Timothée Chalamet
Lifestyle

Dal successo di Dune al ruolo di Bob Dylan: Timothée Chalamet si racconta a Forbes

“Cosa sono i soldi? Un uomo ha successo se si alza la mattina e va a letto la sera e, nel frattempo, fa quello che vuole” crede Bob Dylan. Timothée Chalamet la pensa allo stesso modo. “Per me il mio lavoro è ancora la mia più grande passione e ossessione allo stesso tempo. Non potrei mai vivere senza. Recitare è l’amore più grande, come per Bob era la sua musica”.

Chalamet lo interpreta magistralmente in A Complete Unknown. Si giostra tra bellissime note, poetiche parole cariche di attivismo, magnifiche donne, quelle che hanno ispirato come muse la vita del grande musicista e cantautore, come Joan Baez e Suze Rotolo (chiamata nel film Sylvie Russo, perché Bob Dylan ha richiesto di non usare il suo vero nome), interpretata da Elle Fanning; la donna che si vede con Bob Dylan sull’iconica copertina del suo disco The Freewheelin’ Bob Dylan.

Ma, soprattutto, Timothée, 29 anni, rispecchia il coraggio di lottare per quello in cui si crede davvero prima di tutto. Nato e cresciuto a Hell’s Kitchen a Manhattan ha anche cittadinanza francese da parte di padre, mentre la madre è americana di origini ebraiche. Anche sua sorella Pauline è attrice. Timothée ha esordito a tredici anni. Tra i suoi film ci sono Lady Bird e Piccole donne, entrambi diretti da Greta Gerwig, in Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, per cui ha avuto la prima candidatura all’Oscar, e nei blockbuster Dune e Dune – Parte Due.

Secondo Celebrity Net Worth il suo patrimonio netto è di 25 milioni di dollari, dopo che Dune ha incassato 407 milioni di dollari al botteghino mondiale. Timothée è anche un’icona di stile, prediletto da tanti brand di moda, come Prada e Louis Vuitton. È brand ambasssador di Cartier, per gioielli e orologi, e di Chanel, per cui è il volto del profumo Bleu de Chanel.

Lei è anche produttore in A Complete Unknown, diretto da James Mangold. Come si è preparato per il ruolo di Bob Dylan?
Ho creduto profondamente in questo progetto, ci ho investito moltissimo personalmente. Ho cominciato a prepararmi cinque anni prima delle riprese, perché sapevo quanto Bob Dylan fosse un’icona e non volevo deludere le sue aspettative e quelle dei suoi fan. Ho studiato e alla fine sono arrivato a sapere tutto su di lui. Ma non mi bastava: volevo diventare lui. Non è stato facile… Mi sono immedesimato completamente in lui, rimanendo isolato sul set e facendomi chiamare come lui, ho cantato perfino 40 canzoni della colonna sonora, suonando la chitarra e l’armonica.

Cosa pensa di avere in comune con Bob Dylan?
Lo spirito di ribellione che ti porta ad avere contrasti, ad andare contro tutti e tutto in nome dell’arte. Poi, la ricerca di un equilibrio tra la persona che sono davvero e tutti i ruoli che ho interpretato che, in ogni caso, rimangono sempre dentro di me. Per Bob Dylan questa dicotomia era tra le canzoni che voleva scrivere, le storie che voleva raccontare, e lui stesso e il suo bisogno di conservare la sua riservatezza e la sua libertà.

Il film è basato sul libro Dylan Goes Electric! di Elijah Wald, del 2015. Nel cast c’è anche uno straordinario Edward Norton che recita Pete Seeger, noto cantante e cantautore folk e attivista..
Adoro il periodo in cui si svolge la storia che comincia quando Dylan si trasferisce a New York fino a quando osa presentare al Newport Folk Festival, nel 1965, la sua nuova canzone di musica elettrica invece che folk, provocando le proteste di molti amanti di quel genere e, perfino, dei suoi amici. La trama si sviluppa da quando Dylan non era ancora famoso fino a quando raggiunge la fama. La musica è davvero bellissima. E, nel film ci sono tanti altri musicisti famosi, come la figura di Johnny Cash, che supporterà Dylan, nonostante tutto, nel seguire i suoi sogni e nello sperimentare. Questo film è un viaggio, una scoperta, che spinge ad avere coraggio e andare avanti per la propria strada, anche se questo comporta il non piacere a tutti. E, infine, è una lettera d’amore alla mia New York, che tanto amo e dove mi piace perfino adesso, dopo tanti anni, perdermi a camminare per le strade, nel Village proprio come Bob, o tra i miei luoghi inseguendo la miriade di ricordi dal passato della mia infanzia al presente.

Come ha deciso di diventare attore e cosa consiglia a quelli che vogliono intraprendere la stessa professione?
Per un certo periodo non sapevo bene che direzione prendere, mi iscrissi alla Columbia University, poi a un’altra scuola. Ma poi il lavoro cominciò a prevalere e mi ci dovetti dedicare totalmente. Il mio problema era che avevo per diverso tempo la testa tra le nuvole: sognavo di recitare da sempre e mi facevo guidare dall’istinto, senza essere molto pratico. Fu durante la pandemia che mi confrontai davvero con me stesso e decisi che dovevo focalizzarmi su obiettivi precisi e non disperdere il mio tempo. E ha funzionato. Consiglio, quindi, di rimanere sempre con i piedi per terra, anche quando si diventa famosi.

È vero che Leonardo Di Caprio le ha consigliato di non prendere droghe pesanti e di non scegliere un ruolo da supereroe?
In effetti, è stato un buon consiglio!

Tra i suoi successi maggiori ci sono i blockbuster Dune..
Ho deciso di prendervi parte, perché era un’ottima opportunità per lavorare con il regista Denis Villeneuve, che, in tutti i suoi film dedica particolare attenzione ai suoi personaggi. Ha ispirato moltissimo sia me che Zendaya. Entrambi ci siamo fidati totalmente di lui e pensavamo che fosse il regista adatto per affrontare un progetto tanto vasto dal punto di vista creativo e personale, dopo due grandi film di fantascienza come Arrival e Blade Runner 2049. Denis è in grado sia di gestire momenti spettacolari e grandiosi che i rapporti interpersonali, con una profonda cura dei dettagli. Mira alla perfezione e alle emozioni, come me in fondo.

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