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Olaf Scholz Germania
Strategia

Da locomotiva d’Europa a malato d’Europa: dentro la frenata dell’economia tedesca

Articolo tratto dal numero di aprile 2024 di Forbes Italia. Abbonati!

Zeitenwende. Svolta epocale. Così si era espresso il cancelliere tedesco Olaf Scholz al Bundestag, il 27 febbraio 2022, pochi giorni dopo l’attacco russo all’Ucraina. In questa occasione annunciava la creazione, per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale, di un fondo speciale da 100 miliardi di euro per il potenziamento e l’ammodernamento delle forze armate tedesche.
A distanza di oltre due anni, la Bundeswehr, l’esercito di Berlino, versa ancora in condizioni critiche. Intanto la Germania ha chiuso il 2023 in recessione ed è stata la peggiore tra le economie avanzate. L’ex locomotiva d’Europa è improvvisamente diventata il malato d’Europa, come testimonia il -0,3% del Pil nell’ultimo trimestre, comunicato dall’ufficio federale di statistica Destatis.

Perché l’industria tedesca ha rallentato

L’invasione russa ha minato le fondamenta su cui si era costruita la potenza economica della Germania: importazione di materie prime (soprattutto gas) a basso prezzo dalla Russia ed esportazioni verso la Cina. L’economia tedesca, prima manifattura d’Europa, basa il 45% del suo Pil sulle esportazioni. La sua industria, poi, è la più energivora d’Europa e consuma quasi il doppio di quelle di Francia e Italia. Prima del febbraio 2022 il 45% del fabbisogno di gas e il 25% di quello di petrolio erano soddisfatti da risorse provenienti dalla Russia. La stabilità delle forniture, cementata anche dall’iniziativa di Gazpron di nominare l’ex cancelliere Gerhard Schröder alla presidenza del gasdotto Nord Stream, ha spinto la Germania a dubbie scelte di politica energetica. Dall’inizio degli anni Duemila Berlino ha progressivamente abbandonato la produzione di energia nucleare per puntare sulle più volatili fonti rinnovabili. L’ostracismo verso la Russia di Putin ha sconvolto il paradigma.

Nonostante circa 200 miliardi di euro di aiuti statali per combattere i rincari energetici, la produzione industriale tedesca segna, secondo i dati Eurostat, un -5% rispetto ai valori raggiunti prima del febbraio 2022, contro un +1% della Francia e un -2% dell’Italia. Il settore automobilistico ha registrato un calo della produzione del 35% nel triennio 2020-2022. L’amministratore delegato del gruppo Volskwagen, nel luglio 2023 ha rimarcato come sia in gioco “il futuro di Volskwagen stessa” e che la Germania rischia di non produrre più auto in futuro. La causa di questa frenata va ricercata anche nel rallentamento del primo mercato di sbocco per l’export tedesco: la Cina. Bmw e Mercedes vendevano il 30% delle loro auto nel paese asiatico, per Volskwagen dal mercato cinese arrivavano la metà dei profitti annui. Il calo dei consumi cinesi, unito alla nascente concorrenza dei marchi automobilistici locali, specialmente nell’elettrico, ha avuto un impatto pesante sui produttori tedeschi.

I rapporti con Cina e Russia

Inoltre i mutati scenari geopolitici hanno influito sul rapporto con la Cina. Nel documento Strategia sulla Cina, redatto nel luglio 2023, il governo Scholz prende atto di come il paese asiatico sia cambiato e di come, di conseguenza, debba cambiare anche l’atteggiamento tedesco nei suoi confronti. Pechino non viene più vista solo come un partner commerciale indispensabile, ma anche come un concorrente, se non un avversario. Berlino non parla, però, di decoupling (disaccopiamento), ma di derisking, per evitare una dipendenza dalla Cina per le materie prime critiche e la tecnologia, come avvenuto con Mosca sul gas. Nel primo semestre 2023 si è già assistito a un calo del 10,5% del commercio con Pechino. Rompere il cordone ombelicale dal primo partner commerciale della Germania, con un interscambio nel 2022 di oltre 300 miliardi di dollari, non è immediato né semplice. Inoltre potrebbe rivelarsi dannoso per la stessa economia tedesca.

Per quanto riguarda la sicurezza, da oltre 70 anni Berlino ha ‘esternalizzato’ la sua difesa agli Stati Uniti, presenti nel paese con oltre 35mila militari. Oggi, però, la minaccia russa è reale, come affermato a dicembre 2023 dal capo di stato maggiore della Difesa Carsten Breuer: “La Germania deve abituarsi all’idea che un giorno dovrà condurre una guerra difensiva contro la Russia”. Inoltre gli Stati Uniti non sembrano più così propensi a farsi carico da soli della difesa della Nato. La Germania, perciò, è chiamata a un potenziamento delle sue forze armate per raggiungere l’obiettivo stabilito dall’alleanza del 2% del Pil per le spese militari, mai nemmeno avvicinato negli ultimi anni. Un aumento di 1,7 miliardi di euro per la Difesa è appena sufficiente a coprire gli aumenti salariali del personale.

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La nuova difesa

Per di più, secondo rapporti presentati al Bundestag, solo la metà degli equipaggiamenti militari è davvero funzionante. Per esempio, su 350 carri Puma, solo 150 sono pronti all’uso, come solo nove elicotteri Tiger su 50. L’incremento degli effettivi, da 184mila a oltre 200 mila soldati, non è mai avvenuto. Secondo una stima presentata dalla parlamentare dell’Spd Eva Hogl, servirebbero almeno 300 miliardi di euro per colmare le lacune dell’esercito. Un cifra enorme, che però, se spesa solo in piccola parte, potrebbe aiutare anche la ripresa dell’economia. La difesa oggi non si basa più solo su armi e proiettili, ma anche su intelligenza artificiale, big data e dispositivi tecnologici. La ricerca e gli investimenti in questi campi potrebbero portare immensi benefici anche a tanti altri settori, per il doppio uso militare-commerciale di molte tecnologie.

Per ripartire, quindi, quella che fino a un paio d’anni fa era la locomotiva d’Europa deve ripensare il suo modello economico e di difesa. Una Germania debole economicamente è un danno per l’Ue intera, perché Berlino è il primo partner commerciale di quasi tutti i paesi membri. Una debolezza militare tedesca, poi, non aiuta la creazione di una difesa comune europea indipendente dalla Nato. La ripartenza di Berlino è nell’interesse non solo dei tedeschi, ma di tutti gli europei.  

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