Il lusso sta vivendo una continua escalation, con negozi sempre più grandi, unici e distintivi, e un corsa – da parte dei brand – ad acquistare immobili sulle principali vie del lusso di Milano, Parigi, Londra, New York. A guidare la crescita di questo settore ci sono i very important client, la fascia più alta di consumatori che rappresentano in media il 30% dei ricavi dei brand, agendo spesso come loro brand ambassador.
È quanto emerge dall’indagine annuale di Altagamma e Boston Consulting Group (Bcg) True-Luxury Global Consumer Insight, un’analisi qualitativa dei consumatori luxury e dei nuovi trend nel retail.
All’evento hanno partecipato il presidente di Altagamma, Matteo Lunelli, Stefania Lazzaroni, direttrice generale di Altagamma, Scott Malkin, founder and chairman di Value Retail, Aldo Melpignano, founder di Egnazia Ospitalità Italiana e vice presidente di Altagamma per il settore ospitalità. E ancora Antonio De Matteis, ad e direttore creativo Uomo di Kiton e presidente di Pitti Immagine, e Patrizia Cianetti, global marketing and communication director di Ducati.
La crescita del lusso
Se si considera l’impatto sui consumi del vertice della piramide, i consumatori beyond luxury, con una spesa annuale personale maggiore di 50mila euro, rappresentano meno dell’1% dei clienti totali del lusso, ma in termini di spesa pesano il 21%, più di 200 volte il consumatore medio. La loro rilevanza risulta raddoppiata rispetto a 10 anni fa.
Cresce l’importanza dei client advisor, a cui i consumatori beyond luxury tendono a legarsi con un rapporto talvolta più stretto rispetto a quello con i brand stessi: figure sempre più centrali e altamente professionali, che vanno quindi attratte, formate e trattenute in azienda.
“Anche in un periodo di estrema incertezza e volatilità dei mercati e di bassa fiducia dei consumatori, l’alto di gamma mostra una prospettiva di crescita pur moderata”, racconta Matteo Lunelli.
“La tenuta dei consumi è sostenuta dai top client, che stanno spingendo le imprese ad affinare e migliorare tutta la loro offerta, dai servizi all’eccellenza delle loro creazioni. Significativo che l’1% dei clienti pesi il 21% della spesa e che la loro rilevanza sia raddoppiata negli ultimi 10 anni. Per rispondere alle aspettative di questa clientela sempre più esigente le imprese dovranno continuare ad investire in tecnologia e nell’attrazione di talenti con nuove competenze”.
La figura dei beyond money
L’indagine ha presentato un focus specifico sui top spender, definiti beyond money, ovvero i clienti al vertice della piramide di spesa del lusso: “La fascia di acquirenti ‘Beyond Money’ sono i più rilevanti per i brand: 500.000 individui che rappresentano il 20-25% del mercato totale del lusso e crescono del 10% ogni anno (Cagr)”, affermano gli esperti di Boston Consulting Group.
“Sono immuni ai cicli economici e alle crisi geopolitiche, considerano il lusso essenziale e presentano una spesa circa 5 volte meno volatile rispetto a quella del segmento di acquirenti aspirazionali. Rispetto a questi ultimi, hanno inoltre più che raddoppiato la propria spesa nell’ultimo decennio. In questo gruppo troviamo i very important client, che acquistano in media prodotti di 10 marchi, ma vengono identificati e trattati come tali solo da 2 o 3 di questi. Per questo, nel 70% dei casi si perdono opportunità importanti, che potrebbero essere recuperate con una segmentazione più sofisticata del target”.
I brand a caccia dei very important client
Lo studio mostra che le potenzialità di questo segmento non sono pienamente sfruttate dai brand, a causa di una segmentazione non ottimale che non permette di identificarli correttamente. Ma quali sono le strategie che i marchi devono adottare per attirare l’attenzione dei very important client?
Innanzitutto i brand devono migliorare la segmentazione dei consumatori e quindi l’identificazione di quelli a più alto potenziale di spesa, oltre a padroneggiare gli aspetti fondamentali, garantendo qualità eccezionale del prodotto, esclusività, servizio impeccabile ed esperienze eccezionali. Ma non solo.
E’ importante per i brand specializzarsi nei fattori amati dai Vic, come l’iperpersonalizzazione, prodotti su misura che rendano eccitante l’attesa, client advisor di alto livello, senso di comunità. I marchi si trovano di fronte a una sfida non semplice, in quanto i sogni e le aspettative dei Vic si evolvono più velocemente di quanto le imprese siano in grado di soddisfarli, senza considerare che la competizione per ingaggiarli è sempre più alta.
Lo studio individua alcuni elementi che i marchi devono considerare. A partire dall’esperienza di acquisto, che deve essere iperpersonalizzata, ma deve garantire il riconoscimento globale del loro status in ogni tappa della customer journey. Oltre a ciò, è importante prestare attenzione al tempo di attesa per i prodotti su misura, generalmente accettato, a patto che sia giustificato e coinvolgente come parte dell’esperienza d’acquisto.
Un altro fattore da tenere in considerazione è la figura del client advisor, su cui i Vic ripongono grande fiducia, tanto che il 70% di loro sarebbe disposto a cambiare brand nel caso in cui il client si spostasse da un competitor. “Una guerra di talenti”, che i marchi possono affrontare attraverso la formazione, la capacità di attrarre queste figure professionali e di mantenerle grazie a una solida cultura aziendale. Tutto questo, unito alla capacità di creare un senso di comunità e opportunità di networking risulterà decisivo per combattere l’infedeltà dei Vic.
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