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Gli chef privati sono la nuova frontiera del lusso. Chi sono i profili da seguire in Italia

Sotto l’hashtag di “Day in the life of a private chef”, su TikTok non è inusuale trovare video dove giovani cuochi preparano piatti elaborati, ma straordinariamente bilanciati, per ricche famiglie degli Hamptons o lussuosi eventi parigini.

I numeri dei private chef Oltreoceano

A catturare l’attenzione è l’estetica curata nei minimi dettagli, dall’impiattamento alla scelta dei colori degli ingredienti. Una gioia per gli occhi, insomma, tra routine alimentari che non possiamo permetterci e uno stile di vita healthy. “Questi chef spendono 600 dollari per una bistecca. Poi hanno questi bellissimi giardini che producono frutta e verdura…È il porno della ricchezza”, dice a Vulture la content creator Pamela Wurst Vetrini.

L’esempio di Rob Li, private chef per un miliardario negli Hamptons, è emblematico di quanto il fenomeno degli chef a domicilio sia vivendo il suo momento di apice. “La fascia salariale dello chef privato può variare in base a una serie di fattori, ma normalmente è compresa tra 63mila e 112mila dollari. Per gli chef privati ​​negli Hamptons come me, nella fascia più bassa ho visto uno stipendio annuo di 70mila dollari fino a un massimo di 500mila”, aveva spiegato Rob Li a BuzzFeed.

Tornando a casa nostra, però, anche se le dimensioni di questa nuova fetta di mercato sono decisamente minori, c’è chi da anni si è ritagliato uno spazio importante.

Elisa Scala: cucina salutare e cura dei dettagli

(elisascala.com)

Tra le storie di private chef di successo italiani c’è quella di Elisa Scala, originaria di Varese, che nel 2013 si è trasferita a Milano dove si è diplomata come cuoca professionista. Dopo alcuni corsi di aggiornamento presso varie accademie, tra queste quella di Gualtiero Marchesi, da 9 anni è una personal chef a Milano. “Ho avuto l’onore di lavorare per noti personaggi tra cui politici, giocatori di calcio e star del mondo della moda. Per riservatezza non faccio nomi, ma ho vivissimi e splendidi ricordi”, ci ha raccontato.

“Il menù si studia in base al tipo di evento, al gusto del cliente. Evento seduti o in piedi, servito al tavolo o amuse-bouche? In base a queste informazioni parto con la stesura del menù, nel rispetto delle eventuali intolleranze e orientamenti religiosi”, spiega Scala. Che precisa: “Nessuna richiesta è troppo pretenziosa, è giusto ricevere un buon servizio curato nei minimi dettagli. Quando non ci sono possibilità di riuscita rifiuto, non prendo incarichi se questi non sono in linea con i miei ideali”. La creatività, poi, è naturalmente fondamentale: “Stupire non solo con il gusto, ma anche con la parte visiva ed olfattiva, è essenziale”.

Sui gusti dei clienti milanesi, Elisa Scala ha le idee chiare: “I clienti amano molto il gusto naturale del cibo. I più gettonati sono i crudi di mare, le portate di pesce e vegetali”. La cucina della chef è salutare, e sul filone dei piatti healthy Scala prenderà a breve una specializzazione perché “oggi molte persone si soffermano a leggere le etichette e selezionare in maniera differente i prodotti da inserire nel carrello quindi prossimamente i miei piatti saranno ancora più bilanciati”.

Sul fenomeno degli chef televisivi invece Scala è risoluta: “Penso che la realtà sia molto diversa dallo spettacolo. Sarebbe bello intervistare i veri chef, quelli che si alzano presto la mattina e vanno a casa tardi. Quelli che, come noi, cucinano in cucine sconosciute, mai usate prima, dove devi eccellere e non puoi permetterti di sbagliare perché hai solo quegli ingredienti e non frigoriferi ricchi di scorte”.

Ruben Bondì: se la cucina diventa (anche) social

Ruben Bondì

Le sue prime esperienze lavorative sono arrivate con uno stage al ristorante romano due stelle Michelin “Il Pagliaccio”, poi a Londra, nell’hotel a cinque stelle “The Ned”. Oggi Ruben si occupa invece di cene private: “Sono uno chef a domicilio da quattro anni”, racconta Ruben, under 30 di Forbes lo scorso anno. “Lavoro a Roma e Milano, ma anche in giro per il mondo”.

Ogni città poi ha i suoi gusti: “Faccio lo chef dal Venezuela fino all’India e i gusti dipendono molto dall’area geografica. A Milano, ad esempio, i clienti sono molto interessati alla cucina romana e a rivisitazioni gourmet”.

Ma come funziona il rapporto col cliente? “Loro mi contattano, decidiamo un menù e poi vado a casa loro per cucinare. Mi piace stare a stretto contatto con il cliente, poter entrare un pò nella loro intimità; dopo aver cucinato mi piace spiegare cosa troveranno nel piatto, chiacchierare e raccontare di me”.

Finora, lo chef romano ha collaborato con aziende quali Fondazione Barilla, Pomì, Weber, Philadelphia, Panasonic, Salmone Mowi e Kasanova. È stato però grazie ai social che Ruben si è fatto conoscere. Attraverso dei video in cui si riprendeva mentre era ai fornelli, poi condivisi sui suoi canali nel periodo del Covid.

Ma torniamo agli eventi privati. “L’organizzazione è semplice: “Mando ai clienti una proposta di menù, faccio scegliere a loro le varie opzioni. Poi faccio la spesa e inizio la preparazione della cena nel mio laboratorio. Quando mi reco nella location porto le le mie preparazioni e  imposto la linea del menù in loco.

Di solito, ho abbastanza libertà nella scelta delle pietanze. Se invece c’è qualche richiesta particolare mi adeguo.

Ci sono state finora richieste insolite? “Una volta ho preparato una cena per 10 persone mascherate (ride, ndr), e un’altra volta una ragazza mi ha fatto portare a tavola una serie di esperienze e giochi che aveva proposto al suo ragazzo per conquistarlo”.

Nel 2022 Ruben è stato premiato come miglior food influencer agli Inda Awards (il premio dedicato agli influencer più creativi e innovativi d’Italia) e invitato a rappresentare il Paese alla Settimana della Cucina Italiana nel Mondo a Nuova Delhi. Su Food Network è il volto del programma Cucina in balcone con Ruben.

Serena Barbieri: catering ed event planning di lusso

Quest’anno, a ottobre, la sua società compirà 20 anni. Quella di Serena Barbieri è stata una scalata: “Ho iniziato come cameriera, ma poi sono passata ad aiutare anche in cucina”, ha raccontato. Mi era sembrato di tornare all’asilo. Usavo la farina, il burro, le uova, spianavo pasta brisè, decoravo torte di carote con crema al burro, riducevo grosse forme di taleggio in perfetti cubetti 2×2 cm. Ho imparato a essere molto ordinata, precisa. Ho scoperto un mondo lavorativo che non conoscevo. Una volta laureata, ho iniziato a strutturare menù e a organizzare cene per gli amici dei miei genitori. Da allora non mi sono più fermata”.

Iniziando così giovane, Barbieri ha affinato il suo stile. Attualmente, a comporre il suo team sono sette persone con compiti ben precisi. La parte di cucina è gestita dai soli chef, cuore di tutto il procedimento. “A capo della cucina c’è mia mamma, regina del giusto bilanciamento dei sapori e delle consistenze”, dice Serena.

Serena Barbieri (crediti: Piero Gemelli)

Nel settore lusso, la società di Barbieri è molto presente: eventi di moda, cene di lavoro e private, grandi fiere, cocktail, vernissage o inaugurazioni sono gli ambiti più frequenti.

“Lavorare per la moda è stata una dura scuola, che ci ha poi dato grandi soddisfazioni. È un mondo a sé, in continua evoluzione, dove ogni elemento deve funzionare attraverso mille altri punti di vista, quindi riuscire a leggere i desiderata di una maison e concretizzarli è sempre motivo di orgoglio. Lavorare per Hermès, ad esempio, ci ha fatto fare un salto di qualità”.

    L'allestimento di una cena
    Gazpacho
    La Nave di Hermès ai Bagni Misteriosi di Milano
    La Nave di Hermès ai Bagni Misteriosi di Milano
    L'allestimento di un matrimonio
    L'allestimento di un matrimonio
    Ritz
    Un allestimento di dolci

“Con Hermès lavoriamo da qualche anno e abbiamo seguito molti eventi. Direi che il più suggestivo in assoluto è stato La Nave, che si è svolto lo scorso maggio presso i Bagni Misteriosi a Milano. La loro produzione ha trasformato metà della location nel ponte di una nave. Hanno creato delle vibrazioni sonore che davano la sensazione di navigare. E hanno ricreato la cucina di una nave con uno show-cooking continuo, arricchito dalla performance di alcuni attori.

Noi, invece, abbiamo creato una barriera corallina di fiori e l’abbiamo usata come centrotavola per il buffet esterno. Posizionato sul ‘ponte’ della nave c’era poi il bar dove i mixologist preparavano i cocktail e servivano champagne ghiacciato. Tutto il personale, naturalmente, era vestito da marinaio”.

In questo tipo di eventi, l’aspettativa è alta e c’è molta cura dell’aspetto estetico. La parola chiave è quindi armonia tra cibo, mise en place, allestimento e fiori. “Per quella serata di fine giugno abbiamo proposto Gazpacho con cerchietto d’anguria, olio al pachino, cetriolo carosello e basilico viola, Busiate al pesto di finocchietto selvatico, mandorle tritate, zeste di limone, Catalana di astice con pomodori camone, datterini gialli, sedano marinato e rucola croccante, Macedonia di pesca scottata in padella con granita siciliana al cedro e menta”.

Gli step da concordare sono tantissimi: “Si invia la proposta fotografica della parte food, attrezzature e divise camerieri. Si organizza un sopralluogo, e si decidono gli spazi del backstage e la logistica dell’evento. Ci si coordina quindi con il service che gestirà la parte luci/musica e con altri fornitori della struttura, se necessario. Ultimo passaggio è l’arrivo il giorno dell’evento. Prima avviene la consegna del materiale noleggiato che viene successivamente posizionato. Poi arriva il team cucina, i fiori e un’ora prima i camerieri”. Insomma, fondamentale per gli eventi è il lavoro di squadra.

Mimosa Misasi, catering con stile e creatività

    Mimosa Milano
    Mimosa Milano
    Mimosa Misasi

Classe 1992 e laurea in Storia dell’arte, Mimosa Misasi si è diplomata a pieni voti all’ALMA, Scuola Internazionale di Cucina Italiana. Le esperienze dell’imprenditrice originaria di Napoli sono state poi presso realtà milanesi importanti come il Peck e il Seta. Il suo progetto di catering di alta cucina, Mimosa Milano, nasce nel 2018.

“Nascere a Napoli in una famiglia di buongustai e di eccellenti cuoche amatoriali ha alzato molto la mia asticella sin dall’infanzia. Con il mio arrivo a Milano, il mio palato abituato all’olio d’oliva ha scoperto il burro ed è stato vero amore”, dice Mimosa.

Milano richiede un costante aggiornamento su temi di innovazione e cambiamento delle tendenze culinarie, spiega. “Qui ho scoperto e approfondito una nuova tipologia di cucina e influenze del nord che hanno arricchito il mio database mentale di sapori e prodotti”.

Le sue aree di business sono i catering aziendali (mondo della moda/alta gioielleria/design) e le cene private. “Il business è giovane e in continua espansione quindi ci saranno altre sorprese”, svela.

La cucina di Mimosa nutre poi un profondo amore per il pianeta, per cui il rispetto per la materia prima e la stagionalità degli ingredienti sono sempre al primo posto. “Facciamo il massimo per utilizzare prodotti che siano sostenibili in tutto il processo, non solo quando arrivano all’interno della nostra cucina. Nella scelta dei fornitori, poi, mi rivolgo a piccole realtà di fornitori che lavorano con rispetto e competenza.

Negli anni, ho avvicinato il mio palato alla scelta di prodotti che hanno un impatto minore sul pianeta, e ho iniziato un percorso per sostituire quegli alimenti che hanno un alto impatto ambientale come il salmone, il tonno ed altri, trovando delle alternative più sostenibili senza rinunciare alla gradevolezza dei sensi”.

Dalla sua pagina Instagram, Misasi condivide i lavori svolti con clienti del mondo moda, e non solo. “Si parte sempre da un brief del cliente in cui ci racconta a grandi linee il concept dell’evento, e spesso la mia creatività parte al galoppo già alla prima call.

Ad esempio, per un evento di un cliente del mondo beauty ci era stato chiesto di sviluppare una tavola sensoriale dove gli ospiti prima del pranzo potevano sperimentare con vista, tatto e olfatto gli ingredienti che avrebbero poi ritrovato in tavola. È stato davvero stimolante. In un’altra occasione, per un brand di abbigliamento sostenibile mi è stato chiesto di elaborare un menù basato sugli scarti, sul territorio e sull’innovazione: è stato divertentissimo”.

Alcuni dati sul settore: in Italia c’è un’associazione ad hoc

In Italia esiste la Federazione Italiana Professional Personal Chef, associazione di personal chef professionisti che opera a livello nazionale e internazionale, e può contare su accordi strategici con diversi organismi del panorama enogastronomico mondiale.

La sua missione si snoda attraverso incontri e iniziative culturali, gestione di attività di formazione e riqualificazione professionale, manifestazioni di settore.

Intanto, se secondo l’American Personal and Private Chef Association, solo negli Stati Uniti si contano circa 10mila chef a domicilio, non ci sono motivi per credere che anche in Italia il fenomeno non sia in crescita. Certo, i compensi non sembrano essere gli stessi che negli States (secondo l’agenzia Nanny & Butler si parte da 3mila euro netti al mese), ma nulla sembra escludere un’evoluzione.

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