“Ero molto piccolo quando ho scoperto che lo spazio e il costruito erano le due cose che mi facevano provare più emozione. Quando ho avuto la consapevolezza, durante la mia adolescenza ho iniziato a sviluppare che quelle scoperte a cui mi appassionavo da bambino, potevano prendere il sopravvento in ciò che avrei voluto essere nel futuro; mi piace l’idea che forse sono un architetto perché da piccolo guardando gli ambienti che mi circondavano pensavo sempre a cosa e come avrei riempito la qualità degli spazi; non mi interessava se fosse una strada di campagna o un centro abitato, se mi trovavo in Italia, in Germania o altri luoghi dove mio padre si recava per lavoro, la mia mente era sempre pronta a fotografare ciò che mi circondava per poter capire come migliorare la vita dell’individuo”.
Prende il via con un ricordo della prima infanzia l’intervista a Flavian Basile (Benevento, 1985). Tra i giovani progettisti più attivi nel nostro Paese, fondatore nel 2016 della società Offtec, con sedi a Benevento, Milano e prossimamente a Catania, Flavian Basile ripercorre le tappe salienti della sua formazione. Dalle esperienze vissute da bambino, insieme a suo Padre, costruttore attivo in Italia e all’estero, allievo della storica Valle Giulia, Università La Sapienza di Roma. “Si può avere talento e voglia di fare, ma da soli questi elementi non bastano, bisogna avere carattere, imparare ma soprattutto circondarsi di brave persone”.
Laureato nel 2011, racconta dei suoi primi cinque anni di attività professionale (prima di fondare Offtec) trascorsi nella fondamentale esperienza nelle costruzioni come responsabile della direzione tecnica di uno dei più importanti gruppi emergenti in Italia nella realizzazione di grandi opere: Medil Consorzio. “Ho iniziato con grande energia, ricordo ancora le prime esperienze sia come responsabile di produzione che come ufficio tecnico, erano anni di grande impegno. Addirittura per quasi un anno seguivo l’impresa di costruzioni la mattina e di pomeriggio fino a sera inoltrata passavo molto tempo in uno studio di ingegneria dove volevo imparare e capire cosa significasse il lavoro del progettista, non avendo ereditato uno studio di progettazione ma un’impresa di costruzioni. Ricordo quei giorni, e di aver pensato: sì, questo è il mio futuro! L’inizio è stato molto emozionante. Dopo di che, la determinazione e la fortuna di aver incontrato i collaboratori giusti , ha fatto tutto il resto. Certo per alcuni tempi è stato un grande lavoro di ricerca e affermazione. Ogni tanto con chi c’è oggi ricordiamo con piacere quelle giornate, nottate, le lunghe ore di disegno e ricerca con l’obiettivo di dare il meglio. In quel periodo, nonostante la crisi post 2008, c’era molta competizione tra gli addetti ai lavori, noi eravamo i nuovi, gli ultimi arrivati, ma la cosa non ci scoraggiava, perché pensavamo che era una grande opportunità per un giovane progettista di eccellere tra tanti”.
Laboratorio di progettazione nel campo dell’architettura e dell’ingegneria
Oggi, dopo circa cinque anni dalla sua fondazione, può affermare con grande soddisfazione di aver contribuito alla nascita di un laboratorio di progettazione sia nel campo dell’architettura sia nel campo dell’ingegneria. Settore che rappresenta per Offtec, al giorno d’oggi, il suo più grande asset strategico, con circa 300 progetti redatti in cui sono impegnati come progettisti e consulenti per circa 1 miliardo di euro in lavori riguardanti il rinnovamento del parco infrastrutturale in Italia. “Siamo passati in quattro anni ad avere un valore di produzione di circa 1 milione e mezzo di euro e una divisione architettura, dove accogliamo giovani progettisti con grande talento e determinazione. Puntiamo a triplicare i ricavi ma soprattutto, come già sta accadendo, ad espandere il nostro modo di vedere la progettazione, l’architettura e potenziare il brand e l’affidabilità della Offtec nei confronti di tutti gli stakeholder coinvolti”.
La configurazione attuale di Offtec, nelle varie sedi dislocate sul territorio italiano, comprende circa 40 persone: tale tipo di struttura ha permesso di introdurre figure e mansioni che altrimenti non sarebbero state sostenibili. “Per fare un esempio, abbiamo un gruppo di ricerca di 4/5 persone che si reca sui luoghi di progetto con il compito di valutare l’impatto che il nostro operato avrà sul contesto. Durante l’analisi vengono raccolti anche una grande quantità di dati di diversa natura con i quali ci confronteremo durante la progettazione”. La loro, per intendersi, è una progettazione integrata: non esistono luoghi dove progettano che non abbiano alla base uno studio del territorio, dei materiali delle abitudini dell’individuo e delle comunità.
L’importanza della sostenibilità
Flavian Basile crede da sempre nell’importanza della sostenibilità. Anche in tempi in cui, parlarne, era piuttosto fuori moda. “Per noi l’architettura e l’ingegneria sono espressione di un luogo e non viceversa”. Il linguaggio progettuale che “colonizza” il territorio non fa parte del loro modo di pensare. Così è stato negli ultimi anni, dall’acquisizione dei servizi di progettazione per la realizzazione della metro di Catania ai concorsi che in cui sono stati protagonisti a Detroit, con la proposta di ridisegnare il nuovo water front, passando per le migliori soluzioni di centri congressuali, università, e della progettazione stradale.
“Nonostante oggi siamo progettisti, consulenti, partner per oltre 50 opere sul territorio nazionale siamo sempre attenti a non diventare dozzinali ma creare valore condiviso e aggiunto per i nostri clienti, che sono poi le pubbliche amministrazioni, imprese di costruzioni, general contractor o investitori privati.
C’è stato un periodo alla fine del secolo precedente in cui alcuni architetti e ingegneri erano celebri come star del cinema. Tuttavia fare progettazione è cosa ben diversa dal fare un film. E quando si spengono le luci il costruito, a differenza di una pellicola, continua ad esistere ed a influenzare i luoghi che lo circondano. Questo è il punto che ha sempre spinto Flavian Basile a diventare architetto. “Creare Offtec: progettare un qualcosa che, una volta realizzata, poteva essere lascito alla società contemporanea ma anche alle future generazioni. Tutto ciò è possibile se alla base della progettazione, quando gli spazi iniziano a prendere forma, si affronta il principale tema: la sostenibilità!”.
Oggi la sostenibilità è un termine inflazionato che spesso viene usato in maniera inopportuna. “Per dare una definizione partirei da due aspetti. Il primo riguarda l’aspetto prestazionale, e cioè la possibilità di realizzare opere che siano sensibili ai consumi ed hanno un basso impatto sull’ambiente. Questo accade non solo grazie alla tecnologia, ma al come un’architettura ingegneristicamente viene pensata. Il secondo aspetto è quello culturale, in cui si cerca di trovare un’empatia con il luogo e con le persone che lo abiteranno. Troppo spesso ancora oggi quello che dovrebbe essere lo scopo principale di un’opera, e cioè la sua capacità di accogliere ed essere utilizzata dagli abitanti, è tenuto in secondo piano. Alcuni degli elementi fondamentali da questo punto di vista purtroppo non sono visibili e quindi risultano essere meno attraenti per i progettisti. Basti pensare alla qualità dell’aria, della luce e degli spazi abitabili”. Tutti fattori fondamentali, ma che non rientrano tra i “caratteri espressivi”. Per Flavian Basile e la Offtec, al centro della progettazione vi è l’abitare: “È nostro dovere trovare le soluzioni migliori capaci di soddisfare questo diritto”.
Una visione romantica, in cui il fattore umano rientra ancora tra quelli determinanti. “Oggi purtroppo c’è una deriva tecnologica in cui credo sempre meno. Pensare che con un iphone faremo funzionare tutto in modo eccellente credo sia una grande bugia. Il vero centro della ricerca sono le capacità degli uomini e l’architettura non viene fatta dai marchingegni tecnologici che mettiamo dentro gli edifici. La tecnologia non è il fine del progetto, ma solo un supporto a questo”.
L’architettura come strumento culturale ed educativo
Progettare e costruire, secondo Flavian Basile, sono un atto politico. Quando viene costruito un nuovo ospedale, una piazza, una scuola, un collegamento ferroviario, si tratta di iniziative che partono dalla politica. “Il problema in Italia è che la politica ha deciso che l’architettura e l’ingegneria non sono più il mezzo per farsi rappresentare. Con il protrarsi di questo atteggiamento le conseguenze sono diventate molto gravi perché gli strumenti urbanistici sono ormai obsoleti, le città sono spesso in grande affanno e non vengono più costruiti luoghi comuni per i cittadini, non offriamo collegamenti adeguati per il trasporto. In passato l’architettura grazie alla volontà politica era uno strumento culturale ed educativo attento alle tematiche sociali ai bisogni dei cittadini. Venivano costruiti nuovi quartieri, nuove città e molti spazi comuni. Oggi tutto questo è scomparso. Stesso discorso vale per l’ingegneria! Si parla tanto di rinnovamento, oggi c’è una grande occasione che è il PNRR, passeremo da meno di due miliardi all’anno di investimenti che hanno contraddistinto il reparto infrastrutture negli ultimi anni a circa 15 miliardi all’anno per rinnovare tutto il parco nazionale riguardanti le infrastrutture”.
Dunque, secondo Flavian Basile c’è bisogno di ripensare ad una progettazione policentrica, per le città, per i sistemi di trasporto. La morfologia del nostro paese è molto particolare e le città partono sempre da un centro storico, che ormai si trova sempre più lontano rispetto alla periferia. “Una soluzione a questa criticità è creare altri poli di attrazione che bilancino il tutto. La città oggi non è più assimilabile ad un punto, ma ad una costellazione di centri che formano una rete”.
Equilibrio tra tecnologia e ambiente nelle smart city del futuro
Oggi in ambito progettuale, oltre alla parola sostenibilità, si parla sempre di più di smart city. “Noi preferiamo il termine Progettazione Sensibile. Non possiamo ridurre la città o il territorio alla sola dimensione tecnologica. Il termine sensibile include la componente umana, e la racchiude in un doppio significato: capacità di recepire”.
Un concetto che va di pari passo con l’attenzione all’ambiente. Molti paesi oggi si stanno impegnando a ridurre il loro impatto sul pianeta. Alcune si sono date l’obbiettivo di portare a zero le proprie emissioni di CO2 entro pochi anni. “Più in generale, credo che vedremo sempre più natura in città. Grazie alle nuove tecnologie, oggi possiamo portare il verde dove prima non c’era. Nel futuro prossimo dobbiamo porci l’obiettivo di vedere sempre più verde. Una più decisa presenza del verde nella pianificazione”.
Lo scorso anno, ad esempio, Offtec ha sviluppato Loop in the Sky, progetto risultato poi vincitore della menzione d’onore all’importante concorso internazionale di architetture innovative nei riguardi dei grattaceli SkyHive 2020. “Loop in the sky è un edificio ibrido, a metà tra architettura e infrastruttura. L’edificio è stato progettato per essere capace di produrre energia e spazi sociali, è creato per la comunità, integra al suo interno funzioni pubbliche e allo stesso tempo contiene tecnologie capaci di produrre energia. Il concept nasce da un disegno computazionale basato su un’architettura parametrica. Un progetto computazionale permette di modificare i parametri alla base del disegno per dar vita a un processo di ricerca capace di ottimizzare le relazioni spaziali al meglio e di espandere la superficie utile per la produzione di energia. La ricerca formale ha indirizzato il progetto verso una struttura iperbolica con una pianta circolare che sa sfruttare al meglio la produzione energetica”.
Sempre a livello internazionale avevano già sperimentato la ricerca di questo equilibrio tra ambiente, sensibilità, sostenibilità e infrastruttura con il progetto del nuovo Waterfront di Detroit: oggetto del concorso era la riqualificazione di un vuoto urbano – affacciato sul fiume ed immerso tra i grattacieli della Downtown nella città di Detroit – attraverso l’inserimento di un complesso di edifici che riscrivessero lo skyline e si elevassero a simbolo della ritrovata ascesa di una fra le città più iconiche e controverse nella storia degli Stati Uniti d’America. Il progetto, con cui Offtec si aggiudicò la Menzione di Finalista, nasce dall’idea di un’architettura ibrida: un edificio lineare che ospita le funzioni pubbliche da cui si sviluppa un cluster di torri che invece ospita gli spazi residenziali. “Elemento caratterizzante del progetto è la Promenade” dichiara Flavian. “Una passeggiata immersa nel verde che diventa protagonista e che ha lo scopo di continuare la River Walk verso il cielo, in modo da godere della vista del fiume e dei grattacieli dall’alto. A contraddistinguere le torri è la doppia pelle costituita da piante rampicanti che vanno ad avvolgere l’involucro in vetro delle residenze in modo da creare una “rinaturalizzazione” dello spazio dell’abitare”. Oggi più che mai guardare al futuro significa impegnarsi per un mondo più sostenibile, capace di conservare risorse ed opportunità esistenti a favore delle nuove generazioni. “Dobbiamo essere precursori di questo cambiamento. Un cambiamento che coinvolge lo stesso tessuto sociale e produttivo di questa nazione”.
Il ruolo cruciale dell’Architettura in Italia secondo Flavian Basile
L’architettura può fare molto e proprio l’Italia, con molti progetti, sta già guardando in questa direzione. “Noi stessi lo abbiamo fatto con Loop in the Sky. Anche in altre esperienze, tutto ruota attorno alla necessità di far incontrare il naturale e l’artificiale. Si potrebbe ripartire anche dalle grandi aree verdi per ripensarle in un’unica visione generale”.
In questo scenario, post-pandemia e con tutte le risorse allocate, secondo Flavian Basile dobbiamo puntare all’innovazione, che dovrebbe svolgere un ruolo cruciale nel rilancio dell’economia. È quanto si ritrova nelle Direttive europee del 2014, in cui si evidenzia l’importanza di un uso strategico degli appalti pubblici e dove si auspica la valorizzazione del fattore innovazione come “motore per il rilancio dell’economia e per un progresso sostenibile sotto il profilo ambientale e sociale”. Un indirizzo che poggia su una pluralità di procedure caratterizzate da un elevato grado di discrezionalità e flessibilità. Tra queste si annoverano il dialogo competitivo, la procedura competitiva con negoziazione, il partenariato per l’innovazione. Lo strumento che maggiormente risponderebbe a questa esigenza, contemplato dal Codice dei contratti pubblici, è il partenariato di innovazione descritto e regolamentato nell’articolo 45. “Il fatto è che nel nostro paese né il legislatore né le amministrazioni pubbliche ne hanno favorito il ricorso, limitandosi a recepirlo insieme ad altri istituti senza tuttavia promuoverlo, ad esempio, con le linee guida dell’ANAC. Non sarà un cambiamento facile ma credo che tutto questo potrebbe innescare negli operatori economici una diversa sensibilità nelle logiche di esecuzione dei lavori e anche nei rapporti con le stazioni appaltanti”.
Il futuro è tutto da scrivere. La chiave è nella partecipazione. La progettazione deve essere lo strumento che la politica nazionale e internazionale deve usare per connettersi alle esigenze degli utenti. Nel secolo scorso il modello dall’alto, o top-down, sembrava l’unica via possibile per concepire la città. “Noi pensiamo che oggi non si possa prescindere da approcci partecipativi, coinvolgendo soggetti diversi: startup, imprese, enti pubblici, centri di ricerca e semplici cittadini, associazioni di categoria”.
Questa capacità deriva dall’infinita quantità di dati che produciamo continuamente, a partire dalle più elementari operazioni come quelle del nostro smartphone. Sono dati che permettono di interpretare le scelte dei cittadini nello spazio urbano con cui interagiscono e formulare nuovi paradigmi per ridisegnare le città del futuro.
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