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L’attacco delle grandi aziende aerospaziali: “L’Europa non fa abbastanza per tenere testa a Usa e Cina”

Articolo tratto dal numero di luglio 2024 di Forbes Italia. Abbonati!

Di Emilio Cozzi e Matteo Marini

L’Europa dello spazio non agisce con sufficiente efficacia, perché è ancora la somma di stati e non un’entità comune, con una strategia che risponda agli interessi della propria industria. È l’industria stessa a lamentarsene, in una dura reazione di Asd Eurospace, l’associazione che raggruppa le principali aziende del settore, allo Space Council di Bruxelles, il consiglio dell’Agenzia spaziale europea e dell’Unione tenutosi a fine maggio, nel ventennale dell’accordo quadro fra le due istituzioni. Quanto emerso dal consiglio, sostiene l’industria europea dello spazio, non è sufficiente a tenere testa a Stati Uniti e Cina.

Per comprendere meglio l’affondo occorre un passo indietro: a Bruxelles i membri dell’Esa e dell’Unione hanno adottato una risoluzione sul rafforzamento della competitività dell’Europa attraverso lo spazio, compreso il sostegno alle aziende del settore. Il documento non introduce novità, ma enfatizza l’importanza dello spazio e dell’innovazione che il settore porta in termini di ritorno sugli investimenti per la società, nonché la centralità della competizione e della collaborazione pubblico-privata, dei benefici che l’allargamento dei mercati può portare anche in attività non space based. È indicativo richiami iniziative come il fondo Cassini della Commissione europea (da 1 miliardo di euro) e l’Esa Investor Network, che ha lo scopo di far incontrare possibili investitori e startup.

Le accuse di Asd Eurospace

Ma è comunque poco a livello strategico, sostiene Asd Eurospace. Le accuse sono precise: “L’industria accoglie con favore il fatto che i ministri europei riconoscano che lo spazio sostiene la competitività generale dell’Europa e appoggia con forza le priorità e le politiche europee. Tuttavia, si rammarica che le attuali sfide del settore spaziale europeo non siano state valutate seriamente, né affrontate: nonostante una posizione molto forte nel mercato globale e un’esperienza acclamata a livello mondiale, l’intera catena del valore spaziale europea è perturbata e la sua sostenibilità è minacciata”.

Asd Eurospace riconosce l’impareggiabile capacità dell’industria europea, in termini di qualità e spesso a costi ridotti rispetto ai concorrenti americani (sottolineando l’eccezione del volo umano). “Ciononostante, l’attuale ritmo di trasformazione globale richiede più di strategie industriali sovranazionali, intergovernative e nazionali disarticolate. Altre potenze spaziali, come gli Stati Uniti, hanno avviato programmi adeguati per supportare l’innovazione e la sostenibilità della loro base industriale. È giunto il momento di intraprendere un’azione decisiva per dotare l’Europa degli strumenti necessari a diventare una vera potenza spaziale, all’altezza della sua immaginata statura globale […] È necessario e urgente che l’Europa elabori e attui una strategia industriale coerente per lo spazio”.

Le debolezze del sistema europeo

Secondo Asd Eurospace le debolezze del sistema Europa sono riassumibili in alcuni punti: la frammentazione della domanda e dell’offerta, il basso volume dei mercati istituzionali europei, la rapida scomparsa di una parte significativa del nostro mercato commerciale tradizionale e la costante diminuzione della redditività dell’industria; l’accelerazione dei cicli di innovazione, che richiede nuovi meccanismi per fornire, ridurre i rischi e sviluppare più rapidamente; i mercati istituzionali dei nostri concorrenti, diverse volte più grandi di quello europeo e per lo più vincolati (cioè non accessibili a operatori non nazionali).

La nota permette di evidenziare diversi punti chiave. Anzitutto, vanno bene gli acceleratori per startup, ma, quando si parla di mercato, l’industria spaziale mira al bersaglio grosso: gli investimenti istituzionali. Gli Stati Uniti sono maestri in questo: Oltreoceano, ma non solo (si cita anche la Cina), la domanda di hardware e servizi spaziali è molto più ampia e, soprattutto, centralizzata. Inoltre, sono mercati vincolati, difficili da penetrare per industrie estere (l’esempio principe è quello dei lanciatori).

Il ruolo di SpaceX

Poi, ovviamente, c’è SpaceX, che costituisce una parte non trascurabile dell’equazione. Tra le preoccupazioni di Asd Eurospace, è l’unica che faccia riferimento a una causa concreta: “SpaceX sta completamente sconvolgendo l’industria dei satelliti, dopo aver contribuito a sconvolgere il mercato dei servizi di lancio”. La compagnia di Elon Musk ha, de facto, sbaragliato la concorrenza nel settore dei lanci, con prezzi al ribasso impossibili da eguagliare, tempi ed efficienza che tutto il mondo (Europa in primis) invidia. SpaceX è parte di questa storia, perché ha prosperato grazie alla strategia americana di investimenti e partenariato pubblico-privato, che le ha permesso di sviluppare tecnologie all’avanguardia e di venderne i servizi allo stesso stato, che le aveva finanziate e le protegge grazie alla politica del buy american.

Nemmeno troppo velata, la richiesta a Esa e Unione europea è che gli stati alimentino il mercato spaziale continentale, rafforzino la domanda di tecnologia sia civile che militare – in questo, non può non essere un ostacolo il fatto che l’Unione difetti di una difesa comune – e sfruttino di più lo spazio, esplorandone le potenzialità nelle applicazioni più innovative, per il governo del territorio e dell’economia, per esempio. Possibilità reali grazie ai dati geospaziali e di osservazione della Terra. Tutto, conclude Asd Eurospace, secondo una strategia comune, tuttora assente. Dovrebbe proprio andare in questa direzione la nuova legge sullo spazio, che, attesa per la scorsa primavera, è però slittata alla nuova legislatura inaugurata dalle elezioni del 9 giugno. Difficile prevedere, a questo punto, quando e quanto la politica spaziale europea agisca in maniera efficace.  

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