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Responsibility

104° Pitti Uomo: a Firenze va in passerella la sostenibilità

In tempi di sostenibilità elevata a parola chiave in numerosi settori – dall’agroalimentare alla grande industria – anche il settore dell’abbigliamento e della moda fa di questo tema una delle priorità, almeno nella comunicazione, e il 104° Pitti Uomo è tra le maggiori vetrine per comprendere le tendenze in atto.

Al salone fiorentino della moda maschile in scena a Firenze sono numerose le aziende che professano di applicare buone pratiche per ridurre l’inquinamento o adottare metodi di lavoro che tengono conto delle condizioni di vita di tutti gli anelli della filiera.

Tralasciando chi si limita a un impegno eco-friendly di facciata, se non addirittura al greenwashing, in Fortezza non mancano esempi virtuosi: accessori e outfit basati su materiali biodegradabili, provenienti da scarti di post produzione o perfettamente naturali.

Keeling: una tecnologia speciale per preservare le acque del mare

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Keeling

Partiamo da Keeling, che mira a contribuire alla salvezza degli oceani (il nome del brand deriva infatti da quello delle Isole Cocos, territorio esterno dell’Australia costituito da due atolli e 27 isole coralline nell’Oceano Indiano).

Se l’azienda mette insieme capitali e risorse umane provenienti da Emirati Arabi, Stati Uniti, Cina e Italia, grazie a Sealand International, società emiratina con sede a Dubai, appartenente a Hercules Holding, la collezione Primavera Estate 2024 fa il suo debutto al Pitti all’insegna della conservazione degli habitat marini grazie al Clean Color.

Si tratta di una tecnologia di tintura tessile sostenibile che riduce l’uso di acqua fino al 98,9% e consente di preservare i mari facendo penetrare le molecole del colore in maniera irregolare nelle fibre, per conferire un aspetto analogo alla superficie e rendere dunque unico ogni capo.

“Il nostro brevetto – spiega Tommaso Conforti, chief technology officer di Keeling – permette di tingere i capi con una particolare soluzione completamente biodegradabile senza lasciare strascichi sull’ambiente”.

Da Paul&Shark a Ecoalf: le aziende protagoniste del 104° Pitti Uomo

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Doria 1905

Mira alla salvaguardia delle spiagge italiane il brand pugliese di cappelli Doria1905, grazie al modello Jigen realizzato in sea grass, ossia la paglia di mare, a impatto zero.

In particolare, il cappello è realizzato con la posidonia spiaggiata sulle nostre coste, il cui impatto è aumentato con l’incremento delle temperature dovute ai cambiamenti climatici. Un modo per pulire le coste e non depauperare il patrimonio naturale, realizzando cappelli unici, di gusto un po’ wild.

Attenzione ai mari anche per Paul&Shark, che si impegna a ridurre il proprio impatto e preservare l’ambiente sviluppando la propria strategia di sostenibilità su quattro pilastri: il filato di nylon rigenerato, lo stop alle microplastiche, il filato con plastica marina riciclata e la Ong Shark Trust.

Al Pitti ha presentato la giacca Typhoon Platinum Save the Sea, realizzata con materiali e tecnologie sostenibili che aumentano il risparmio di acqua ed energia. Anche la collezione Lost Colors di Ecoalf guarda al mare, in particolare al mare d’Aral, fra il Kazakistan e Uzbekistan: una volta era il quarto lago più grande del pianeta, oggi è un deserto poiché il 90% dell’acqua è scomparso a causa della coltivazione insostenibile del cotone.

Una loro t-shirt Meltiaf in cotone riciclato consente di risparmiare 1.084 litri d’acqua, quasi la stessa quantità che una persona beve in media in un anno.

Discorsi simili valgono per le felpe 100% cotone riciclato che riducono del 98% il consumo di acqua, o per giacche e pantaloni. Ma non solo: Ecoalf continua a sviluppare materiali innovativi che riducono il consumo di acqua, anche con il progetto Uto (Upcycling the Oceans) per rimuovere i rifiuti marini dai fondali.

Lo zaino Cotopaxi prodotto da vecchi teli di camion

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Cotopaxi

Collezioni con il minor impatto di carbonio possibile anche per Faguo, che per ogni articolo prodotto, pianta un albero: ad oggi ne sono stati immessi nell’ambiente sono quasi 1,7 milioni. Trattamenti, lavaggi e lavorazioni a basso impatto d’acqua sono presenti anche nei jeans di Don The Fuller o nei cachemire di Cruciani.

Dal canto suo Cotopaxi realizza prodotti sostenibili di lunga durata e ha scelto di ridurre i profitti per destinare fondi a partner no profit, aiutando le popolazioni povere. I suoi zaini, ad esempio, sono prodotti da vecchi teli di camion, tende di campeggio e altri materiali scelti in modo etico, riducendo le emissioni di carbonio.

Discorso simile per Cahu Paris, la cui la tela in Pvc viene ricavata da maxi gonfiabili dei luna park e diventa base per luxury bag come la Pratique. Obiettivo del brand è creare responsabilmente, con materiali di qualità e provenienza tracciabile nelle mani esperte di artigiani.

Il recupero ispira anche la parigina Domestique (dalla cesta della spesa in pelle vegetale alla paper bag) o la 959 Ninefivenine che usa cinture di sicurezza recuperate da auto dismesse come base per una collezione di borse 24 hours e genderless.

Gli accessori Regenesi protagonisti di Pitti Uomo

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Regenesi

E ancora Chez Nous, con capi in raw denim realizzati in cotone organico prodotti da laboratori che promuovono l’empowerment economico e sociale, o la toscana Rifò e i suoi cachemire e lana rigenerata.

Tra i brand presenti a Pitti Uomo, che ha presentato la 7° edizione del progetto Sustenible Style in partnership con Kering, anche l’emiliana Regenesi, con la fondatrice Maria Silvia Pazzi che dal 2008 si occupa di economia circolare trasformando materiali di post-consumo in oggetti e accessori di moda dal design innovativo e completamente sostenibile.

Nel 2022, l’idea di creare borse partendo dal jeans consegnato dal cliente le è valso il premio Sustainable Fashion Award alla Monte-Carlo Fashion Week. Last but not least, il toscano Daniele Fiesoli che da tempi non sospetti punta su un’idea di reale sostenibilità: nei suoi capi la fibra del cachemere, recuperata da capi usati, incontra il nylon proveniente dal riciclo delle reti da pesca.

“Il consumatore medio non è ancora così sensibile alle istanze green – spiega – e anche se dopo 15 anni di tentativi in questa direzione inizio a essere un po’ deluso, continuo a investire nel riuso”.

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