Articolo di Danilo D’Aleo apparso sul numero di aprile 2024 di Forbes Italia. Abbonati!
Avere un impatto sulla vita dei pazienti oncologici, rivoluzionando gli attuali standard di cura con l’introduzione di terapie innovative e sempre più efficaci. È con questo obiettivo che Daiichi Sankyo opera per dare alle persone un tempo di buona qualità per stare con i loro cari e, in generale, continuare a realizzare i loro sogni.
Con oltre 120 anni di esperienza scientifica, il gruppo farmaceutico – per come lo conosciamo oggi – trae le sue origini dalla fusione del 2006 di due aziende giapponesi: Sankyo e Daiichi. La prima, fondata nel 1899 da Takamine Jokichi, inventore dell’adrenalina, nel tempo si era specializzata nella produzione di enzimi, vitamine e farmaci cardiovascolari; la seconda, nata nel 1910, produceva farmaci per la sifilide, l’asma e la tubercolosi e agenti emostatici. “Nel 1990 Sankyo acquisì anche un’azienda farmaceutica tedesca, con sede a Monaco, come porta d’accesso per l’Europa. Da Daiichi abbiamo ereditato i 40 anni di esperienza nella ricerca di terapie antitumorali”, dice Mauro Vitali, head of oncology business division di Daiichi Sankyo Italia, divisione che ha allargato anche da Roma a Milano la presenza del gruppo nel nostro Paese.
Dalle prime terapie per il tumore gastrointestinale, polmonare e mammario, e i primi preparati di interferone beta per il tumore al cervello, oggi Daiichi Sankyo, con circa 17mila dipendenti in tutto il mondo (di cui duemila in 14 paesi d’Europa), grazie alla creazione della tecnologia Adc Dxd (deruxtecan), sta cercando di rivoluzionare gli standard di cura di diversi tipi di tumore metastatico. “I nostri Adc (anticorpi monoclonali farmaco-coniugati) sono progettati per somministrare il trattamento direttamente al tumore, minimizzando l’impatto sui tessuti sani; sono composti da un anticorpo monoclonale progettato per riconoscere un bersaglio molecolare specifico espresso sulle cellule tumorali e dal deruxtecan, che comprende il DXd, un derivato dell’exatecano, dieci volte più potente del chemioterapico irinotecan e il linker, un legante stabile e contemporaneamente scindibile, che mantiene il DXd ancorato all’anticorpo fino all’internalizzazione dell’Adc nella cellula bersaglio”, spiega Vitali.
Daiichy Sankyo e la tecnologia
Peraltro, grazie alla versatilità della tecnologia, il gruppo giapponese sta cercando di affrontare i bisogni di cura insoddisfatti dei pazienti oncologici in un ampio range di tumori, quali il cancro al seno, al polmone, allo stomaco, al colon-retto, alle ovaie e altri tumori solidi. Obiettivo che rispecchia la filosofia dell’azienda, soprattutto nell’ambito della ricerca, basata su tenacia e perseveranza nel superare gli ostacoli per ottenere un continuo miglioramento. Sentimento che nella cultura giapponese ha un nome: kaizen. “Da noi si riflette nel considerare la qualità di vita dei pazienti una priorità. Questa nuova tecnologia può contribuire a migliorare quella delle persone affette da tumore metastatico, non solo ad allungarne la sopravvivenza. E visto che il nostro obiettivo è portare le terapie oncologiche al maggior numero di pazienti nel più breve tempo possibile, ragioniamo soprattutto in termini di collaborazione e partnership con chi ha i nostri stessi obiettivi”, precisa Vitali, che identifica altri tre valori imprescindibili: “Integrità, inclusione e senso di responsabilità. Quest’ultimo, in un settore cruciale come quello della salute, deve permeare ogni decisione e attività”. Anche e soprattutto guardando alla ricerca e alle risorse impiegate per dar vita a tecnologie e soluzioni innovative per migliorare la vita delle persone.
Basti pensare che il gruppo, tra il 2021 e il 2026, investirà a livello globale 11 miliardi di euro in ricerca e sviluppo – si tratta di più del 24% del suo fatturato annuo – e 1 miliardo di euro per espandere il suo unico impianto produttivo europeo di Monaco, per aumentare la capacità di produzione dei suoi Adc. “Sarà completato entro il 2026 e diventerà un centro di innovazione internazionale con laboratori dedicati alle nuove terapie antitumorali. Qui si svolgeranno anche attività di ricerca e sviluppo, come la formulazione di dosaggi aggiuntivi, la definizione di processi produttivi per principi attivi su scala industriale e lo sviluppo di nuovi metodi di analisi per garantire la qualità dei prodotti, oltre a rafforzare i sistemi logistici e consentire l’implementazione di ulteriori meccanismi di sostenibilità ambientale”, sottolinea Vitali.
Con ricavi stimati per il 2023 in circa 10 miliardi di euro e un risultato operativo del 12%, Daiichi Sankyo non sta guardando solamente al settore degli Adc, dove, secondo l’ultimo rapporto indipendente di GlobalData, entro il 2029 sarà di gran lunga la forza dominante, con quasi 11 miliardi di dollari di vendite annuali globali, ma anche alle opportunità offerte dall’intelligenza artificiale, che è destinata a giocare un ruolo cruciale anche in ambito sanitario e farmacologico. “In oncologia l’IA ha enormi potenzialità, ma è ancora sottoutilizzata e limitata alla diagnostica e all’interpretazione degli screening. Eppure potrebbe fornire informazioni utilissime sulla genomica dei tumori, in chiave sia preventiva che terapeutica. Perché l’IA realizzi il suo pieno potenziale ci sono ancora due grandi sfide da vincere a livello internazionale: il primo è di natura legislativa, perché non esiste ancora una regolamentazione specifica sull’uso di questi dati che consenta di uniformare le valutazioni cliniche; il secondo riguarda la formazione degli oncologi, che devono arrivare a utilizzare questo strumento in maniera critica e sicura, in modo che uomo e macchina lavorino insieme per ottenere migliori risultati per i pazienti.
In Italia, invece, stiamo agendo come facilitatori del dibattito nazionale e internazionale su come l’IA e le innovazioni tecnologiche nel prossimo decennio potranno integrarsi nel processo di prevenzione, diagnosi e cura dei pazienti oncologici”. Un esempio è il supporto della filiale italiana del gruppo all’evento Next Oncology di ottobre a Milano, il primo convegno al mondo che ha unito medici, biologi, scienziati, ricercatori, ingegneri, fisici e altri esperti internazionali di vari settori, “per creare uno spazio multidisciplinare unico in cui far convergere la ricerca oncologica e lo sviluppo tecnologico e trovare soluzioni concrete e sempre più mirate ai bisogni del paziente”.
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