L’Arena di Verona prospera da duemila anni. Le opere che ospiterà per il suo festival estivo – al via il 19 giugno con la presenza di Riccardo Muti – hanno un’età media di un secolo e mezzo: si va da Nabucco (1842) ad Aida (1871), Traviata (1853), Cavalleria rusticana (1890) e Turandot (1924). Eppure proprio in quest’anfiteatro carico di storia assisteremo a spettacoli tra i più avveniristici dell’estate. Si fa di necessità virtù. Impossibile, dati i tempi stretti, costruire scene monumentali, e così si gioca la carta della tecnologia, snellendo e smaterializzando. E, chissà, magari aprendo definitivamente la strada a nuove soluzioni sceniche e registiche.
Le maestranze dell’Arena lavoreranno a stretto contatto con la squadra di D-Wok, compagnia di punta di Prodea Group (ricavi dichiarati: 44 milioni), autrice di eventi di musica pop, da Cesare Cremonini a Tiziano Ferro, di celebrazioni sportive e show faraonici, come tutto ciò che fiorisce a Dubai. Nel 2021, Davide Livermore e Paolo Gep Cucco hanno rilevato il 40% delle quote di D-Wok e, da azionisti di peso, stanno imprimendo una svolta all’impresa.
Livermore è artista e manager, regista di quattro prime della Scala (compresa la prossima con Macbeth), è direttore del Nazionale di Genova e grande appassionato di ippica: ricordiamo il cantante Ildar Abdrazakov attraversare il palco della Scala in sella a un cavallo, fiero, nei panni di Attila.
Paolo Gep Cucco ha un passato remoto da musicista con Manu Chao, Mau Mau, 883, e un passato prossimo come ad e creative director di D-Wok. Sarà lui a coordinare ogni lavoro areniano. Lo abbiamo intervistato a pochi giorni dall’avvio del festival.
L’opera assicura un buon ritorno economico? Oppure siamo ben lontani dal mondo degli show avveniristici stile Dubai?
I teatri d’opera ben amministrati sono un grande patrimonio. L’opera è un campo in cui, tra finanziamenti pubblici e privati e biglietteria, ci sono sempre ottimi budget. Prendiamo la Scala, che tra l’altro ha saputo raccogliere la sfida di realizzare spettacoli totalmente televisivi. Tosca di Puccini era stata immaginata come un piano sequenza al contrario, con 33 movimenti nei primi 10’ di opera. La sensazione era quella di stare al cinema. E, di fatto, viaggiò nei cinema e tv di tutto il mondo.
A quanto ammontano i vostri ricavi?
Un milione e 300mila euro.
Con l’università Cattolica avete lanciato un master, unico in Italia, in event & entertainment design. L’idea è che il mercato è in crescita e quindi si chiedono nuove professionalità?
Proprio così, alcune figure professionali sono molto richieste, ma non facilmente disponibili. Il master guarda al futuro della live communication e dello spettacolo dal vivo. Le formule conosciute per creare eventi e spettacoli sono state messe in discussione, vanno ibridati i format e sviluppate nuove idee.
Con Livermore siete attivi su più fronti: cinema, Rai, Expo Dubai, concerti pop e lirici, cerimonie sportive. Che significato ha per voi il termine “entertainment”?
Rispettiamo la radice latina di “tenere”, quindi l’obiettivo è catturare il pubblico. E facciamo questo impiegando la realtà virtuale e aumentata, barre led tridimensionali. Per il cinema stiamo progettando un virtual set a Torino. Tutto dipende dalla tipologia di spettacolo.
Per gli spettacoli in Arena, per esempio, che mezzi mettete in campo?
Dato l’iperspazio, non ricorreremo a RA e RV. In compenso avremo uno schermo led di 400 metri quadrati, ad alta definizione, semicircolare. Possiamo trasformarlo in quello che vogliamo grazie a 8mila pixel di base. Le scene sono quasi interamente rifatte in 3D. Ricostruiamo tutti i mondi possibili con la qualità della post produzione cinematografica seguendo la partitura, così da modificare le scene in battuta.
Caliamoci nei panni dello spettatore in Arena. Cosa vedrà?
In Aida lo porteremo nel deserto, così come gli faremo vedere cosa accade nella tomba. In Turandot scorreranno scene di pittura animata cinese.
Tra l’altro collaborate con i musei di punta d’Italia, dai Vaticani all’Egizio di Torino. Come?
In Aida proietteremo scorci del Museo Egizio di Torino, in Pagliacci vedremo foto di scena di Fellini dall’omonimo museo di Rimini, per Cavalleria rusticana scorreranno immagini della Valle dei Templi di Agrigento. Usiamo le potenzialità del video per un viaggio ideale in Italia. La tecnologia, da sola, è nulla. Noi la facciamo dialogare con il bello d’Italia. Del resto, l’opera è nata a Firenze con la Camerata de’ Bardi: musicisti, letterati, scultori, intellettuali desideravano congiungere le arti. Noi facciamo esattamente questo, ma con i mezzi attuali.
Già siete una realtà internazionale, ma intendente esserlo ancora di più. Come e dove?
Abbiamo consolidato la nostra posizione in Italia con aperture all’estero, dove siamo richiesti perché siamo visti come gli italiani che offrono operazioni sartoriali. Non ha senso mettersi a fare gli americani, scimmiottando realtà che non ci appartengono. Dobbiamo semplicemente fare meglio quello che già sappiamo fare ed è apprezzato. Cresceremo tenendo presente questo parametro.
E con Rai Cinema?
Stiamo curando lo show design Parsifal, un nuovo musical con Roby Facchinetti su testi del compianto Stefano D’Orazio. Sarà uno spettacolo totalizzante.
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