Mauro Rubin a Futureland.

A Futureland, la kermesse appena ospitata da Talent Garden e dedicata alle applicazioni corporate della robotica, della realtà virtuale e aumentata, e dell’intelligenza artificiale, si poteva scorgere un po’ di tutto: simpatici robot antropomorfi di ultima generazione, automobili smart dotate di sensori capaci di meraviglie, e anche la cabina di Sensiks, azienda danese specializzata in simulazioni sensoriali in augmented reality. Provandola, si può sorvolare una foresta in fiamme: si sente l’odore di legno bruciato, si percepisce un calore appena fastidioso sulla pelle. E guardandosi in giro, si scoprono pendii dove il fuoco non è ancora arrivato, ci si muove in un mondo che non esiste.

La realtà aumentata è una tecnologia ancora sostanzialmente agli inizi, ma che ha già fatto segnare qualche primo passo di rilievo (l’epidemica diffusione del gioco per smartphone Pokemon GO dell’estate del 2016, ad esempio). Tra i suoi protagonisti ci sono anche alcuni italiani. Tra loro, Mauro Rubin, fondatore di JoinPad, compagnia che fornisce soluzioni in realtà aumentata per ottimizzare i processi industriali. Rubin, tra gli speaker chiamati da Futureland, ha raccontato a ForbesITALIA come smart glasses & co. ci cambieranno la vita.

 

A cosa si fa riferimento quando si parla di realtà aumentata? E in che modo se ne occupa JoinPad?

La realtà aumentata è un nuovo modo di percepire l’ambiente circostante. Ci permette di ottenere informazioni in tempo reale su qualsiasi cosa usando smart glasses o altri device più comuni. Un algoritmo osserva l’ambiente e, quando riconosce un oggetto o una persona, lo arricchisce con informazioni addizionali. L’augmented reality si differenzia dalla realtà virtuale perché l’utente non viene immerso in un mondo “altro”, ma bensì vede oggetti virtuali giustapposti al contesto reale.

JoinPad usa la realtà aumentata – unitamente ad altre tecnologie – per semplificare i processi industriali. Abbiamo iniziato nel 2010, quando ancora si guardava all’augmented reality come a un nuovo modo di comunicare o fare marketing, ma noi eravamo già focalizzati su prodotti industriali, grazie a una richiesta di un cliente. La prima applicazione della tecnologia è stato un caso di manutenzione remota, con un’applicazione presentata al Nab Show, la fiera dei broadcaster di Las Vegas.


Quindi avete avuto modo, negli anni, di interfacciarvi col panorama della Silicon Valley?

Certamente. Nel 2011 abbiamo iniziato a essere ospiti dell’Augmented Reality Expo di Santa Clara: qui abbiamo iniziato a confrontarci coi nostri potenziali competitor, comunque focalizzati sulla comunicazione (penso a Metaio, poi acquisita da Apple, o a Layar, o a Blippar).

 

In che modo la realtà aumentata sta già cambiando il mondo del lavoro? E cosa cambierà nei prossimi anni?

Quando parliamo di migliorare i processi di lavoro si tratta innanzitutto di analizzarli e individuarne i limiti – gli sprechi, magari – verificando come la realtà aumentata può migliorarli dando informazioni in tempo reale all’operatore, all’interno del suo campo visivo. Prendi la manutenzione: immagina di avere davanti a te un oggetto di cui non sai assolutamente nulla; l’algoritmo degli occhiali che indossi però lo riconosce e può offrirti tutte le informazioni step by step su come montarlo e smontarlo. Essendo il sistema più intuitivo per visualizzare dati complessi, la realtà aumentata aiuta a connettere l’operatore col mondo circostante.

Stiamo già lavorando con realtà di grosso calibro: parliamo di Siemens, ABB, Avio, Alstom. La realtà aumentata sta migliorando i loro processi di manutenzione, formazione, logistica. Il ritorno di investimento è immediato e non va a impattare sulla presenza dell’uomo negli stabilimenti: i processi non vengono automatizzati, ma facilitati.

Mauro Rubin.

A che punto siamo in Italia con lo sviluppo di queste tecnologie?

Le cose si stanno muovendo anche grazie agli incentivi statali di quest’anno sulla “Industry 4.0”. C’è stato un periodo iniziale, a partire grosso modo dal 2011, in cui è stata messa in atto un’evangelizzazione tecnologica, ma la tecnologia esisteva già ed era abbastanza consolidata: noi già quell’anno in Silicon Valley incontrammo Innovega, che si occupa di lenti a contatto per la realtà aumentato. Non significa che il mese prossimo tutti i lavoratori avranno lenti a contatto futuristiche, ma per il mondo industriale esiste già la tecnologia adatta a fare il grande salto.

 

Come cambierà nei prossimi anni la nostra vita quotidiana grazie alla realtà aumentata?

A livello consumer, in questo momento la realtà aumentata è molto legata al device. Alcuni – a partire da Apple e Google – stanno provando a superare questo limite utilizzando algoritmi di nuova generazione, ma siamo ancora agli inizi. Siamo ancora lontani dal concetto di smart glasses, ci vorranno ancora tre anni perché diventino disponibili per tutti. Ma quando succederà, avremo una percezione del mondo completamente differente: cosa succederebbe se avessimo una Wikipedia costantemente sotto gli occhi?

 

Qual è il più grande ostacolo che la nuova tecnologia si trova di fronte?

Le società in questo momento non devono vedere la realtà aumentata come una tecnologia da introdurre o avversare: siamo in un momento in cui aziende di poche persone e smart factory possono mettere in crisi realtà consolidate sui mercati (faccio esempi scontati ma eloquenti come Airbnb e Uber). Ma gli imprenditori devono capire che la realtà aumentata in questo momento è la spada di Damocle che gli sta pendendo sopra la testa: prima lo faranno, prima riusciranno ad affrontare le sfide del presente.

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