l'azienda-gentile-nuovo-libro-walter-ruffinoni
Leader

La gentilezza come stile manageriale nel nuovo libro di Walter Ruffinoni 

Di Matteo Calzaretta

Una storia che mette nero su bianco le sfide evolutive e l’importanza di investire sulle persone e sul benessere. L’Azienda Gentile è il nuovo libro di Walter Ruffinoni, ceo di Ntt Data Italia, e racconta di come talento, innovazione e bellezza aiuteranno le imprese italiane a camminare fianco a fianco, superando le sfide dettate dal cambiamento.

La pandemia ha ridisegnato lo schema di lavoro tradizionale, mettendo al centro le nuove tecnologie e bilanciando la vita privata e quella lavorativa. Oggi sono i dipendenti a chiedere flessibilità e work-life balance e le aziende, di conseguenza, devono adattarsi al cambiamento per essere attrattive.

Il saggio, edito da Mondadori Electa e con la prefazione di Silvia Sciorilli Borrelli, descrive l’evoluzione aziendale nella nuova modernità postpandemica: l’importanza delle misure di welfare, la nuova centralità dello smart working e l’affermarsi di un diverso modello di business. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Il titolo L’Azienda Gentile avvicina due parole che forse mai erano state scritte una accanto all’altra. Perché questa scelta?

Due termini che racchiudono il messaggio contenuto nel libro: per raccogliere la sfida di questi ultimi anni credo sia fondamentale per le aziende cambiare, facendo una sorta di patto intergenerazionale, basato sulla trasformazione della leadership. Parole come bellezza, gioia, benessere sono fondamentali. ‘Gentile’ mi sembrava l’aggettivo giusto, per me rappresenta un nuovo stile di leadership che si deve affermare, non più di controllo, ma di empatia e inclusione. La gentilezza come nuovo stile manageriale.

Com’è nata l’idea di scrivere questo libro? 

Sono un amministratore delegato e un leader d’azienda, volevo mettere nero su bianco una serie di considerazioni, per condividere punti di vista ed esperienze, insomma tutto quello che vedo dall’osservatorio di un’impresa, mettendo per iscritto  una serie di fenomeni che stanno accadendo.

Cosa le ha permesso di comprendere l’importanza dei principi che descrive nel saggio?

Sono successe molte cose negli ultimi anni: è arrivata una pandemia, e poi nel periodo successivo abbiamo ripreso tutto ciò che facevamo prima. Tutto, tranne una cosa: non siamo più tornati a lavorare come prima. Perché? C’era qualcosa che sotto la superficie ‘bolliva un po’ in pentola’. C’era un malessere diffuso, qualcosa che non andava e che ha fatto sì che l’impatto con la pandemia creasse delle condizioni di rottura di un equilibrio che durava da decenni.

Ho iniziato una riflessione su tre fenomeni concomitanti molto forti: il covid, la rivoluzione tecnologica e la generazione Z. Il primo per quasi tre anni ha portato le persone a ripensare alle priorità di vita e a farsi una considerazione propria, rivalutando il bilanciamento tra vita professionale e personale.

Il secondo fenomeno è legato alla rivoluzione tecnologica che il covid ha accelerato e che ci ha permesso di continuare a lavorare in un momento delicato. Ma ha anche scardinato i due concetti storici di lavoro: spazio e tempo. Ci siamo resi conto che la modalità di lavoro tradizionale, che prevede la presenza in un luogo fisico dalle 9 alle 18 e dal lunedì al venerdì, non era l’unica possibile.

Ultimo fenomeno, ma non meno importante, è l’ingresso della generazione Z nel mondo del lavoro. Ragazzi che portano competenze diverse, nativi digitali, con un set valoriale nuovo, che hanno a cuore temi come sostenibilità e pari diritti. Entrano nel mondo del lavoro con un’ottica di flessibilità e smart working.

Questi tre tsunami creano la tempesta perfetta e, in un contesto così, le aziende come devono muoversi? Dovranno diventare una sorta di seconda università, con un occhio alla formazione, creando dei percorsi di carriera e di crescita molto più flessibili e meno standardizzati rispetto a 15 anni fa. Le persone stesse diventeranno gli architetti dei loro percorsi lavorativi.

L’industria che lei rappresenta è quindi un esempio di “azienda gentile”?

Diciamo che ci sono gli ingredienti giusti. Abbiamo provato a mettere in campo tante di queste caratteristiche, dandoci obiettivi di restituzione nei territori in cui viviamo: un forte investimento al sud, mettiamo inoltre a disposizione dei nostri dipendenti uffici belli dove le persone stiano bene. Ntt Data Italia ha uffici meravigliosi a Milano, il palazzo è concepito come una città, dove ogni piano ha materiali diversi, colori diversi, zone diverse che facilitano la collaborazione. Per noi il profitto è un mezzo e non un fine.

Nel suo libro racconta: “Non sono più le aziende a scegliere, ma i talenti che si rivolgono alle realtà più attrattive”. Ci spieghi meglio.

Prima le persone adulte venivano scelte dalle aziende in base alle competenze, questo perché avevano più candidati di quelli che servivano. Oggi succede l’opposto: la domanda è superiore all’offerta. Noi da cinque anni viaggiamo con 200/600 posizioni aperte e questo vuoto è destinato a crescere. Oggi di fatto un ragazzo può scegliere dove andare a lavorare. La nostra generazione non avrebbe mai lasciato un’azienda senza avere già un’offerta firmata per un nuovo incarico. Nel 2023 il 23% dei ragazzi lascia le aziende senza avere un’alternativa di lavoro in mano. E questo accade perché la maggior parte di loro sa che nel giro di poche settimane troverà altre opportunità e potrà scegliere dove andare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .

Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .