, anche la Cina ha messo gli occhi sulle rotte artiche. Pechino ha individuato la Nsr come terza via per i traffici della Silk Road Connection, una sorta di ‘Via della Seta Polare’. Sempre secondo il centro studi di Intesa Sanpaolo, il passaggio per l’Artico della tratta Rotterdam-Shanghai permetterebbe un risparmio di una settimana. Per questo una delle compagnie di navigazioni più attiva nelle rotte artiche è la cinese Cosco. Viene stimato, per di più, che nella regione artica si trovino oltre il 12% delle riserve di petrolio globali e il 30% di quelle di gas, oltre a immensi giacimenti di terre rare. 

Xi Jinping vuole perciò incrementare la presenza cinese nei progetti di sviluppo delle infrastrutture energetiche nell’Artico. A conferma le dichiarazioni di Igor Sechin, amministratore delegato di Rosneft, la compagnia petrolifera statale russa, secondo cui “la cooperazione tra Russia e Cina nell’Artico si stia sviluppando in maniera dinamica”. Tra i progetti più rilevanti il gasdotto Yamal, che trasporta a livello globale il 5% del Gnl, gas naturale liquefatto, e l’Arctic Lng 2, progetto da 21 miliardi di dollari di cui le società cinesi Cnpc e Cnooc detengono il 20%. Il governo cinese ha investito, poi, nel potenziamento dei due aeroporti della Groenlandia, ritenuta potenzialmente il terzo produttore di uranio al mondo.  I cambiamenti climatici stanno modificando anche gli equilibri geostrategici della regione rendendo Russia e Cina una seria minaccia per gli interessi statunitensi.

La risposta americana

Secondo il think thank americano Csis, Centre for strategic and international studies, infatti, la Russia ha riattivato recentemente almeno 13 base aeree e dieci centri radar nell’artico russo. Biden, perciò, per correre ai ripari, il 7 ottobre ha delineato una nuova strategia per l’Artico basata su quattro pilastri: sicurezza, protezione dell’ambiente, sviluppo economico sostenibile per l’Alaska e governance. Prime mosse: incremento della presenza militare nell’artico americano e potenziamento infrastrutturale del porto di Nome sullo stretto di Bering. Nuove rotte commerciali navigabili più veloci e sicure, ricchezza di materie prime e terre rare stanno facendo tornare il Polo Nord al centro delle strategie geopolitiche di Stati Uniti, Russia e Cina. La corsa, quindi, per il controllo dell’’Ultimo tesoro del mondo’, come viene definito l’Artico, è appena cominciata.  

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