di Mirko Crocoli
Il metodo Reting sta rivoluzionando il mondo del franchising in Italia. Il progetto è nato nel 2018 per trasformare un brand locale di successo in una vera e propria rete nazionale. Oggi si pone l’obiettivo di aiutare altre attività a seguire la stessa strada, offrendo a franchisor e franchisee nuovi strumenti, idee e valori aggiunti che rendano il modello di business redditizio e l’affiliazione commerciale un aspetto culturale, oltre che d’impresa.
Grazie ai suoi dieci anni di esperienza nel settore, Enrico Tosco, founder e ceo, racconta il potenziale inespresso del franchising a livello nazionale. ‘Inespresso’ perché in altri paesi come Francia – 90 miliardi di giro d’affari, il triplo rispetto ai 30 in Italia -, Germania e soprattutto Stati Uniti, questo modello è ampiamente diffuso e consolidato. Per raggiungere al meglio l’obiettivo, l’azienda con sede a Roma e Trento adotta vari step: dall’analisi di vendibilità al Franchising selling system, soffermandosi anche sul delicato fronte della ricerca affiliati.
Enrico, ci parli un po’ del suo percorso personale ed imprenditoriale.
Da spirito libero quale, sono ho sempre desiderato sin da piccolo fare l’imprenditore. L’inizio professionalmente cade nel 2008, nell’ambito dell’estetica, comparto in cui mi sono visto crescere anche umanamente. Ma c’era dell’altro in me, lo percepivo, e quando ero all’interno dell’attività precedente capii che dovevo anche e soprattutto aiutare gli altri manager. Una sorta di mission. Dal 2008 al 2012 ci fu poi la prima esperienza imprenditoriale, dal 2013 al 2018 lo step successivo: affiancandomi a un’azienda di Londra come country manager per l’Italia, ho affinato le mie capacità di management e di marketing. Proprio nel progetto londinese ho cominciato a capire quello che sarebbe stato il mio futuro: lo sviluppo di reti in franchising. Poco dopo, o quasi contestualmente, nasce Reting, nel 2018.
Che cos’è Reting?
Reting è una struttura che aiuta brand di successo a diventare franchising, espandendosi sul tutto il territorio nazionale. Prendiamo in carico un’attività singola per farla diventare rete nazionale. Oggi Machete, ad esempio, è passata da tre punti vendita su Roma a 22 locali sparsi per tutta Italia, con accordi già sottoscritti per l’apertura di altri nove nei prossimi due anni. Il nostro ‘segreto’, se così possiamo chiamarlo, è quello di strutturare i format in modo che siano appetibili ad un pubblico di imprenditori interessati a diversificare ed entrare in mercati che non conoscono, oltre a creare un reparto interno alla casa madre in grado di gestire autonomamente lo sviluppo senza l’aiuto di consulenti esterni.
Mi diceva di Machete, e chi altri?
Iperbimbo, Tigella’s, Carrefour, Audio Progress, Skassapanza, Stanza Semplice, Kinesis Sport, Studio CDC e Dr.ive, per citarne alcuni, hanno utilizzato il metodo Reting.
Obiettivo a medio e lungo raggio?
Sicuramente allineare il franchising italiano agli standard europei. Nel resto del vecchio continente, mediamente, le attività in franchising sono il 15% del totale mentre in Italia siamo solo al 5%. Questo dimostra che il nostro potenziale è tutto da sviluppare. In Francia, ad esempio, il franchising vale 90 miliardi contro i circa 30 dell’Italia. Questa auspicata crescita si può esprimere con una ricetta di ‘trasparenza’, rafforzando cioè il patto di fiducia il comune sentire delle persone e il metodo franchising. Non le nascondo che vige molto pregiudizio su questo sistema, comprensibile poiché in alcune occasioni si è agito con condotta poco etica rispetto alle case madri. Lo scopo di Reting è quello di divulgare la cultura di un franchising che sia sano e solido, allineato agli elevati standard del resto d’Europa.
Quindi il vostro intento è quello di dare sicurezze?
Reting nasce proprio per questo, per scardinare il pregiudizio immettendo sul mercato format con un grande livello di preparazione. Purtroppo, è necessario prendere atto che oltre l’80% delle aziende che utilizzando la parola ‘franchising’ sul loro sito web o che si pubblicizzano come tali, oggi sono delle scatole vuote interessate solo a lucrare sulle spalle dei franchisee oppure, peggio ancora, non in linea con la legge 129/2004 che regola il settore.
Si ritiene soddisfatto di questi sei anni di lavoro?
Mai esserlo fino in fondo. Penso che sia il modus vivendi dell’imprenditore. Abbiamo costruito un buon gruppo, ma c’è molto da dare ancora. I nostri obiettivi primari sono quelli di divulgare e costruire nella testa delle persone la cultura del franchising. Dare un valore nuovo alla parola stessa.
Precursori?
Diciamo promotori e fautori di un allineamento del mercato italiano a quello estero. Anche Assofranchising ce lo riconosce e apprezza lo sforzo verso il potenziale inespresso.
Qualche numero sulla vostra azienda. Fatturato? Prospettive?
Abbiamo due sedi operative, Roma e Trento, quasi un milione di fatturato, con le prospettive di raddoppio per il 2024, e 13 collaboratori. Io ne sono il fondatore e amministratore.
Novità personali?
Sto concludendo un libro. È una sorta di raccolta del know-how che ho accumulato in dieci anni di progetti franchising. In arrivo, spero davvero tra poco. Siamo in fase di bozze finali.
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