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Come l’intelligenza artificiale può stravolgere il mondo della musica

Articolo tratto dal numero di luglio 2024 di Forbes Italia. Abbonati!

“Laura Pausini canta insieme a quattro coriste che riproducono la sua stessa voce, ma in tonalità diverse. Così avremmo Laura con il coro di altre quattro Pausini che la accompagnano. Le coriste darebbero il loro apporto fisico, ma l’IA ne cambierebbe la fisionomia vocale per moltiplicare la forza della protagonista”. Paul Simon-Geddis, head of content di Sonar, il festival spagnolo dove si incontrano musica e tecnologia (quest’anno si è tenuto a metà giugno), ci regala questa immagine per far vedere uno dei tanti possibili effetti che l’intelligenza artificiale potrà avere sulla musica. “Lasciate alla vostra immaginazione cosa potrebbe succedere in futuro”. Siamo solo all’inizio e per questo quel che potrà arrivare dopo preoccupa, mette in ansia artisti e manager, al punto da fare temere la fine prossima ventura della musica così come l’abbiamo conosciuta finora.

La musica è davvero finita o sta per finire? Per il momento sembra in ottima salute: il 2023 in Italia è stato un anno storico per il mercato discografico, con un balzo che ha portato il nostro Paese al terzo posto nell’Unione europea: +18,8%, con un fatturato di 440 milioni di euro, secondo le rilevazioni della Federazione industria musicale italiana, la confindustria del settore. E poi c’è il grande successo dei concerti, confermato dagli appuntamenti tutti esauriti di quest’estate 2024 (il mercato globale dei live ha superato i 10 miliardi di dollari e si prevede che supererà i 17 entro il 2030). Di discografico, ormai, c’è ben poco, visto che le principali fonti di ricavo sono lo streaming, la vendita di musica digitale, i concerti, i diritti d’autore, i gadget, le partnership commerciali, YouTube e le altre piattaforme video.

La musica composta dall’IA

Al di là della terminologia antica, la musica è già cambiata per effetto delle tecnologie digitali, che l’hanno contagiata ormai dall’inizio di questo secolo (ricordate i primi mp3, i ‘pirati’ di Napster e poi lo streaming autorizzato di Spotify?). Ma adesso artisti e industria si sentono di nuovo sotto assedio, perché l’intelligenza artificiale generativa può cambiare tutto di nuovo, dall’ideazione di un brano alla sua produzione e distribuzione, fino a ‘creare’ cantanti virtuali o riportare in vita rockstar scomparse da decenni. 

La prima minaccia: senza alcuna conoscenza tecnica, chiunque può comporre un brano o dare voce a versi scritti magari con un software. Bastano poche righe di istruzioni ed ecco saltare fuori il jingle o la melodia. Sono tantissimi le app che lo permettono e ormai un anno fa sia Google, sia Meta hanno lanciato il loro modello per la generazione di audio. Tutti potranno diventare Drake, il rapper del momento negli Stati Uniti, o Taylor Swift, secondo Time la pop star più potente del mondo? Poco probabile, per il momento, perché altrimenti tutti sarebbero diventati grandi fotografi o scrittori di successo dopo la democratizzazione digitale della fotografia e della scrittura. Ma sicuramente Drake può duettare con un altro artista senza mai incontrarlo e senza che nessuno dei due canti: è accaduto con The Weeknd nel brano Called Heart On My Sleeve, diventato virale alla fine del 2023. È stato ‘prodotto’ con un programma IA, Ghostwriter, che ha clonato e riadattato le voci dei due artisti in pochissimo tempo. Se da una parte questo fenomeno affascina, dall’altra fa sorgere parecchie domande che ancora non trovano risposta.

Tecnoentusiasti e pessimisti

Con l’intelligenza artificiale è stata già scritta molta musica (oltre alla canzone di Drake, per farsi un’idea dei risultati possibili si possono ascoltare Hey There Delilah di Kanye West IA, Kill Bill di Ariana Grande IA o I Feel It Coming con un redivivo Michael Jackson IA). Nessuno sa veramente quali potranno essere le prossime evoluzioni, ma il mondo musicale è già diviso fra tecnoentusiati e pessimisti ed entrambi le parti hanno un pezzo di ragione. Artisti come Holly Herndon, americana immigrata a Berlino, studi a Stanford, hanno usato l’IA per co-creare interi album. Pharrel Williams pensa che la rivoluzione sarà inevitabile e bisogna prepararsi, ma Ed Sheeran e Sting vedono l’IA come la grande minaccia per la composizione musicale.

L’intelligenza artificiale, comunque, avanza anche nella musica. Le reti neurali generative possono dare vita a nuove composizioni, imitando stili e strutture di brani esistenti. I modelli di trasformazione (come Gpt) possono essere addestrati su grandi dataset musicali per generare testi e melodie. Gli AI assistant (come Amber Music o MuseNet di OpenAI) permettono a chiunque di creare melodie, armonie e arrangiamenti. Secondo uno studio di Midia Research, l’adozione di strumenti di IA nella produzione musicale è in aumento, con un numero crescente di professionisti del settore che li usano per varie fasi del processo creativo e produttivo. Il mercato globale per la musica generata da IA è in espansione: un rapporto di MarketsandMarkets prevede che raggiungerà i 2,6 miliardi di dollari entro il 2025.

Oltre la creatività

C’è un nuovo business da comprendere e governare, magari lasciandosi ispirare da qualche maestro. Diceva nel 2013 Brian Eno, 76 anni, da sempre curioso esplorate della tecnologia (sono stati creati da lui i tre secondi di apertura di Windows95): “Il problema, con il lavoro basato su software, è che non sai mai cosa fa. Non puoi mai esaurire ciò che fa. Quindi puoi sempre coprire il fatto che non hai un’idea provando un’altra opzione”. 

A fare la differenza, quindi, saranno le idee musicali, quella creatività umana che nessun algoritmo ancora è in grado di sostituire. O no? “È certo che l’IA ci rimpiazzerà, solo che lo farà in un modo gentile, cercando di rimanere il più possibile al nostro servizio”, è la previsione di Simon-Geddis dopo l’edizione 2024 di Sonar. “L’IA, in realtà, saprà andare oltre la creatività, perché potrà sperimentare strade e possibilità che l’uomo nemmeno lontanamente potrebbe raggiungere grazie alle sue conoscenze o intuizioni. Ci vorrà molto? No, è tutto già qui”. Ma non è ancora chiaro per suonare cosa e per chi.

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