Si chiama Nikola Corporation. E avrebbe dovuto essere la futura Tesla dei camion elettrici. Invece è andata a sbattere contro il famoso Chapter 11, presentando un’istanza volontaria di fallimento e mettendo in liquidazione i suoi asset entro la fine di marzo 2025. Oggi Nikola è roba che scotta. Il titolo che nel 2020 valeva la bellezza di 280 dollari, sulla spinta rivoluzionaria di creare veicoli pesanti alimentati ad elettricità, è sceso a 0,26 dollari per azione e la sua capitalizzazione è passata da 27 miliardi di dollari a meno di 35 milioni.
L’investimento mancato degli Elkann
Ma gli Elkann cosa c’entrano in tutto questo? Niente per loro fortuna, però hanno corso un grosso rischio perché nel 2019 Cnh Industrial, controllata da Exor, la holding della famiglia Agnelli-Elkann, aveva annunciato un investimento strategico di 250 milioni di dollari in Nikola con l’obiettivo di produrre camion a zero emissioni e rivoluzionare il settore dei trasporti pesanti. Poi però l’operazione non è arrivata al closing. Ma il rapporto tra Torino e Nikola si è chiuso solo nel maggio 2023 quando Iveco ha messo fine alla joint venture con Nikola per lo sviluppo di camion elettrici e a idrogeno, rilevando la partecipazione europea e ottenendo la licenza per l’uso del software sviluppato in comune.
La separazione era costata a Iveco un impatto negativo di 44 milioni di euro, ma si è rivelata una mossa strategica per evitare ulteriori perdite. Nikola, da parte sua, aveva ottenuto la licenza per la tecnologia Iveco S-Way per il Nord America e la proprietà congiunta degli assali elettrici sviluppati con Fpt Industrial. Tuttavia, neanche questo accordo è riuscito a salvare l’azienda dal declino. In compenso gli Elkann possono tirare un sospiro di sollievo.
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