Articolo tratto dal numero di settembre 2023 di Forbes Italia. Abbonati!
La filosofia di un’azienda non può essere fatta solo di parole. È la colonna portante di ogni scelta, in tutti i campi. Quella della Famiglia Cotarella si fonda su alcuni pilastri immutabili: l’amore per le proprie radici, la cultura come scambio continuo, la costante ricerca, la curiosità, la disposizione a innovare e innovarsi, anche in ambiti apparentemente lontani, ma che si intersecano strettamente con il mondo del vino.
L’azienda, fondata nel 1979 a Montefiascone, in provincia di Viterbo, dai fratelli Riccardo e Renzo Cotarella e gestita oggi dall’ultima generazione – Dominga, Marta ed Enrica Cotarella – si estende su un’area collinare tra Umbria e Lazio, che va dal Lago di Bolsena alle colline intorno a Orvieto. Le caratteristiche climatiche e pedologiche di questo territorio sono similari. L’area compresa tra la città umbra e Montefiascone ha infatti un’origine in parte vulcanica e in parte sedimentaria, molto adatta alla coltivazione della vite, come la tradizione vinicola secolare di questi luoghi testimonia.
Nel comune di Montecchio, sulla collina a sud di Orvieto, è situata la cantina circondata da circa 200 ettari piantati a merlot, cabernet, sangiovese, verdicchio e vermentino, su cui sono state impiantate numerose varietà sperimentali. La zona compresa tra Montefiascone e il Lago di Bolsena, in provincia di Viterbo, accoglie invece i vigneti storici dell’azienda su cui si coltivano i vitigni autoctoni rossetto, trebbiano e malvasia e alcune varietà internazionali, come merlot, syrah e viognier. Una realtà di riferimento nel panorama nazionale e internazionale, grazie a scelte lungimiranti che hanno permesso di recuperare gli antichi vitigni della zona, identificando le aree dove l’esposizione e la particolarità dei terreni potevano garantire vini di altissima qualità. Poggio dei Gelsi, Ferentano, Montiano, Marciliano, Tellus, Trentanni, Anita, Ogrà sono molto più di semplici vini o etichette: sono capitoli di una storia aziendale e personale.
Il nuovo capitolo
Oggi un nuovo capitolo impreziosisce la meticolosa e appassionata opera di valorizzazione delle vigne: Verdeluce è un vino ottenuto da un blend di uve grechetto, autoctone e rappresentative del territorio umbro, pinot bianco e semillon, varietà non tipiche di questa terra, ma che qui hanno trovato la loro migliore espressione.
“Verdeluce nasce da un’esigenza della nuova generazione della famiglia, quella di produrre un vino che fosse testimone del legame con l’Umbria”, racconta Pier Paolo Chiasso, direttore generale ed enologo della società. “Famiglia Cotarella è percepita come azienda del territorio laziale da un punto di vista produttivo, ma in realtà è legata da sempre a entrambe le regioni. Verdeluce è un vino bianco che rappresenta l’Umbria, anche nell’etichetta, con la rappresentazione del bosco, e nel nome. Colpisce per il profumo e la freschezza. È piacevole e beverino, ma con una struttura e un’intensità giuste, in equilibrio con le sue note caratterizzanti. Ci è sembrato naturale cercare di rappresentare l’Umbria con un vino bianco espressione del territorio e della lunga esperienza maturata nell’approfondirne segni distintivi e potenzialità”.
Un nuovo vino nato soprattutto per rafforzare il legame con il territorio, ma sapendo anche leggere e intercettare le esigenze di un mercato in continua evoluzione. “Il nostro mondo è fortemente legato alla tradizione, ma, se questo rapporto diviene troppo vincolante, si rischia di commettere errori”, sottolinea Chiasso. “Saper leggere e interpretare il mercato e i suoi trend è fondamentale per qualunque azienda del settore. L’idea di creare Verdeluce è nata per legarsi al territorio, ma da questo punto di partenza ci siamo mossi per ottenere un prodotto che potesse integrarsi perfettamente nel mercato nazionale e internazionale. Un vino bianco deve avere caratteristiche che consentano di consumarlo con semplicità, deve lasciare un ricordo dal punto di vista olfattivo e gustativo senza ledere la facilità di beva”.
Le due anime di Famiglia Cotarella
Un omaggio all’Umbria senza trascurare l’altra anima dell’azienda, quella legata al Lazio, per integrarle in modo armonico e veicolare l’immagine di Famiglia Cotarella. “È fondamentale fare informazione nel modo giusto verso i clienti, per far emergere la doppia anima della nostra realtà e, al tempo stesso, far emergere la sinergia unica tra i due territori”, evidenzia Chiasso. “Ogni vino è legato al proprio territorio in modo indissolubile, ogni vigneto del Lazio o dell’Umbria ha caratteristiche talmente particolari da potere rappresentare il terroir senza creare fraintendimenti. Sta poi a noi, nel corso della lavorazione, far riconoscere lo stile dei territori senza stravolgere le caratteristiche e le peculiarità delle uve”.
Chiasso si sofferma anche sul contesto ambientale e climatico e sulle inevitabili ripercussioni in vigna. “L’ultima annata è stata difficilissima, con condizioni metereologiche che hanno favorito lo sviluppo di patogeni a seguito di fenomeni ambientali brutali. Abbiamo dovuto fare ricorso a tutta la nostra capacità di gestire il vigneto in modo attento. In questi casi entra in ballo anche un pizzico di fortuna, ma è evidente quanto sia necessario presidiare le vigne per prevenire gli imprevisti e superare le difficoltà. Occorre essere maniacali nella gestione del tempo, non c’è sabato né domenica, giorno o notte. Anche in stagioni complicate si deve essere in grado di intervenire in modo tempestivo. Le tecnologie possono dare una mano da questo punto di vista, ma bisogna essere maniacali e scientifici. Non si può rimandare nulla”.
Non solo vino
Le tante storie legate al vino si intrecciano con quelle di vita. Perché Famiglia Cotarella, negli anni, ha saputo dare vita a iniziative e realtà divenute un riferimento: dall’Accademia di Alta Formazione per la Sala Intrecci alla Fattoria Tellus, con il suo percorso didattico per i bambini, fino al nuovo progetto della Fondazione Cotarella, Verdeluce, che nel nome richiama la nuova etichetta ed è rivolta ai giovani, a un sano rapporto con l’ambiente e la natura e al contrasto dei disturbi del comportamento alimentare.
Dietro tutto questo ci sono Dominga, Marta ed Enrica, che hanno affiancato alla produzione vinicola lo sviluppo di nuove idee. “Siamo nate nel mondo del vino, ma per noi ora è uno strumento a nostra disposizione per fare anche qualcosa di diverso rispetto alle precedenti generazioni”, racconta Dominga, amministratore delegato di Famiglia Cotarella. “Propongo tante idee che vengono condivise con la famiglia per farle divenire operative. Intrecci è stato un progetto visionario, senza modelli di riferimento: sono partita pensando alle aspettative di un cliente verso l’esperienza gastronomica di alto livello. I nostri allievi hanno ora a disposizione un campus in cui vivere in formula residenziale e un percorso di oltre 1.200 ore di formazione. È una scuola anche di vita, che ha cambiato il punto di vista di tutti”.
Il progetto Verdeluce
L’ultimo progetto in ordine di tempo è anche quello più impegnativo dal punto di vista umano. “Alcuni problemi di salute di mio figlio, fortunatamente in via di risoluzione, mi hanno avvicinato a tematiche molto delicate, e su suo suggerimento abbiamo dato vita a un progetto dedicato a chi soffre di disturbi del comportamento alimentare”, spiega Dominga. “Siamo partiti con alcuni laboratori di cucina, coinvolgendo gruppi di ragazzi e tanti amici chef e ristoratori (Bottura, Pipero, Aimo e Nadia). Poi ho capito quanto potesse essere importante avere a disposizione una struttura di riferimento e non solo percorsi itineranti. Per questo abbiamo pensato di realizzare la dimora Verdeluce, un luogo che non ha la presunzione di cambiare il destino dei suoi ospiti, ma sarà di supporto per affrontare momenti particolarmente difficili”.
Uno spazio con un’équipe medica, una cucina dedicata ai laboratori con grandi chef, una sala ristorante per far vivere un’esperienza gastronomica e un periodo di formazione in giornalismo enogastronomico, perché in futuro si possa parlare dei disturbi del comportamento alimentare con competenza. “Avremo a disposizione nutrizionisti, psicologi, psicoterapeuti, corsi di yoga e di teatro. I ragazzi potranno fare esperienza, esercitarsi nell’orto didattico. Potranno anche iniziare a lavorare, se vorranno, e una parte del ricavato del ristorante sarà loro. È un modello che potrà rappresentare il futuro, per dimostrare che l’agricoltura non è solo fondamentale per il Pil o per l’occupazione, ma può svolgere anche un ruolo sociale, negli ambiti dell’enoturismo e della salute. L’inaugurazione è prevista per settembre, e sono sicura che sarà un momento indimenticabile per la nostra famiglia”.
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