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Strategia

Stagnazione sociale, crescita più lenta, ottimismo che si sgonfia: il sogno cinese è in crisi

Il sogno cinese si sta spengendo? Qualsiasi partito comunista, per definizione, vorrebbe eliminare le classi sociali. Ma Deng Xioaping, il creatore della moderna Cina, ha fatto esattamente il contrario: le sue liberalizzazioni, iniziate nel 1978, hanno prodotto una crescita economica straordinaria, ma anche un forte aumento della disuguaglianza. E oggi, con l’economia in difficoltà, questa disuguaglianza è accettata molto meno. Nel 2018 il New York Times titolava: “Il sogno americano è ancora vivo. In Cina”. Sei anni dopo, le cose appaiono piuttosto cambiate.

Secondo due studiosi americani, Scott Rozelle e Martin Whyte, docenti rispettivamente a Stanford e Harvard, un tempo i cinesi credevano che talento e duro lavoro portassero al successo, nonostante le grandi disparità sociali. Oggi, invece, la convinzione diffusa è che contino di più le connessioni politiche e la ricchezza ereditata. ‘Tre generazioni nel tabacco’ è un’espressione che ha preso piede sui social media per descrivere questa élite che si autoalimenta distribuendo lavori ai propri simili (come nel monopolio del tabacco). I blogger ne discutono generando un seguito vastissimo. Lo scorso aprile un influencer con 850mila seguaci ha invocato il meme, e suoi follower lo hanno riempito di consensi. Il succo è chiaro: i figli dell’élite vanno avanti e i figli dei poveri rimangono poveri. L’altro termine usato spesso è shehui guhua, stagnazione sociale. Ed ecco che il partito comunista sembra alle prese con un problema sgradevole: una nuova lotta di classe.

Il calo dell’ottimismo

Fino a poco tempo fa, la disuguaglianza era compensata da una ragionevole speranza. Dal 1978 al 2018 l’economia cinese è più che raddoppiata ogni dieci anni, cosa che lasciava ampie praterie per l’ascesa sociale. Ma dopo la pandemia la crescita ha cominciato a incepparsi, nonostante la Cina primeggi in molte esportazioni tecnologiche, tra cui le macchine elettriche. L’immobiliare ha perso valore, i consumi languono. Il paese si è irrigidito anche per l’approccio più autoritario di Xi Jinping.

L’umore dei cittadini sembra molto meno allegro. Ecco altri numeri presi dalle ricerche di Rozelle e Whyte. I due hanno condotto i loro sondaggi nel 2004 e nel 2009, prima che Xi diventasse presidente, e li hanno ripetuti nel 2014 e nel 2023, con un campione che variava da 3mila a 8mila persone. Risulta che, dopo anni di speranza, l’ottimismo dei cinesi si sta sgonfiando. Nel 2004 quasi il 60% degli intervistati dichiarava che la condizione economica delle loro famiglie era migliorata, e lo stesso numero si diceva fiducioso per il futuro. Queste percentuali sono cresciute nel 2009 e nel 2014, con il 72,4% e il 76,5%, rispettivamente, a segnalare un miglioramento economico. Oggi la tendenza si è invertita. Lo spartiacque potrebbe essere stato il Covid. Nel 2023 solo il 38,8% percepiva un cambiamento positivo, e meno della metà, circa il 47%, si dichiarava ottimista per i cinque anni successivi. E nel frattempo i pessimisti sono passati dal 2,3% del 2004 al 16% nel 2023.

Il nepotismo in Cina

Ma torniamo al meme di protesta ‘tre generazioni nel tabacco’. Ha avuto una tale risonanza che quest’estate è stato ripreso anche da un servizio della tv di governo. “Il nepotismo prolifera negli angoli nascosti, e ce n’è ancora un bel po’ nelle aziende statali e nelle agenzie governative”, ha ammesso il giornalista. Xi, pur indirettamente, riconosce il problema. “In alcuni paesi, il crescente divario tra ricchi e poveri e il crollo della classe media hanno portato alla divisione sociale, alla polarizzazione politica e al populismo dilagante”, ha detto nel 2021. “Questa è una lezione utile anche per noi”.

Allo stesso tempo il leader cinese è cauto nell’aprire i rubinetti del welfare. Xi ricorda sempre che l’obiettivo è la “prosperità comune”, ma che troppo welfare produce “cittadini pigri”. L’economia però va aiutata, se ne rende conto, temendo di ripetere la deflazione giapponese degli anni ‘90. Finalmente, dopo molte resistenze, ha lanciato un pacchetto di stimoli, che sembra il più vigoroso degli ultimi anni. La questione è se riuscirà davvero a sollevare i consumi.

Ciò che succede in Cina, per certi versi, lo stiamo vivendo anche noi occidentali. La liberal democrazia, così storicamente legata al progresso e all’aumento del benessere, riuscirà a convivere con aspettative decrescenti? Perfino gli americani sono preoccupati, nonostante la loro economia abbia surclassato quella europea e di altri paesi ricchi. La morale è semplice: meno disuguaglianza e più crescita dovrebbero essere priorità di qualsiasi governo, regimi autoritari come democrazie.

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