Non è un mistero che quando si parla di blockchain il pensiero corra subito ai bitcoin e al mondo delle criptovalute.
Blockchain e settore agroalimentare
Da quando questa tecnologia è entrata nella quotidianità di un numero sempre più vasto di attori, in misura crescente a partire dal 2009, il suo utilizzo si è allargato ai settori più diversi: dall’arte all’industria discografica, dalla gestione degli eventi sportivi fino alle gift card.
La blockchain ha iniziato così a coinvolgere anche il settore agroalimentare, un campo in cui l’Italia vanta una leadership globale ed è costantemente alle prese con esigenze di tutela della filiera. Pensiamo alle evidenti implicazioni col fenomeno dell’Italian sounding e delle contraffazioni.
La necessità di dare maggiore trasparenza ai consumatori circa l’origine della materia prima e la sicurezza di ciò che acquistano sta iniziando a portare gli imprenditori agroalimentari a interessarsi a questa tecnologia.
La tracciabilità di filiera
La blockchain si sta ritagliando un ruolo importante per la tracciabilità delle filiere perché dà accesso a una piattaforma digitale basata su un registro immutabile e condiviso di tutte le transazioni che avvengono tra i vari attori coinvolti nella supply chain.
Ciò consente di monitorare in modo trasparente la provenienza e la qualità dei prodotti in ogni fase del processo, riducendo al minimo la possibilità di frodi ed eliminando la contraffazione alimentare.
La tecnologia blockchain ha rivoluzionato il modo in cui i dati vengono memorizzati e condivisi: usando la crittografia per mantenere le informazioni sicure, una blockchain fornisce un database decentralizzato o libro mastro digitale di informazioni.
La tracciabilità di filiera in blockchain permette a tutti gli attori, fornitori di materia prima, trasformatori, produttori, confezionatori e distributori, di accedere in modo autonomo a un registro condiviso su una rete di computer, creando un legame digitale indissolubile e incorruttibile dei vari passaggi della materia prima lungo la filiera.
Il risultato finale? Rendere possibile la rintracciabilità a valle, cioè da parte del consumatore, attraverso un QR code stampato sulla confezione: scannerizzandolo, chiunque può verificare l’origine della materia prima e avere certezza di acquistare un prodotto davvero made in Italy e non con un falso spacciato come tale.
I benefici della blockchain
“I benefici della blockchain nella catena alimentare sono molteplici. Costruire la fiducia tra i partner commerciali, fornire visibilità end-to-end, snellire i processi e risolvere velocemente i problemi: tutto ciò si traduce in supply chain più forti e resilienti”, spiega Giuseppe Coletti, founder e ceo della start up digitale Authentico, ai vertici delle aziende italiane del settore foodtech per numero di certificazioni blockchain in ambito agroalimentare.
“Non solo: nell’industria alimentare la blockchain può aiutare a garantire la sicurezza e la freschezza degli alimenti e a ridurre gli sprechi. In caso di contaminazione, il cibo può essere ricondotto alla sua fonte in breve tempo, circoscrivendo il problema ed evitando sprechi”, continua Coletti.
“Inoltre, sempre più importatori esteri stanno preferendo prodotti tracciati in blockchain per qualificare la distribuzione di prodotti italiani autentici nel loro territorio”.
Nel 2022 gli investimenti per progetti blockchain da parte delle aziende italiane sono aumentati raggiungendo i 42 milioni di euro, e il 5% di essi riguarda il settore agrifood.
“La certificazione digitale della filiera con tecnologia blockchain rende le imprese più trasparenti posizionandone il brand a un livello superiore di valore. Soprattutto per chi produce 100% made in Italy, l’italianità certificata è un valore dal forte differenziale competitivo”, conclude Coletti.
Il caso di Dispensa di San Salvatore
Un esempio è rappresentato dalla Dispensa di San Salvatore, azienda campana leader nel settore degli yogurt e dessert al latte di bufala con il 98,4% del mercato nazionale: in qualsiasi momento, i consumatori possono verificare, tramite un QR-code sul packaging, il km 0 delle materie prime, i luoghi e i processi di lavorazione.
“Ciò ha un valore fondamentale per un’azienda come San Salvatore che può così mostrare l’attenzione posta per la sostenibilità, il benessere animale, la qualità del latte, le tecnologie applicate alle ricette tradizionali”, spiega Antonello Ricco, ceo dell’azienda.
Ancor più nel momento in cui l’azienda si sta preparando a lanciare nuove referenze, come i cremosi a pistacchio, cocco, caramello e fragola, nuovi prodotti, come la linea proteica, il kefir e il riso latte, e un impianto produttivo 4.0, che rafforzerà ancora di più il segmento di mercato dei prodotti a base di latte di bufala.
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