La casa madre di Facebook, Meta, è stata condannata a pagare una multa record di 1,3 miliardi di dollari (circa 1,2 miliardi di euro) dall’Unione Europea, per non aver rispettato le rigide regole sulla privacy. Si tratta dell’ultima severa sanzione finanziaria inflitta a un gigante tecnologico americano dall’Ue.
I fatti chiave
- La sentenza è stata emessa dalla Commissione irlandese per la protezione dei dati (Dpc), il principale regolatore di Meta nell’Ue, poiché la sede regionale dell’azienda si trova a Dublino.
- L’importo costituisce la più grande sanzione emessa ai sensi del regolamento generale sulla protezione dei dati dell’Unione europea, che in precedenza ha bloccato aziende del calibro di Amazon e Google.
- La Commissione irlandese ha affermato che la sua indagine su Meta ha rilevato che la società non è riuscita ad affrontare i rischi per “i diritti e le libertà fondamentali” dei cittadini dell’Ue i cui dati stavano per essere trasferiti negli Stati Uniti.
- A parte la multa record, il regolatore ha ordinato a Meta di sospendere “qualsiasi futuro trasferimento di dati personali” negli Stati Uniti entro i prossimi cinque mesi.
- A Meta sono stati inoltre concessi sei mesi per interrompere il “trattamento illegale” e l’archiviazione dei dati personali dei cittadini dell’UE residenti negli Stati Uniti.
Background
La decisione della Commisione irlandese fa parte di una più ampia battaglia tra l’Unione Europea e le società tecnologiche americane sui flussi di dati trans-frontalieri. Le aziende tecnologiche sostengono da tempo che il libero flusso di dati attraverso i confini è essenziale per un Internet globale e che i tentativi di impedirlo frammenteranno il web e aumenteranno notevolmente i costi.
Nel 2020, la Corte di giustizia europea ha annullato un accordo sul flusso di dati tra gli Stati Uniti e l’Ue a causa delle preoccupazioni per le pratiche di sorveglianza delle forze dell’ordine e delle agenzie di intelligence statunitensi. Da allora, i funzionari americani ed europei hanno lavorato insieme per elaborare un nuovo accordo sul flusso di dati, che dovrebbe essere finalizzato entro la fine dell’anno.
I giganti della tecnologia statunitensi, rimasti nel frattempo in un limbo legale, si sono affidati a metodi alternativi per trasferire i dati, tra cui le clausole contrattuali standard. L’indagine del DPC, tuttavia, ha rilevato che l’utilizzo di queste clausole da parte di Meta non è riuscito a mitigare i rischi individuati dalla sentenza della massima corte europea.
Il fatto sorprendente
Nella sua dichiarazione, il Dpc ha dichiarato di non essere d’accordo con la sanzione inflitta a Meta, ma è stato costretto ad andare avanti a causa di una decisione del Comitato europeo per la protezione dei dati.
L’intervento di quest’ultimo è arrivato dopo che la sentenza originale del Dpc, che aveva sospeso solo i flussi di dati di Facebook, ha incontrato l’opposizione di altri quattro regolatori nazionali, che hanno chiesto una sanzione pecuniaria.
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