Lisa Marchese Swiss School of Management
Business

Così Swiss School of Management forma i leader e i manager del futuro

Articolo apparso sul numero di giugno 2024 di Forbes Italia. Abbonati!

La teoria e la tradizione dell’accademia italiana incontrano l’approccio innovativo degli Stati Uniti e la solidità della Svizzera. È l’integrazione di culture offerta dalle sedi di Brescia e Milano della Swiss School of Management, una business school interamente in lingua inglese, fondata nel 1981 a San Gallo. Con 23 sedi dirette nel mondo e oltre 250 università affiliate, offre programmi di formazione per leader, imprenditori e manager della prossima generazione. Per comprendere le sfide del settore dell’istruzione avanzata e le opportunità di una prospettiva di formazione internazionale, Forbes ha intervistato Lisa Marchese, rettrice delle sedi di Brescia e Milano. Marchese è avvocato d’affari, docente e consulente con esperienza internazionale nel campo del diritto e della formazione. 

Swiss School of Management unisce esperienze italiane, svizzere e americane. Quali sinergie possono esserci tra le diverse tradizioni di questi paesi e qual è la sintesi creata dalla vostra scuola? 

Avendo lavorato sia nel sistema italiano che in quello americano e avendo studiato il sistema svizzero, penso sia bene cogliere i contributi migliori di ognuna di queste esperienze. La tradizione italiana, in questo campo, è molto efficace nella teoria e nel supporto educativo tramite borse di studio. Gli Stati Uniti possono portare un approccio educativo più dirompente, in cui vengono integrate l’innovazione, l’interazione, l’osservazione degli scenari del mondo reale. Infine, l’uso di casi di studio.

Può farci un esempio pratico? 

Durante una lezione in un’università pubblica italiana, ho chiesto ad alcuni studenti quale fosse la loro opinione su un business case, riscontrando molta sorpresa. Sembrava che non fossero abituati a questo tipo di sollecitazione. Ai nostri studenti consegniamo un caso reale, ad esempio una fusione o un accordo commerciale, e chiediamo loro di ‘smontarlo’, analizzarlo e dichiarare che cosa avrebbero fatto di diverso. In questo modo incoraggiamo a osservare le dinamiche del mondo reale. Questo permette di stimolare la creatività e pensare a idee e opinioni. È affascinante e gratificante. 

Il mondo del lavoro è in costante cambiamento: come risponde Swiss School of Management alle nuove esigenze delle aziende e quali metodi di apprendimento ritenete più efficaci per le nuove generazioni? 

Una delle parti più importanti della nostra offerta è costituita dalle collaborazioni con la comunità imprenditoriale locale. Grazie alla sede a Milano, abbiamo accesso a leader del settore business. Per questo invitiamo molti manager a tenere lezioni e organizziamo visite degli studenti nelle sedi degli uffici. Rivediamo frequentemente i nostri programmi. Negli ultimi tempi molte aziende, per esempio, hanno manifestato la necessità di trovare figure con un background mba e competenze nel campo della sostenibilità. Abbiamo quindi iniziato a integrare i temi di corporate governance e sostenibilità nei programmi, spingendo verso un approccio pratico, con esperienze reali nelle industrie. Questo è stato uno dei trend più importanti. 

Quale arricchimento porta per i manager sviluppare esperienze di studio o lavoro globali, secondo la sua esperienza? 

Il primo passo è incoraggiare gli studenti ad avere una prospettiva globale. L’economia continuerà a essere globalizzata, magari con alcune differenze rispetto al passato. Continueremo a commerciare tra paesi. Vengo dagli Stati Uniti, dove molte persone conservano un approccio etnocentrico. Con gli europei è diverso, ma in generale è importante coltivare intelligenza culturale e capire come possono cambiare le prospettive a seconda del luogo da cui veniamo, soprattutto considerando le nuove regioni emergenti. Questo diventa necessario anche quando non si opera a livello internazionale: avere una prospettiva internazionale può offrire successo nel business a ogni livello. Incoraggiamo questo approccio attraverso esperienze di studio all’estero e tirocini. 

Che risposta ha trovato da parte dell’ecosistema bresciano e milanese alla vostra offerta formativa e culturale? 

Sia a Brescia che a Milano abbiamo riscontrato gratitudine da parte delle aziende perché abbiamo chiesto loro di che cosa avessero bisogno. Molte università si limitano a fornire programmi e neolaureati alle aziende, senza domandare quali siano le loro necessità. Noi siamo disponibili a intervenire sui programmi secondo le esigenze delle aziende. Forse anche per la dimensione, riusciamo a essere più flessibili. Il feedback, in generale, è positivo. 

Quali sono i progetti per il futuro? 

Stiamo lavorando per offrire sempre più opportunità a studenti americani che desiderano venire in Europa. Le istituzioni accademiche statunitensi vivono una fase di transizione: i costi sono molto alti e i modelli di business sono criticati da molti media. Stiamo lavorando per con la Fondazione Sons of Italy, che ha cinquemila membri negli Stati Uniti, per promuovere borse di studio che consentano a sempre più ragazzi di studiare in Italia. Inoltre stiamo incrementando le opportunità di internship, a livello locale e internazionale, in modo che gli studenti possano ottenere sempre più esperienza. 

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