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Snapchat fa flop in Borsa e i fondatori perdono un miliardo

Evan Spiegel, ceo di Snap

L’ultima trimestrale di Snap, la società californiana che sviluppa Snapchat, ha mostrato con maggiore evidenza come l’app stia subendo negli ultimi mesi la feroce concorrenza di Facebook e del grande rivale Instagram. E le difficoltà si sono acuite da quando l’azienda si è quotata in Borsa lo scorso marzo. A ogni bilancio pubblicato, infatti, ne è sempre scaturita una perdita (nel valore delle loro azioni) per i due fondatori, Evan Spiegel e Bobby Murphy, di almeno un miliardo di dollari.

L’ultima trimestrale non ha fatto eccezione. Snap, valutata ora 3,4 miliardi di dollari, ha infatti deluso le aspettative degli analisti praticamente su tutti i fronti, scatenando una raffica di vendite in Borsa con conseguente crollo del titolo che ha chiuso la seduta di ieri in calo di addirittura il 19%. Il tutto si è tradotto in una perdita (virtuale, perché si verificherà solo se decideranno di vendere i loro titoli) di circa 500 milioni di dollari a testa per i due co-fondatori Spiegel e Murphy, detentori ciascuno di una quota del 18% di Snap. Ora il patrimonio di Spiegel, 10° imprenditore Under 40 nella classifica Forbes dei più ricchi d’America, è scivolato a 2,9 miliardi di dollari. E pensare che prima del debutto in Borsa di Snap il patrimonio ammontava a 5,4 miliardi di dollari. Sbalordisce ancor di più, inoltre, che le azioni abbiano perso circa il 50% del loro valore dalla Ipo.

Il caso di Snapchat riaccende i riflettori sulla possibile speculazione attorno ai titoli del comparto tecnologico e alle tante startup che stanno nascendo in questi anni, ad alcune delle quali sembrerebbe mancare un sostenibilità di ricavi nel lungo periodo. Questo perché gran parte delle fortune dei social media si basano sulla numerosa base utenti che utilizzano l’app. Che purtroppo per Snapchat ha un ritmo di crescita anemico. Gli utenti attivi ogni giorno sull’app sono 178 milioni, il 2,9% in più rispetto a un trimestre fa, ma sotto le stime (181 milioni). E soprattutto al di sotto dei ritmi a cui la stessa app ci aveva abituato fino a un anno fa, quando gli utenti crescevano in doppia cifra, di trimestre in trimestre. Tanto che lo stesso Spiegel ha ammesso che la crescita è avvenuta “a un ritmo inferiore di quello che avremmo voluto”. Complice, soprattutto, l’introduzione delle famose “Storie” su Instagram nell’estate del 2016, funzione che rappresentava il fiore all’occhiello dell’originalità di Snapchat.

Eppure a Spiegel non è mai mancata l’intraprendenza. Nel 2014 aveva lanciato a sorpresa Snapcash, servizio di pagamento via chat, bruciando sul tempo società come Facebook. E, in barba ai Google Glass, ha introdotto alla fine del 2016 gli Spectacles, occhiali con fotocamera pensati proprio per essere utilizzati dai suoi utenti per condividere i contenuti. E nonostante i conti deludenti alcuni inserzionisti trovano ancora interessante alcune funzionalità di Snpachat, come la possibilità di tracciare gli utenti e il servizio di Context Cards, che migliora la geolocalizzazione dei luoghi. Insomma, per una società i cui ricavi derivano (quasi) esclusivamente dalla vendita pubblicitaria personalizzata qualche segnale positivo c’è. E, in più, secondo alcune società di digital marketing americane si sta assottigliando il divario tra il numero di inserzionisti presenti su Snapchat e Instagram.

Infine, all’orizzonte si intravede un partner cinese. Negli ultimi giorni, dopo aver rastrellato circa due miliardi di azioni, Tencent, l’azienda sviluppatrice di WeChat, è diventato il primo azionista di Snapchat con il 10%. Ancora è presto per dire quali sono le mire della internet company cinese, ma Facebook e Instagram sono avvisate.

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