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Prestiti dimezzati alle donne: il divario di genere investe anche il credito bancario

Non solo disparità retributiva. Il divario di genere si avverte anche nel credito bancario e pesa quasi 70 miliardi su scala nazionale. Nel 2023 alle famiglie italiane sono stati versati oltre 474 miliardi di euro. La maggioranza, 216 miliardi, si riferisce a prestiti cointestati. Ma tra quelli erogati alle singole persone, solo 95 miliardi sono andati alle donne, contro i 165 miliardi agli uomini. I dati sono emersi da uno studio Fabi, federazione autonoma bancari italiani, pubblicato in occasione della Giornata internazionale della donna.

“La distanza tra credito e donne non divide l’Italia in due ma ne amplia la discriminazione di genere e se l’inclusione finanziaria rappresenta ancora un pilastro per la crescita economica e sociale del Paese, anche il fattore ‘denaro’ deve fare la differenza”, ha commentato il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni.

Credit gender gap: quali sono le regioni peggiori

Tra le otto regioni peggiori, cinque sono al Sud, dove in media alle donne è stato riconosciuto solo il 18% dei mutui e prestiti mentre agli uomini il 35% in media sul totale. Si tratta di Campania, Puglia, Veneto, Sicilia, Basilicata, Lombardia, Piemonte e Calabria. Qui il credito non supera la media nazionale del 20%.

  • Il triste primato va alla Campania, con il 16,6% del credito erogato alle donne, rispetto al 32,3% agli uomini.
  • In Puglia solo il 17,36% dei prestiti viene concesso alle donne, rispetto al 34,7% affidato agli uomini. Sul totale dei prestiti concessi – pari a 24,9 miliardi di euro – solo 4,3 miliardi spettano alle donne.
  • Al terzo posto c’è il Veneto, con solo il 18% dei prestiti riconosciuto alle donne – pari a 7,7 miliardi – contro quasi il 35% attribuito alla clientela maschile.
  • La Sicilia supera di pochissimo il Veneto, con il 18,94%.
  • Subito dopo c’è la Basilicata, con il 19,11%.
  • Anche la Lombardia non brilla per inclusione finanziaria. Qui agli uomini spetta il 34% del credito erogato mentre alle donne corrisponde solo il 19,2%.
  • In Piemonte solo il 19,60% alle donne.
  • La Calabria all’ultimo posto con il 19,99%.

Le tre regioni migliori, invece, sono Valle d’Aosta, Sardegna e Lazio dove i finanziamenti bancari arrivano rispettivamente al 25%, 23,2% e 22,9%. In Molise, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Umbria, Marche, Trentino-Alto Adige, Abruzzo, Toscana e Liguria le quote rosa del credito vanno dal 20,8% al 22,4%.

Svantaggiate anche in pensione

A un salario più basso corrisponde una pensione più bassa. Le pensionate italiane percepiscono in media 1.416 euro al mese. Gli uomini? Circa 1.932 euro in media. E non importa che sono numericamente inferiori (8,3 milioni rispetto ai 7,8 milioni di pensionati uomini): alla fine del 2022, su 321 miliardi erogati complessivamente, alle donne sono spettati 141 miliardi, agli uomini? 180 miliardi circa.

A partire dal 2020, l’età media di pensionamento femminile ha superato quella maschile. Persiste il divario di anzianità contributiva tra i due generi: nel 2021 le donne andavano in pensione con una media di 200 settimane contributive in meno rispetto ai colleghi uomini. Le ragioni della disparità sono da ricercare nel mondo del lavoro. Le lavoratrici vengono pagate tra il 10% e il 12% in meno rispetto agli uomini, con picchi fino al 17% nel settore privato.

Il ricorso al lavoro part time e all’utilizzo dei congedi parentali continuano a essere prerogativa femminile: nel 2022, il 47,7% delle donne hanno un impiego part time, a fronte del 17,4% degli uomini, mentre le richieste di congedo parentale arrivano per l’80% da madri, e solo nel 3% dei bambini beneficiari le richieste pervengono da entrambi i genitori.

Le soluzioni della Fabi

“La parità di genere non deve restare solo uno slogan, ma deve partire concretamente dall’inclusione finanziaria. Le banche, dal loro punto di vista, potrebbero fare la loro parte aumentando i prestiti dedicati a tasso agevolato. Suggerisco due proposte: potrebbero essere valutate forme di garanzia pubblica specifiche per le donne, non solo quelle imprenditrici, oppure potrebbero essere studiati incentivi fiscali, per esempio per incrementare le detrazioni sugli interessi pagati alle banche”, ha detto Sileoni.

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