Una nuova mossa accende il risiko bancario italiano. Ieri sera, Banca Mps ha lanciato un’offerta pubblica di scambio volontaria da 13,3 miliardi di euro su tutte le azioni ordinarie di Mediobanca. “Con questa operazione di natura industriale vogliamo segnare un nuovo approccio nel percorso di consolidamento del settore bancario che in maniera innovativa crea valore da subito sia per gli azionisti di MPS che di Mediobanca, e ritengo anche per l’intero sistema Paese”, ha dichiarato Luigi Lovaglio, amministratore delegato di Banca Monte dei Paschi di Siena in un comunicato ufficiale.
“Puntiamo a un nuovo campione nazionale, con due brand di eccellenza, che vogliamo proteggere e ancor più valorizzare. Un nuovo e moderno gruppo bancario altamente competitivo, leader in business specialistici chiave e con una forte solidità patrimoniale, che si pone l’obiettivo di svolgere in modo sempre più virtuoso il ruolo di sostegno a famiglie, imprese e comunità locali”, ha aggiunto Lovaglio, sottolineando che si tratterebbe di “una combinazione di business unica di talenti, know-how, brand e valori. La giusta sintesi per un’eccellenza italiana su cui costruire un futuro di crescita e innovazione a beneficio di clienti, dipendenti, azionisti e tutti gli altri stakeholder”, ha concluso Lovaglio.
Mps-Mediobanca: i dettagli dell’operazione
Partendo dal presupposto che l’offerta è prevista in chiusura entro il terzo trimestre, in termini di cifre, sul piatto ci sono 15,992 euro per azione per un concambio di 2,3 azioni Mps per ogni azione Mediobanca. Si tratta di un premio del 5.03% rispetto ai prezzi della chiusura di Borsa del 23 gennaio. Peraltro, al momento, i due titoli stanno viaggiando su due direzioni contrastanti. Mps sta cedendo il 7%, mentre Mediobanca sta guadagnando il 5%. “Il successo dell’offerta consentirà un’accelerazione nell’utilizzo delle DTA (deferrer tax asset) detenute da Mps, con un valore attuale netto stimato beneficio degli azionisti di Mediobanca aderenti all’offerta di 1,2 miliardi di euro, pari a circa il 10% dell’attuale valore di mercato di Mediobanca”, spiega in un comunicato ufficiale la stessa banca senese.
Entrando nel merito, il nuovo gruppo beneficerebbe di sinergie ante imposte a regime per circa 700 milioni di euro l’anno, di cui 300 rappresentate da sinergie di ricavo, 300 milioni da sinergie di costo e circa 100 milioni da sinergie di funding. “Le sinergie di ricavo saranno realizzate ampliando l’offerta di prodotti e servizi e rafforzando le competenze nelle diverse aree di business (per esempio credito al consumo, mutui ipotecari e asset gathering), insieme a una maggiore penetrazione nei segmenti chiave (per esempio pmi). Si prevede che
le sinergie di costo siano realizzate attraverso misure volte all’ottimizzazione delle funzioni centrali”, ha aggiunto Mps.
Gli incroci di potere
Quella tra Mps e Mediobanca è una partita a scacchi architettata da due azionisti principali. Stiamo parlando di Francesco Gaetano Caltagirone e la famiglia Del Vecchio (tramite la holding Delfin). Insieme, infatti, detengono il 14,7% di Mps (Caltagirone il 5,07%, la Delfin il 9,7%), e il 27,5% di Mediobanca (rispettivamente il 7,7% e il 19,8% ). Non dimentichiamo poi il Tesoro che, nonostante l’ultima vendita, è ancora il primo azionista di Mps con una quota pari all’11,7%.
Ma non è finita qui. Anche se indirettamente (ma non troppo in effetti), l’operazione infatti coinvolge anche un altro istituto: Generali, peraltro attualmente impegnata con la creazione della joint venture Natixis. Operazione che darebbe vita al maggior asset manager in Europa per ricavi, ma che non trova il favore di Caltagirone. Il quale detiene quasi il 7% della società, leggermente al di sotto della quota in possesso di Delfin (9,93%) e della stessa Mediobanca, primo azionista di Generali con il 13,10%. Un bell’intreccio che si inserisce in un’altra partita: quella tra UniCredit e Banco Bpm, dato che quest’ultima controlla il 5% di Mps.
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