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Agroalimentare settore strategico per l’Italia: è la prima filiera per contributo al Pil

L’agroalimentare è la prima filiera nel nostro paese per contributo al Pil, con una performance che vale 4,5 volte quella dell’automotive, 4,4 volte quella dell’arredo e 2,3 volte la filiera del fashion. Discordo diverso in Europa, dove il settore si piazza la 12° posto (contribuisce con il 3,8% contro la media europea del 4,1%).

Sono questi alcuni dei numeri che emergono dal report Settore food in Italia. Trend di consumo e modelli di business, curato da Valerio Mancini, direttore del Centro di Ricerca Divulgativo di Rome Business School, che posiziona la filiera al 15° posto per produttività, con una media di 45mila euro per addetto, inferiore alla media UE-27 di 52mila (-13%).

“Stiamo assistendo ad un’evoluzione del settore agroalimentare. Maggiore attenzione nella selezione degli ingredienti, provenienti possibilmente da allevamenti e impianti agricoli locali, controllo dei fattori salutistici dei piatti proposti all’interno dei propri ristoranti e più scelta vegetale sugli scaffali di botteghe e grandi supermercati, sono solo alcuni dei fattori determinanti di quelli che saranno i food trend da tenere d’occhio nel 2024”, dice Mancini.

Secondo lo studio, per raggiungere la produttività media della top- 10 in UE sarebbe necessario più che triplicare la dimensione media delle imprese del settore (da 3 milioni di euro medi per azienda a 10,1 milioni).

Un esempio viene dalla robotica agricola (l’Italia è tra i primi 5 paesi in UE per valore generato da questo mercato), capace di generare ricavi di 1.600 euro per ogni milione generato dall’agricoltura, il doppio del valore europeo. Per restare al passo, tuttavia, il settore dovrà continuare a evolversi per adattarsi alle nuove tendenze di consumo.

Quali sono i trend del 2024?

I consumatori sono sempre più responsabili ed esigenti, rivolgendo una maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale, che include cibi naturali, km 0 e meno processati, per prendersi cura della propria salute e dell’ambiente.

Un trend iniziato già nel 2022, come confermato dal Food Trends & Innovation Report dell’istituto di ricerca Censuswide, secondo cui il 46% delle persone in Europa si confermava interessato a conoscere la provenienza degli alimenti, prediligendo l’acquisto di quelli locali, dichiarandosi disposto a spendere di più per una migliore qualità degli ingredienti.

Nel caso dell’Italia, il 45% dei consumatori scarta i prodotti con conservanti, mentre il 66% predilige i prodotti bio (Cortilia, 2023). Un interesse particolare è rivolto alla carne coltivata (la FAO stima che avrà un mercato globale di 2,1 miliardi di dollari entro il 2033 e di 13,7 miliardi entro il 2043), gli alimenti plant-based, con un mercato di 162 miliardi di dollari entro il 2030, rappresentando il 7,7% del mercato globale delle proteine, secondo Bloomberg, e la contaminazione culturale.

E’ ormai un’abitudine consolidata tra gli chef incorporare spezie, foglie ed elementi che non solo arricchiscono i sapori, ma introducono nuovi profili aromatici e benefici nutrizionali, offrendo un’esperienza culinaria più ricca e diversificata.

AI e robot

In un’analisi del 2023, il New York Times stima che i ristoranti più audaci e improntati all’innovazione ricorreranno sempre di più all’AI per conoscere le preferenze dei clienti e personalizzare la loro esperienza:

“L’uso dell’IA in cucina potrà ottimizzare le operazioni del ristorante, dalla gestione dell’inventario alla previsione della domanda, migliorando l’efficienza e riducendo gli sprechi. Inoltre, tecnologie come la stampa 3D di cibo e i robot da cucina stanno iniziando a fare il loro ingresso nei ristoranti, promettendo di trasformare ulteriormente il modo in cui prepariamo e consumiamo il cibo”, afferma Mancini.

Secondo il report, nonostante la tecnologia porti grandi vantaggi, gli investimenti pubblici in Italia destinati alla ricerca e sviluppo del settore agricolo arrivano solo a 5,2 euro pro-capite, il 17º posto nell’Unione (media di 7,6 euro a persona). L’Italia infatti, Tra le prime quattro economie UE – Germania, Francia e Spagna – il nostro paese si colloca in ultima posizione.

A che punto è l’industria agroalimentare in Italia?

Della filiera agroalimentare italiana, l’agricoltura e l’industria alimentare e delle bevande ne rappresentano insieme quasi il 39% dell’intero valore. Più nel dettaglio, la fase industriale spiega oltre il 27% del totale e l’agricoltura un ulteriore 11%.

Completano il quadro il commercio all’ingrosso e al dettaglio, i quali insieme pesano per ben il 53% del totale. Infine, la ristorazione raggiunge un fatturato di quasi 45 miliardi, equivalenti all’8% del sistema complessivo (dati Crea Politiche e Bioeconomia, settembre 2023).

Secondo The European House – Ambrosetti, l’industria alimentare italiana è al terzo posto nella graduatoria dei paesi UE, dopo Germania e Francia, ma prima della Spagna, con un valore di quasi 67 miliardi di euro, risultando in un valore aggiunto sul PIL del 3,8% contro una media europea del 4,1%.

Se si considera in maniera estesa con le sue filiere a monte e valle, si generano 335 miliardi di euro di valore aggiunto, abilitando la generazione del 19% del Pil nazionale. Secondo Teha, l’agroalimentare italiano mantiene il primato in diversi settori industriali, come l’industria pastaria (73% del fatturato UE), oltre ad avere un ruolo importante nell’industria vitivinicola (28%), dietro alla Francia (36%) e davanti alla Spagna (20%).

Nei prodotti da forno e biscotti, l’Italia genera il 21% del fatturato europeo, superando Germania (16%), Spagna (13%) e Francia (12%). Tuttavia, la Germania guida nel segmento dolciario con il 27% contro il 16% dell’Italia. Nel settore del caffè, tè e tisane, invece, la Francia è leader con il 29%, seguita dall’Italia (17%) e dalla Germania (14%).

Il ruolo del food delivery

Il food delivery è un settore che muove un mercato da 1,8 miliardi di euro al mondo e un servizio che raggiunge il 71% della popolazione italiana, in continua crescita: secondo Teha, l’e-commerce alimentare tra il 2010 e oggi è aumentato mediamente del 39% all’anno.

In Italia tra i player principali ci sono Just Eat (51% della popolazione), Glovo (41%) e Deliveroo (39%), usati mensilmente dal 21% degli utenti, per la maggior parte persone tra 18 e 34 anni, secondo dati YouGov 2024.

Tra i cibi più ordinati in Italia ci sono la pizza (7 su 10 utenti affermano di ordinarla tramite delivery), seguita dal fast food con il 29% (pollo fritto, bibite gasate) e hamburger (28%). Gli italiani dimostrano di apprezzare i servizi e le app di food delivery per la comodità del servizio (61%), la possibilità di scegliere l’orario di consegna (40%) e di pagare online (35%), oltre alla rapidità della consegna (29%) e alla possibilità di monitorare l’ordine (27%).

Tuttavia, i principali punti di debolezza includono il cibo che si raffredda durante il tragitto (36%), i ritardi nelle consegne (24%), il costo elevato del servizio di consegna (19%), errori nei prodotti consegnati (16%), l’impatto ambientale degli imballaggi monouso (15%) e la difficoltà nel contattare il corriere (13%).

Negli ultimi anni, oltre ai “piatti pronti”, c’è stato un aumento anche dei meal kit a domicilio, cioè box contenenti gli ingredienti già dosati che opportunamente combinati permettono di realizzare una data ricetta. Secondo un’analisi di Statista, il mercato delle Meal Kit Delivery in Italia dovrebbe raggiungere un fatturato di 6,21 milioni di euro nel 2024, con oltre 23 mila utenti raggiunti nei prossimi 4 anni.

Nonostante questi dati, la ristorazione rimane un’eccellenza italiana e un comparto in continua crescita, con un incremento del +22% nel 2023, secondo Deloitte. “La food hotel experience e la ricerca di piccoli ristoranti che offrono menù a base di prodotti locali, quasi di nicchia, e generalmente prodotti direttamente, insieme a una sempre maggiore attenzione verso l’aspetto visivo dei piatti si confermano i trend del 2024”, conclude Mancini.

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