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Innovation

Il percorso di Claudio Bassoli, presidente e ad di Hewlett Packard Enterprise Italia

Articolo tratto dal numero di ottobre 2024 di Forbes Italia. Abbonati!

Dai fondatori della società, William Hewlett e David Packard, ha appreso la lezione più preziosa: “Lavoro flessibile e per obiettivi, fiducia reciproca, impegno a migliorare il modo in cui le persone vivono e lavorano”. Insomma, le cosiddette ‘regole del garage’ che anche oggi sono fonte d’ispirazione per molti imprenditori. Claudio Bassoli, presidente e amministratore delegato di Hewlett Packard Enterprise Italia e vice president di Hewlett Packard Enterprise, ricorda quell’incontro come un momento straordinario. “Non solo perché in quell’occasione sono stato riconosciuto come uno dei 100 migliori venditori mondiali, ma perché, rapportandomi con i due fondatori, mi sono immediatamente reso conto di quanto loro tenessero al benessere delle persone e di quanto i valori su cui avevano basato la loro azienda fossero all’avanguardia”, ricorda.

Una tappa fondamentale di una carriera che in oltre 30 anni, fin dai tempi di Olivetti, l’ha portato a tagliare traguardi importanti. “Oggi dirigere una multinazionale di rilevanza globale sul territorio italiano è una grande responsabilità, piena di sfide quotidiane. Hpe rappresenta un osservatorio privilegiato, dal quale ho una vista lunga sulla trasformazione digitale nell’economia italiana, ritardi e difficoltà compresi. La mia speranza è che le imprese e la pubblica amministrazione sappiano investire nella tecnologia per il progresso del Paese”.

Sinergia tra pubblico e privato

Bassoli ritiene che l’Italia, pur non partendo da zero, debba puntare a colmare i suoi ritardi nel digitale, nel trasferimento tecnologico alle imprese, nel supporto finanziario alle startup innovative. Non solo manifattura d’eccellenza, quindi, ma investimenti “chirurgici e strategici” nella ricerca e nello sviluppo. Puntando a una sinergia tra pubblico e privato “per stimolare il fiorire di tecnologie che siano all’avanguardia e, al contempo, al servizio del sistema Paese”. Investimenti “in infrastrutture digitali robuste per supportare le applicazioni IA, come data center avanzati e reti di calcolo ad alte prestazioni, capaci di gestire grandi quantità di dati in modo efficiente e sicuro”. Nel contesto geopolitico e internazionale di oggi, “trattenere i dati all’interno del Paese è fondamentale per garantire la sovranità digitale, proteggere la privacy dei cittadini e ridurre la dipendenza da fornitori esteri, oltre che per rafforzare la sinergia di innovazione tra paesi culturalmente affini. Un ecosistema tecnologico solido creerà un ambiente fertile per l’innovazione e attrarrà investimenti sia nazionali che internazionali, oltre a favorire la permanenza di alcuni tra i nostri migliori talenti”.

Sfruttare i dati

L’Italia dispone di una straordinaria quantità di dati, che secondo Bassoli, se sfruttati attraverso l’IA e regolamentati con il Data Act, possono permettere un notevole sviluppo economico, soprattutto in settori tradizionali come il manifatturiero, il turismo, l’agroalimentare e la sanità. “Il mercato dell’IA in Europa potrebbe valere decine di miliardi di euro nei prossimi anni e l’Italia potrebbe giocare un ruolo chiave in questo contesto, specialmente potenziando la competitività delle sue pmi, che rappresentano oltre il 90% del tessuto produttivo”. Altro driver su cui l’Italia può puntare è l’accesso aperto ai dati attraverso il Data Act, che “potrebbe aumentare il Pil europeo del 2,5% entro il 2030, traducendosi in oltre 300 miliardi di euro in più di valore economico. Inoltre, l’adozione di soluzioni IA nel settore pubblico potrebbe migliorare i servizi e ridurre i costi, creando un ciclo virtuoso di efficienza”.

La sfida dell’intelligenza artificiale

L’intelligenza artificiale, se ben sfruttata, potrebbe permettere anche di affrontare alcune delle sfide più urgenti del Paese. Bassoli cita gli esempi dell’invecchiamento della popolazione e della gestione delle infrastrutture sanitarie. “Sfruttare appieno le potenzialità dell’IA e regolamentare in modo intelligente l’accesso ai dati con il Data Act non solo favorirebbe un nuovo miracolo economico italiano, ma potrebbe anche rendere il Paese un leader europeo nell’innovazione e nella trasformazione digitale”.

Una strada non priva di sfide. “La protezione della privacy e della sicurezza dei dati è fondamentale, specialmente per quanto riguarda l’elaborazione di informazioni sensibili, sempre più strategici nella competizione internazionale tra grandi potenze. Inoltre, l’impiego dell’IA nei processi aziendali potrebbe portare alla riduzione di posti di lavoro in alcuni settori, richiedendo un attento bilanciamento tra automazione e occupazione umana”.

In sintesi, opportunità e sfide, come in ogni rivoluzione, sono all’ordine del giorno quando si parla di IA. “Per questo, serve educazione, e non solo formazione, riguardo questa tecnologia e il suo impiego. È per questo che Hpe accompagna le aziende nel loro percorso di evoluzione digitale, affinché adottino una strategia equilibrata che sfrutti le opportunità, mitigando i rischi”.

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