Matteo Messina Denaro
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È morto Matteo Messina Denaro: gli affari e i legami nell’imprenditoria del boss di Cosa Nostra

Matteo Messina Denaro è morto. Ricoverato nel reparto detenuti dell’ospedale dell’Aquila, l’ex boss di Cosa Nostra, 61 anni, era in coma irreversibile dopo che le sue condizioni si erano aggravate (era malato di tumore al colon). Da qui la decisione dei medici di sospendere l’alimentazione.

L’arresto

Diventato il numero uno di Cosa Nostra dopo l’arresto di Totò Riina e poi di Bernardo Provenzano, Messina Denaro è stato arrestato è stato arrestato a Palermo a gennaio in un bar nei pressi della clinica privata ‘La Maddalena’, dove si trovava – sotto falso nome – per sedute di chemioterapia in seguito a un intervento chirurgico per il tumore.

La caccia è durata 30 anni. Il boss era ricercato dall’estate del 1993 per associazione di tipo mafioso, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materie esplodenti, furto e altro. Di lui si persero le tracce dopo una vacanza a Forte dei Marmi insieme ai fratelli Filippo e Giuseppe Graviano. Peraltro, il boss si era sottoposto a un intervento di chirurgia plastica al volto per non essere riconoscibile.

Condannato all’ergastolo dalla Corte D’Assise di Caltanissetta per essere stato uno dei mandanti delle stragi di Capaci e via D’Amelio, dove persero la vita i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Messina Denaro è stato responsabile di molti altri crimini. Uno su tutti: il sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e poi sciolto nell’acido.

Chi era Matteo Messina Denaro

Nato il 26 aprile del 1962 a Castelvetrano, in provincia di Trapani, è figlio di Francesco Messina Denaro, fratello di Patrizia Messina Denaro, con cui svolgeva l’attività di fattore nelle tenute agricole della famiglia D’Alì Staiti, già proprietari della Banca Sicula di Trapani, il più importante istituto bancario privato siciliano, e delle saline di Trapani.

Messina Denaro riusciva a finanziare la sua latitanza con il gioco d’azzardo, praticato in Sicilia e a Malta, grazie all’aiuto dell’imprenditore di Castelvetrano Carlo Cattaneo. Aveva anche legami con il Venezuela, dove alcune persone gestivano i suoi interessi.

Gli imprenditori legati a Messina Denaro

Sono diverse le operazioni imprenditoriali e criminali riconducibili a Matteo Messina Denaro. Ne è un esempio la scoperta, a marzo del 2019, di una loggia massonica a Castelvetrano, che porta all’arresto di Antonio Messina, avvocato radiato dall’albo che teneva i contatti con la criminalità siciliana radicata nel milanese nell’ambito di un traffico di hashish organizzato fra la Spagna, Milano e la Sicilia.

Un altro imprenditore con cui aveva legami era Giuseppe Grigoli, condannato nel 2011 a 12 anni di carcere per riciclaggio di denaro sporco. Proprietario dei supermercati Despar nella Sicilia occidentale, Grigoli è stato accusato di essere favoreggiatore e prestanome di Messina Denaro, che investiva denaro sporco nei suoi supermercati. Per avere un’idea del giro d’affari, nel settembre 2013 il tribunale di Trapani ha disposto la confisca di società, terreni e beni immobiliari di proprietà di Grigoli dal valore di 700 milioni di euro.

Gli affari di Matteo Messina Denaro

Nel 2010 la Direzione investigativa antimafia di Palermo mise sotto sequestro numerose società e beni immobili dal valore complessivo di 1,5 miliardi di euro che appartenevano all’imprenditore alcamese Vito Nicastri, ritenuto vicino a Messina Denaro. Tra il 2002 e il 2006 Nicastri aveva ottenuto il più alto numero di concessioni in Sicilia per costruire parchi eolici e, secondo gli inquirenti, il suo patrimonio sarebbe frutto del reinvestimento di denaro sporco.

A marzo 2012 la Dia di Trapani chiese il sequestro del patrimonio, pari a oltre 1,5 miliardi di euro, di un altro imprenditore vicino a Messina Denaro: l’imprenditore Carmelo Patti, proprietario della Valtur. Mentre a dicembre dello stesso anno un’indagine coordinata dalla Dda di Palermo e condotta dai carabinieri portò all’arresto di sei persone, tra cui l’imprenditore Salvatore Angelo, accusato di investire il denaro sporco di Messina Denaro nella costruzione di parchi eolici fra Palermo, Trapani, Agrigento e Catania, destinando una percentuale degli affari al latitante.

In seguito, oltre al sequestro di 50 milioni di euro in immobili e quote di società della vendita di abbigliamento e preziosi intestati all’imprenditore palermitano Mario Niceta – altro presunto prestanome di Messina Denaro – alcuni membri di una cosca vicina al boss sono stati arrestati per aver inviato in Sicilia una somma di denaro guadagnata con l’allestimento di alcuni stand dell’Expo di Milano del 2015. Dimostrando che, ormai, la mafia era più interessata agli affari – anche quelli più importanti per tutto il paese – che alle stragi.

L’occhio del mondo

Soprannominato ‘Diabolic’ e ‘U siccu’, Denaro era nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità del ministero dell’Interno. Già nel 2011 era stato inserito nella lista dei dieci latitanti più ricercati al mondo di Forbes, e in una puntata della serie tv Netflix World’s Most Wanted.

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