Articolo tratto dal numero di agosto di Forbes Italia.
Quando fu chiamato alla guida di Volvo nel 2012, tutti pensarono ad un traghettatore. Un passaggio obbligato, con mandato a termine, per accompagnare l’azienda fuori dalle secche e oliare gli ingranaggi della nuova compagine societaria, dopo l’acquisizione da parte dei cinesi di Geely nel 2010 per due miliardi di dollari, finiti nelle tasche di Ford Motor. Invece Håkan Samuelsson, 67 anni, 32 trascorsi come dirigente nel settore del trasporto pesante, prima in Scania, poi nel gruppo Man, è stato, contro le aspettative di molti, l’artefice del grande rilancio del marchio svedese. Compito non facile, dopo il tentativo fallito di integrazione con i brand Jaguar e Land Rover e un decennio di crisi.
Come ci è riuscito Samuelsson? Il fare dinoccolato, gli apparenti indugi nel rispondere alle domande che Forbes gli ha posto nel suo quartier generale di Göteborg – città nella città, cuore industriale della centro svedese sulla costa occidentale del Paese, a 470 km da Stoccolma -, nascondono in realtà una forte leadership e una chiara visione strategica sul futuro dell’azienda, lungo tre direttive: motore elettrico, guida autonoma e servizi innovativi, che superano il concetto di possesso dell’auto, verso una logica pay per use. Pago solo quando mi serve. In pochi anni il manager, che non indossa mai la cravatta – emblema di uno stile informale preso a modello da molti dirigenti del gruppo – ha trascinato l’azienda fuori dalle sabbie mobili del 2007-2009, fino a ad agguantare nel 2017 il record di vetture vendute su scala globale nella storia del gruppo, pari a 571.577 unità (erano meno di 335mila nel 2009), con un utile operativo di 14,1 miliardi di corone e un margine in aumento del 6,7% nel 2017.
Qual è la chiave, la strategia che più di ogni altra ha innescato la svolta?
La volontà di tornare alle origini. La scelta più scontata sarebbe stata quella di copiare le soluzioni di successo adottate dagli altri brand premium. Invece abbiamo deciso di fare un passo indietro. Ai miei ho detto: “Dobbiamo essere più self-confident (sicuri di noi stessi ndr)”. Valorizzare la nostra identità, fare tesoro delle competenze che hanno fatto dell’azienda un caso di eccellenza, per esempio sul piano della sicurezza. Al tempo stesso abbiamo realizzato che, grazie a dimensioni relativamente ridotte, avremmo potuto realizzare cambiamenti radicali molto più velocemente. È stato così, ad esempio, nello sviluppo del motore elettrico e dei sistemi di guida autonoma.
Che ruolo ha avuto Geely nel piano di rilancio? È stato un puro e semplice partner finanziario?
No. Per prima cosa ha dato stabilità. L’incertezza può essere distruttiva per una grande organizzazione. Ha acquisito Volvo con un progetto di lungo termine. Ha sempre rispettato l’autonomia del management, e incoraggiato una governance orientata al mercato, con un board indipendente e competente, che non è mai apparso uno strumento di controllo da parte dell’azionista di maggioranza. E poi naturalmente Geely ci ha aiutato a crescere nel mercato cinese. Non saremmo mai stati in grado di farlo così velocemente senza di loro.
Su sicurezza, motore elettrico e guida autonoma, Lei ha annunciato alcuni obiettivi molto ambiziosi. Sul primo fronte, ad esempio, ha dichiarato la volontà di portare a zero il numero di persone che perdono la vita o rimangono gravemente ferite mentre guidano una Volvo. A che punto siete?
In Svezia, i dati dicono che sulle nostre autovetture abbiamo dimezzato il rischio di rimanere gravemente feriti, rispetto alla media del mercato. Stiamo investendo molto sulla tecnologia. La nuova XC60, ad esempio, ha dotazioni di ultima generazione, con frenata automatica agli incroci, supporto alla sterzata e un sistema che attiva la frenata in caso sopraggiungano all’improvviso veicoli, pedoni, ciclisti e grossi animali. È in grado di evitare la collisione fino a 60 km/h.
Volvo ha dichiarato che dal 2019 tutti i nuovi modelli saranno dotati di motore elettrico o ibrido e, a partire dal 2025, il full-electric rappresenterà metà delle auto vendute dalla casa. Quale distanza vi separa da questo obiettivo?
Il 10/15% delle nostre vendite è già rappresentato da vetture con motore ibrido. È sicuramente più di quanto avessimo immaginato solo un anno fa. Nessun altro competitor sta crescendo così rapidamente sull’elettrico.
Su questo fronte, però, uno dei leader di mercato, Tesla ha pubblicato di recente alcuni numeri deludenti sulle vendite. Cosa la rende ottimista sul fatto che Volvo avrà successo?
Molti operatori sono impegnati nella produzione di motori elettrici, ma l’idea di puntare sul segmento premium è nata con Tesla e, in un certo senso, ci ha ispirato. Noi però possiamo contare su una storia di eccellenza nella produzione di automobili di alta qualità. Sia chiaro, alcune sfide restano aperte: lo sviluppo di questo business dipende anche da partner esterni, dall’innovazione sul fronte delle batterie. Nuovi player si affacceranno a questo mercato. Ma sono convinto che siamo sulla strada giusta.
L’ultima frontiera è quella delle auto a guida autonoma. Lo scorso dicembre Volvo ha lanciato un programma che coinvolge cinque famiglie residenti a Göteborg. Qual è il riscontro dopo questi mesi e quando avverrà la commercializzazione della prima auto a guida autonoma?
Le simulazioni al computer non sono sufficienti perché bisogna analizzare come le persone si comportano mentre sono sedute in un’auto self driving. I tempi di reazione quando è richiesto un intervento del guidatore, per esempio, sono piuttosto lenti. La prima auto a guida autonoma verrà commercializzata nel 2021, in concomitanza con il lancio della nuova piattaforma.
I venti di guerra commerciale si fanno sempre più minacciosi. È preoccupato?
Una vera e propria trade war recherebbe gravi danni all’industria, all’economia globale e sarebbe negativa ovviamente anche per l’azienda. Io credo che quella dell’amministrazione Usa sia solo una strategia negoziale molto aggressiva, e alla fine tutto di concluderà con un livello di dazi inferiore a quello attuale. Il settore automotive ne beneficerà.
Con Care by Volvo, avete lanciato un servizio che sostituisce il concetto tradizionale di possesso dell’auto, con quello di utilizzo. Qual è il riscontro da parte del mercato?
Molto positivo, anche in Italia, specialmente da parte di un nuovo segmento di clienti giovani, poco interessati ad acquistare l’auto dal concessionario, ma piuttosto attirati da un servizio efficiente e a costi trasparenti. È un diverso modo di usare l’auto. E forse anticipa quello che sarà l’industria automotive del futuro. Un domani non venderemo più auto, ma un servizio, libertà di movimento, in un modo personale, sostenibile e sicuro. In stile Volvo.
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