Gina Rinehart
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La donna più ricca dell’Australia ha investito 800 milioni di dollari nelle terre rare

Questo articolo è apparso su Forbes.com

La miliardaria del settore minerario Gina Rinehart è una grande sostenitrice di una manciata di società quotate che cercano di rompere la supremazia cinese sui metalli cruciali per costruire oggetti di ogni tipo: dai missili ai robot, fino ai macchinari per le Tac.

Fuori dalla Cina, l’investitore più influente nel mondo delle terre rare è probabilmente Gina Rinehart, la donna più ricca dell’Australia. Le terre rare rappresentano solo una piccola parte della sua fortuna mineraria, stimata in 30 miliardi di dollari, ma Rinehart, attraverso la holding di famiglia, Hancock Prospecting, ha acquisito importanti partecipazioni in aziende leader nelle terre rare non cinesi, comprese quelle che cercano di aumentare le operazioni negli Stati Uniti.

Gli investimenti di Gina Rinehart nelle terre rare

In totale Rinehart ha investito 800 milioni di dollari nelle terre rare. Tra i suoi asset ci sono una quota dell’8,5%, valutata 317 milioni, di Mp Materials, l’azienda che gestisce l’unica miniera di terre rare operativa negli Stati Uniti, a Mountain Pass, al confine tra California e Nevada. Mp sta anche per completare una fabbrica a Fort Worth che produrrà potenti magneti realizzati con terre rare per General Motors.

Rinehart possiede anche l’8,2% – del valore di 430 milioni di dollari – di Lynas Rare Earths, società che gestisce il giacimento di Mount Weld in Australia. Di recente Lynas ha aperto uno stabilimento a Kalgoorlie, nell’Australia Occidentale, e, con il supporto del dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, sta costruendo una fabbrica sulla costa del Texas. Altre partecipazioni minori includono il 10% di Arafura, che ha il sostegno del governo per il progetto minerario Nolans vicino ad Alice Springs, in Australia, e il 6% di Brazilian Rare Earths, un’altra azienda australiana con importanti asset nel nord-est del Brasile.

Rinehart, 71 anni, non vuole solo amministrare il suo portafoglio, ma ha spinto per una razionalizzazione dell’industria che permetta di competere meglio con la Cina. Lo scorso anno ha sostenuto le trattative, poi fallite, per una fusione tra Lynas e Mp. Quest’ultima ha annunciato che, di fronte all’incertezza provocata dai dazi di Trump, avrebbe fermato la spedizione dei concentrati di terre rare per il trattamento in Cina, e li avrebbe invece immagazzinati. “Vendere questi materiali critici con tariffe del 125% non è né razionale dal punto di vista commerciale, né allineato con gli interessi nazionali”, ha scritto il portavoce di Mp, Matt Sloustcher, in un’email della scorsa settimana.

Trump ha firmato a gennaio l’Energy Emergency Act, che mira ad accelerare la capacità di lavorazione delle terre rare negli Stati Uniti per contrastare il quasi monopolio cinese. La scorsa settimana il segretario dell’Interno, Doug Burgum, ha annunciato il programma Fast-41, che sostiene 12 progetti minerari per rame, litio, antimonio e altri minerali critici.

Chi è Gina Rinehart

Rinehart, amica di Trump, ha partecipato sia alla festa di Trump a Mar-a-Lago nella notte della vittoria elettorale, sia alla cerimonia di insediamento. Sembra che nel 2023 abbia pagato 100 milioni di dollari per due proprietà vicino a quella di Trump a Palm Beach. In passato ha esortato gli australiani a essere più simili a Trump e a pensare in grande.

Unica figlia del cacciatore di minerali di ferro Lang Hancock, morto nel 1992, Rinehart ha preso in mano la Hancock Prospecting quando si trovava in difficoltà e l’ha ricostruita, diventando presidente nel 1992. Il suo asset più importante è il 70% del complesso minerario di Roy Hill nella regione di Pilbara, nell’Australia Occidentale, che è stato costruito per 8 miliardi di dollari e ha fruttato a Hancock 1,8 miliardi di dollari in royalties solo lo scorso anno.

Forbes ha già raccontato ampiamente il campione americano delle terre rare, Mp Materials, nell’ultimo anno (qui e qui), così come altre società americane che si occupano di terre rare, come Ramaco, che ha da poco cominciato a raccogliere terre rare dai giacimenti di carbone del Wyoming.

Lynas Rare Earths, invece, è meno conosciuta. L’azienda australiana è emersa dopo che, nel 2010, la Cina ha imposto un embargo sulle terre rare al Giappone, a seguito di una disputa sulle acque in cui un peschereccio poteva navigare. È stato allora che le terre rare hanno iniziato a essere usate come armi, come ha detto Gracelin Baskaran del Critical Minerals Security Program, che fa parte del Center for Strategic and International Studies. Da allora gli Stati Uniti sono stati lenti nel diversificare le forniture. “Le operazioni di decollo sono state lunghe, e la nostra inattività sta dando alla Cina una carta molto, molto potente al tavolo delle trattative”, ha detto Baskaran.

Riconoscendo la necessità di forniture affidabili, il conglomerato giapponese Sumitomo ha sostenuto lo sviluppo di Lynas, che ha investito in Australia e ora soddisfa il 60% del fabbisogno di terre rare dei produttori giapponesi.

I progetti

Nel 2019 Lynas ha annunciato che avrebbe costruito un altro impianto, per la raffinazione parziale di terre rare grezze da trasformare in concentrato misto di terre rare, a Kalgoorlie, in Australia. L’impianto è stato aperto alla fine del 2024, con un costo di 800 milioni di dollari. La maggior parte della produzione di Kalgoorlie viene inviata all’impianto di Kuantan, in Malesia, che esiste da dieci anni e, secondo una recente presentazione video del ceo Amanda Lacaze, sta aumentando la produzione di ossidi di disprosio e terbio. La produzione un giorno alimenterà l’impianto in fase di sviluppo a Seadrift, in Texas, su 149 acri adiacenti a una fabbrica chimica di 4.700 acri, gestita per oltre 60 anni da Union Carbide e Dow Chemical.

Secondo i primi piani per il progetto pubblicati dal dipartimento della Difesa, che fornisce 300 milioni di dollari in finanziamenti a fondo perduto, l’impianto di Seadrift coinvolgerà 75 serbatoi da 700 a 80mila galloni di soluzioni (da 2.650 a 300mila litri), attraverso cui Lynas farà passare una sospensione di terre rare con acido solforico per convertire i fosfati di terre rare in solfati ed estrarre impurità come il torio e il fosfogesso, così da ottenere terbio e disprosio. Il sito avrà una torre di raffreddamento alta 18 metri e uno stagno di ritenzione di 2,5 acri.

Nel tempo, Lynas prevede di commercializzare circa 12mila tonnellate all’anno di NdPr (neodimio-praseodimio) da Mount Weld, pari a circa il 15% della domanda mondiale. Lo scorso anno ha registrato un utile netto di 85 milioni di dollari australiani (54,2 milioni di dollari statunitensi) su ricavi per 460 milioni (293,5 di dollari americani). Lacaze (ex ceo di Orion Telecommunications e Commander Communications) ha risollevato Lynas dalla bancarotta nel 2015, portando la sua capitalizzazione di mercato a 5,3 miliardi di dollari. Le azioni sono aumentate del 37% in un anno.

Di recente Lacaze ha criticato pubblicamente l’idea di Trump di un accordo sulle terre rare con l’Ucraina, sottolineando “quanto tempo ci [voglia] per passare dall’idea che ‘sarebbe fantastico avere terre rare da X’, ovunque X possa essere, ad avere effettivamente un prodotto separato in un grande sacco, pronto per essere comprato da un cliente”.

La sfida alla Cina

Naturalmente si corrono grandi rischi quando si prova a contrastare un quasi monopolista come la Cina. Nel 2013 la divisione di fabbricazione di magneti di Hitachi (ora nota come Proterial) ha costruito una fabbrica di metalli nella Carolina del Nord con il supporto dell’amministrazione Obama. Sfortunatamente, a causa dei costi più alti, non riusciva a competere con i fornitori cinesi di Ganzhou e ha venduto la fabbrica nel 2020.

Ecco perché il supporto del dipartimento della Difesa degli Stati Uniti è così importante. Il Pentagono deve garantire forniture sufficienti di metalli rari raffinati per numerosi sistemi militari, come jet, missili, veicoli elettrici, visori notturni e scanner Mri. Una scatola di ingranaggi di una turbina eolica richiede 100 chili di magneti rari. Fino a quando gli impianti di Mp e Lynas non saranno completati, gli Stati Uniti non avranno al proprio interno la capacità di raffinare terre rare pesanti.

Non c’è da meravigliarsi che i politici australiani stiano chiedendo l’istituzione di una riserva nazionale di terre rare; una scorta sarebbe un’ottima leva per negoziare con Trump sui dazi, oltre ad aiutare molto il successo a lungo termine della scommessa da 800 milioni sulle terre rare di Gina Rinehart.

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