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Apnea da mail: come la posta elettronica influisce sul benessere dei lavoratori

E-mail anxiety o apnea da e-mail. Si può chiamare in diversi modi ma il significato è lo stesso: le e-mail impattano sulla vita lavorativa, sul benessere  mentale e sul comportamento delle persone. Secondo una ricerca di Babbel commissionata all’istituto OnePool e condotta negli Stati Uniti (un sondaggio su 2.000 impiegati statunitensi), per 6 intervistati su 10 l’elevato volume di e-mail lavorative ricevute aumenta il proprio livello di stress.

A creare ansia è anche la natura “irrecuperabile” e non modificabile della mail: il 28% degli intervistati afferma che le email abbiano avuto un impatto negativo sulla propria carriera, con quasi 9 persone su 10 (88%) che sostengono di essersi pentiti del contenuto di un’e-mail di lavoro subito dopo aver premuto il tasto di invio.

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Inoltre, il 39% dei rispondenti spera, tra 5 anni, di ricevere meno e-mail; al contrario, il 25% si auspica di riceverne di più, il che potrebbe riflettere una maggiore predilezione verso le e-mail rispetto ad altri mezzi di comunicazione, come per esempio le telefonate.

Le mail non lette

A contribuire all’ansia da email è poi la tendenza a procrastinare l’apertura delle mail: 1 statunitense su 100 ha attualmente più di 50.000 e-mail non lette nella casella di posta elettronica di lavoro, il 18% dei rispondenti ne ha più di 1.000 ed il 6% oltre 5.000. Secondo la ricerca, la Gen Z registra la maggior difficoltà a tenere sotto controllo le e-mail, con oltre un terzo (36%) degli impiegati appartenenti a questa generazione che ha circa 1.000 e-mail non lette.

L’ansia da “Out of office”

A caratterizzare la percezione della mail è la sua natura più formale, rispetto al linguaggio quotidiano. L’85% degli intervistati ha ammesso che lo stile e il linguaggio usato per scrivere le e-mail differiscono da quello quotidiano. Inoltre, quasi la metà (48%) dei rispondenti giudica gli errori di battitura nelle e-mail lavorative più severamente rispetto ad altre piattaforme professionali.

Se si considerano poi i messaggi automatici come “out of office” (“fuori ufficio”) e le firme, un terzo (33%) dei rispondenti ha provato irritazione almeno una volta nella propria vita lavorativa a leggere un messaggio automatico di ferie “out of office” (perché eccessivamente divertente o perché suscitava invidia), percentuale che sale al 48% per la Gen Z e scende al 19% per i Baby Boomer.

Con l’entrata delle nuove generazioni nel mondo del lavoro, anche il linguaggio delle mail sta cambiando: più di 1 impiegato su 2 ritiene appropriato l’uso di emoji nelle e-mail aziendali, contro un 29% che lo ritiene invece inopportuno.

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