Responsibility

Come ZeroCarbonTarget certifica le aziende più sostenibili

Articolo tratto dal numero di maggio 2021 di Forbes Italia. Abbonati!

Per affrontare la pandemia da Covid-19 molte aziende stanno facendo leva su digitalizzazione e sostenibilità. Soprattutto perché, in questi ultimi anni, la sfida al cambiamento climatico è diventata la priorità di una società globale che voglia davvero perseguire una crescita a lungo termine. Tra le molte realtà che hanno deciso di cambiare pelle e intraprendere un percorso di salvaguardia del pianeta c’è
ZeroCarbonTarget, società nata nel 2020, che si propone come program operator internazionale per la certificazione della riduzione/compensazione delle emissioni di Co2.

“Durante il primo lockdown, è emersa una volontà diversa, più concreta, da parte delle aziende verso la sostenibilità, anche per combattere la stessa battaglia avviata già dall’Ue contro quelle società che professano e promuovono un impegno non veritiero”, racconta l’amministratore delegato Gianluca Ballerini. “Ecco perché abbiamo deciso di dar vita a questo progetto definito e con basi tecnico-scientifiche utili a raggiungere e comunicare i propri obiettivi di riduzione di immissione di Co2”. Nata come servizio di una società di consulenza e poi acquisita da investitori privati con l’obiettivo di trasformarla in un marchio di certificazione registrato, ZeroCarbonTarget si basa su uno schema innovativo, in quanto permette di seguire, passo dopo passo, il percorso sostenibile attivato da una determinata azienda. Andando quindi oltre quella ‘fotografia’ scattata dalle diverse certificazioni esistenti che ritrae un prodotto o un’attività in un determinato momento.

Di conseguenza, il meccanismo prevede che, dopo aver stabilito l’anno di adesione al programma e quello di riferimento per il raggiungimento dell’obiettivo e aver, in base alle attuali normative per calcolare le emissioni di Co2, analizzato e replicato lo studio, subentri l’ente terzo abilitato che realizza il cosiddetto audit di certificazione. E qualora il target sia stato effettivamente raggiunto, ZeroCarbonTarget rilascia una propria certificazione dove l’indice di sostenibilità viene rappresentato dall’assegnazione di un determinato numero di foglie (massimo tre), segno per eccellenza della natura e della vicinanza all’ambiente. Un po’ come il quadrifoglio, introdotto proprio quest’anno dalla guida Michelin, per assegnare al miglior chef la cosiddetta ‘stella sostenibile’. Quindi, se la conquista di una foglia segna l’ottenimento della riduzione/compensazione del 20% delle emissioni di Co2, la seconda viene concessa al raggiungimento di una riduzione di almeno il 50%, mentre la terza solo nel caso in cui si arrivi alla tanto agognata carbon neutrality. Un obiettivo arduo e complesso che oltre 500 aziende italiane si sono impegnate a raggiungere con 20 anni di anticipo rispetto a quanto stabilito dall’Accordo di Parigi, ossia entro il 2030.

Gianluca Ballerini ad di ZeroCarbonTarget

E se raggiungere uno dei determinati livelli fissati da ZeroCarbonTarget risulta già una sfida ragguardevole, l’obiettivo seguente, quello del cosiddetto mantenimento dello ‘status quo’, è uno dei più rilevanti quando ci si ritrova a dover fare i conti con una transizione così veloce e radicale. In quanto, il rischio di vedere andare in fumo quanto di buono è stato raggiunto, è sempre abbastanza alto. E ZeroCarbonTarget lo sa benissimo. “Analizzando il processo di sostenibilità nel suo complesso, un altro aspetto che ci differenzia dagli altri è che, ogni anno, la società che ha ottenuto per quel determinato prodotto o servizio la certificazione, sarà costretta a ripetere l’audit per verificare l’eventuale mantenimento di quel target raggiunto e non perdere la foglia conquistata l’anno precedente. Ciò risulta una vera e propria garanzia per tutti gli attori in gioco, dalla società stessa fino ad arrivare agli stakeholders e agli enti pubblici”. Segno che anche la continuità è uno degli step fondamentali per la crescita di un qualsiasi percorso futuro. Tanto che la stessa giovane realtà, oltre ad avere l’obiettivo di obiettivo di migliorare giorno dopo giorno il suo processo di certificazione, guarda sempre alle continue ed eventuali normative europee e internazionali per inglobarle al suo interno e adattarle tempestivamente al proprio modello. Soprattutto in un momento in cui la sostenibilità non è più solamente un concetto da inseguire per le strategie future, ma un’opportunità e un dovere da cogliere e da rispettare nel più breve tempo possibile. “Considerando che fino a oggi la sostenibilità è stato solo un modo per le aziende e le istituzioni di raccontare quella che poteva essere un’idea o un modo di approcciarsi alla quotidianità e alla propria realtà, posso dire che siamo solo all’inizio di questa trasformazione. Anche perché se è vero che tutti parlano di sostenibilità, di contro sono veramente in pochi quelli che stanno facendo qualcosa di veramente concreto. Bisogna quindi passare dalla mentalità ‘comunicare e poi fare’ a quella ‘fare e poi comunicare’”.

Un cambiamento paradigmatico del pensiero strategico che, oltre a poter andare incontro a una notevole accelerazione grazie alla realizzazione e all’implementazione di nuove norme comunitaria da parte dell’Ue, coinvolgerà necessariamente tutti gli attori in gioco. “Uno dei punti di forza del nostro modello è che si può applicare ad ogni tipo di impresa: dalla grande multinazionale, fino ad arrivare alla piccola impresa, come un ristorante o un negozio. In particolare, siamo assolutamente convinti che le cosiddette società ‘intermedie’ siano quelle che riescono con più velocità ad approcciarsi a questo tipo di programma. Perché se da una parte sono più agili nel processo decisionale rispetto a una multinazionale, dall’altra hanno un potenziale di investimento maggiore rispetto a una piccola impresa. Senza dimenticare che, avendo spesso come clienti le stesse multinazionali, hanno l’obiettivo di emergere rispetto ai competitor e di costruirsi un elemento distintivo. Ed essere sostenibili ormai è proprio questo: l’elemento di differenziazione che fa cadere l’ago della bilancia verso l’investimento”, conclude Gianluca Ballerini.

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