toscano alta sartoria
Small Giants

Dalle ceneri della Mabro a Toscano Alta Sartoria: così Grosseto riscopre ed esporta l’eleganza made in Italy

Articolo tratto dall’allegato Small Giants del numero di agosto 2022 di Forbes Italia. Abbonati!

Raccogliere le ceneri di un fallimento per restituire al settore del fashion italiano un attore capace di portare armonia, qualità, esclusività e bellezza. È con questo scopo che nel 2016 l’imprenditore Marco Berti ha deciso di rilevare Mabro, nota azienda tessile grossetana fallita in seguito a diverse vicissitudini, dando vita a Toscano Alta Sartoria, marchio di abbigliamento da uomo capace di riportare, sempre nella città di Grosseto, un punto di riferimento nazionale e internazionale nel campo dei prodotti sartoriali made in Italy di fascia medio-alta.

Marco Berti
Marco Berti, fondatore di Toscano Alta Sartoria

“Anche se l’operazione era molto complicata, dato che i fallimenti erano due, immobiliare e gestionale, abbiamo deciso di rilevare la parte produttiva di Mabro. Puntando, quindi, su quello che era il vero know how della società: il personale”, ci racconta con orgoglio il suo stesso fondatore. Che, forte di un sostegno economico esclusivamente privato e di un periodo di gestazione durato tre anni, è riuscito, a partire dal 2019, a dare a Toscano Alta Sartoria un’impronta qualitativa, fresca e innovativa. Sia grazie alla ristrutturazione del suo nuovo stabilimento – proprio contiguo a quello storico della Mabro – composto da spazi ampi, luminosi, condizionati e da macchinari nuovi, che danno alla sartoria l’impronta di una fabbrica artigianale 4.0; sia puntando sull’immaginario collettivo rappresentato dall’Italia e dalla Toscana, regione che da sempre è sinonimo di elevata qualità e di bellezza. 

L’orgoglio dell’artigianato toscano

“Il nome Toscano Alta Sartoria è un’indicazione geografica e di provenienza, in grado di trasmettere all’estero l’armonia e la bellezza rinascimentale della nostra regione, dei suoi paesaggi, del suo cibo e della sua sartoria”, dove spicca e si distingue, evidenzia Marco Berti, l’elevata qualità dei tessuti e della modellistica, nonostante la ‘giovane età’ della società, dei diversi competitor a livello nazionale e internazionale, e del costo della manodopera.

Una delle più grandi scommesse di Toscano Alta Sartoria è infatti la volontà di produrre in Italia. “È una bellissima sfida per noi, per il territorio e, perché no, anche per il Paese stesso. Perché continuare a produrre in Italia è anche una forma d’orgoglio, dato l’importante costo della manodopera. E non parlo di costo in termini di stipendio per i nostri dipendenti ma di oneri fiscali e previdenziali, che pesano sia nelle nostre che nelle loro tasche”, dice l’imprenditore toscano, da sempre attento al connubio rappresentato dal benessere dei propri dipendenti e dal business dell’azienda. Un mercato di dimensione equivalente in Italia e all’estero, in quanto il fatturato – previsto per il 2022 superiore a 5 milioni di euro – è diviso esattamente al 50%. Dimostrazione lampante di quanto la bellezza e la qualità del made in Italy, rappresentato in questo caso dall’abito da uomo su misura – punto forte di Toscano Alta Sartoria – sia la chiave di volta per il mercato internazionale. Soprattutto in un momento in cui il mercato del fashion sta andando incontro a una rivoluzione totale, anche in ottica sostenibile. 

“Produzione personalizzata e programmata, che sostituisca quella massificata”

“L’abito su misura, ormai, non deve essere pensato e indossato solamente per un’occasione speciale, ma deve essere un compagno di tutti i giorni. Perché segue l’armonia del corpo, le sue esigenze, e la necessaria e sempre più forte richiesta di personalizzazione del cliente. Aspetto che noi curiamo a 360 gradi: da noi si può scegliere il tessuto, diversi elementi di personalizzazione, e anche riconfigurare e dare una nuova vita i vecchi abiti”, dice Berti.

“Uscendo così dallo schema di un prodotto già finito ed entrando nella mentalità di iniziare a produrre solo ciò che serve realmente. Aspetto che, oltre a ridurre l’inquinamento, permetterebbe di combattere lo spreco di un intero settore”. Sono ancora diversi, infatti, gli esempi di abiti invenduti e sovraprodotti che riempiono magazzini e vetrine di negozi, complessi da smaltire e da riciclare. “D’altronde, come abbiamo già potuto notare, il futuro di questo settore è sempre più orientato verso una produzione personalizzata e programmata, capace finalmente di sostituire quella massificata”. 

Una rivoluzione che valorizzi il prodotto made in Italy

Quella che si è avviata quindi è anche una rivoluzione di prodotto. Visto che a causa di una continua produzione massificata e di una scarsa comunicazione proprio di prodotto, il mercato è stato spinto sempre di più verso il basso. Perdendo qualità, a vantaggio esclusivamente del risparmio economico. “Nel corso degli anni, il pubblico dei consumatori, soprattutto in Italia, è stato spinto a comprare il capo in base solo al prezzo. Non guardando alla reale qualità. E lo vediamo dal fatto che in pochi riconoscono la differenza tra un abito intelato, che richiede l’utilizzo di tele naturali e diverse lavorazioni, e uno telato”, rivela l’artefice di Toscano Alta Sartoria, tra i pochi produttori europei di questo genere di abito.

Proprio perché, essendo diventata una pratica molto costosa, è stata abbandonata da diversi player del settore. Aspetto che, comunque, risulta un punto a favore per l’Italia e per l’azienda toscana. “Partendo dal presupposto che ormai l’intelato in Europa viene realizzato soprattutto nel nostro paese, per noi rappresenta un importante spazio di manovra, perché ci permette di essere un punto di riferimento nel mondo. A dimostrazione che per noi italiani alcune produzioni hanno senso solo se c’è elevata qualità nell’intera fase della produzione del capo”, conclude Marco Berti, che guardando al futuro non ha dubbi: “Vogliamo continuare a produrre prodotti di qualità, a crescere e a raddoppiare il nostro fatturato nel giro di tre anni. Noi siamo fiduciosi”. 

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