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Cultura

Dall’Amaro Lucano alla Coppa del Nonno: le confezioni immortali dell’industria italiana raccontate dalla giornalista Camilla Sernagiotto

Articolo tratto dal numero di febbraio 2024 di Forbes Italia. Abbonati!

Cos’hanno in comune la Coppa del Nonno, il tubetto di Crystal Ball, le pastiglie Leone, l’Amaro Lucano e le gomme Brooklyn? Tutti hanno mantenuto il packa- ging con cui sono nate. Lo stesso vale, ad esempio, per le amarene Fabbri, per la colla Coccoina con cui intere generazioni sono andate a scuola, per il talco Felce Azzurra che a molti ricorda ancora l’infanzia.

Sono confezioni che hanno resistito al tempo e non sono state scalfite dalle mode. A metterle insieme, in una sorta di enciclopedia del packaging italiano, è la giornalista e filologa Camilla Sernagiotto, autrice del volume Senza scadenza – L’intramontabile packaging made in Italy (ed. Ultra, 2023).

Confezioni entrate nella memoria collettiva

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È stata lei a farsi aprire gli archivi di oltre 60 aziende che rappresentano l’eccellenza dello stile italiano, per raccontare in chiave storica e con contributi fotografici le confezioni più memorabili prodotte dall’industria del nostro Paese.

A ben vedere, si tratta di forme entrate nella memoria collettiva di varie generazioni: se è vero che dall’immagine all’immaginario il passo è breve, è da quella porta che si accede alla storia del design e del costume. Ci sono la latta gialla del Burro Soresina, i barattoli del Borotalco, il tubetto del triplo concentrato di pomodoro Mutti, il pacchetto delle caramelle Morositas o delle gomme Big Babol e tanto altro ancora: oltre 100 tra scatole, bottiglie, barattoli, incarti, flaconi e tubetti.

A selezionarli è stata una filologa medievale nativa di Voghera. “Soltanto una casalinga di Voghera come me avrebbe potuto fare l’enciclopedia delle confezioni di prodotti italiani”, scherza. Il suo è un viaggio nella genialità, nell’arte e nell’artigianalità italiane.

Da Lucio Dalla a Roberto Rossellini

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Non è casuale che il packaging immutato sia una delle ragioni del successo del brand, facendosi simbolo e sintesi della sua identità. Ma quello di Sernagiotto è anche un viaggio tra storie familiari e imprenditoriali che hanno scritto pagine importanti dell’economia italiana.

“È stata un’esperienza emozionante perché le aziende non hanno segnato solo la storia del design, ma anche quelle del consumo, della resilienza, del sapersi arrangiare, di quell’arte tutta italiana del riuscire a risollevarsi. Sono emerse storie commoventi, ma ci sono anche racconti divertenti, come quello di Pina Amarelli dell’azienda di liquirizie, che mi ha raccontato di quando Lucio Dalla la chiamò da New York per dirle: ‘Pina, qui a New York hanno finito la scatoletta rossa di Amarelli e c’è Isabella Rossellini che vuole rubare la mia, ma io non gliela voglio dare. Come facciamo? Manda subito un carico di rosse!’”.

Dalle liquirizie alla Coppa del Nonno. Sernigiotti ricorda come la tazzina marrone ripiena di gelato al caffè faccia “parte dei ricordi degli italiani di ogni età, dal bambino di oggi al bambino di ieri e ieri l’altro, come Christian De Sica”. Il libro riporta le parole del figlio del grande Vittorio:

“Avevo otto anni. Mio padre mi portò sul set del film Il generale Della Rovere. Il teatro 5 era pieno di neve finta, papà e Vittorio Caprioli si rotolavano, feriti a morte, ma non morivano mai. Rossellini diceva: ‘Fate un po’ de meno. Dai, mo’ basta… e morite!’ e intanto mangiava la Coppa del Nonno”, racconta Christian De Sica.

“Una collezionista fiera e orgogliosa”

Storie d’azienda che fanno il paio con vicende personali e collettive, quindi, passando dagli anni del dopoguerra a quelli del boom economico. “Mi definisco un’accumulatrice seriale di scatole, bottiglie, incarti e confezioni, ma in realtà sono una collezionista fiera e orgogliosa di ogni pezzo”, dice Sernagiotto.

“Molte delle scatole che custodisco le ho avute da mia nonna Bianca, a cui il libro è dedicato. Da lei ho ereditato scatole su scatole, ma soprattutto la passione che custodiscono. L’approccio di questo libro è proprio quello che aveva lei: l’approccio viscerale dell’amore puro”. Più che un’enciclopedia, insomma, un diario sentimentale. Suo e di un intero Paese.

 

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