di Federico Alberto Pozzi,
Senior Solution Expert Analytics & Customer Intelligence SAS
Rispetto al passato le aziende oggi per riuscire ad avere una efficace strategia di Customer Experience devono rivedere tutto il processo di vendita: se in passato si dava più attenzione al prodotto e a ciò che ruotava attorno ad esso (dagli acquisti delle materie prime alla distribuzione), oggi è necessario focalizzare l‘attenzione, da un lato sui processi interni, dall‘altro, su tutto ciò che porta un prodotto o un servizio
a essere venduto. Esigenze che richiedono una vista sul cliente pervasiva in tutti i processi aziendali.
L‘esempio di Amazon è certamente inflazionato ma continua a rendere benissimo l‘idea del cambiamento rivoluzionario: oggi le persone acquistano su Amazon per la semplicità non solo dell‘acquisto e del pagamento ma anche di tutto ciò che ci sta intorno: dalla scelta del prodotto fino al servizio eccellente nella gestione dei resi; dalla valutazione di chi ha già fatto un‘esperienza d‘acquisto alla socialità con gli altri utenti.
Tutta questione di fiducia!
Ci si è spostati da una vendita ‘prodotto centrica’ a un modello di proposta che oggi definiamo ‘esperienziale’ proprio perché ci si riferisce all‘esperienza che vive un cliente/utente nella relazione
con un brand o un‘azienda, di qualunque natura essa sia (di acquisto/vendita, di assistenza, di comunicazione, ecc.). Oggi persino il packaging è diventato ‘esperienziale’, al punto che ci sono youtuber
che realizzano video cosiddetti di ‘unpackaging’ dove mostrano com‘è confezionato un prodotto, quali caratteristiche ha il packaging e che scelte ha fatto il brand, cosa contiene la confezione e cosa ci si può aspettare dal pacco che si riceve, e via dicendo.
Fa tutto parte di quella che oggi è comunemente descritta come sharing economy dove il termine sharing non deve far pensare solo al prodotto ma anche all‘esperienza: le persone vogliono condividere
informazioni, ricordi, conoscenza, esperienze. Per un brand entrare a far parte di questa sharing economy, nella sua accezione più legata all‘experience, significa instaurare un rapporto di fiducia con gli utenti, vero pilastro che genera e alimenta la relazione tra persone e aziende.
Oggi la customer experience è diventata per certi brand non solo una vera e propria cultura ma anche una disciplina di business (Customer Experience Management) all‘interno della quale il concetto di ‘trust’ trova una collocazione anche nei modelli B2B e si declina sia nella fiducia tra le persone che lavorano insieme
all‘interno o all‘esterno di una organizzazione, sia nella fiducia tra un‘azienda e i suoi partner.
Uno scenario che trova conferma nei numeri di mercato: secondo le previsioni di Report Buyer, le dimensioni del mercato globale della Customer Experience Management dovrebbero raggiungere
i 32,5 miliardi di dollari entro il 2025, con un tasso medio di crescita annuo del 22,9%1. Panoramica confermata anche da Research And Markets che prevede si possano superare i 21 miliardi di dollari nel
volume d‘affari globale attorno alla Customer Experience Management già prima del 20242.
Customer Journey, non ci si può fermare al proprio giardino
Nonostante queste previsioni di crescita, le aziende devono ancora fare i conti con delle problematiche irrisolte, prima fra tutte la gestione dell’esperienza degli utenti in una logica di customer journey che tenga conto della persona in un percorso (ed esperienza) di acquisto che va ben oltre i confini del giardino della propria azienda. Come consumatori, quanto ci irrita il fatto di vedere su Facebook la pubblicità di un prodotto che abbiamo già acquistato su Amazon? La Customer Experience su Amazon magari è stata
fantastica, ma dopo aver già acquistato un prodotto vederne lo spot su un altro canale diventa fastidioso; anche se sappiamo bene che le piattaforme sono differenti e rappresentano due aziende completamente
diverse, quel contenuto non ha più valore per l’utente. Ciò che ancora manca nelle aziende è la visione d’insieme, la consapevolezza che la customer experience va costruita tenendo conto di tutti i punti di contatto che consentono a un‘azienda di relazionarsi e interagire con i propri clienti.
Paradossalmente potremmo anche non parlare più di omnicanalità: tutti i punti di contatto e relazione devono essere integrati e incrociarsi in una visione più ampia; il canale in sé perde d‘importanza
(se non per il fatto che debba ovviamente essere gestito come asset aziendale), il cuore dell‘esperienza del cliente si modella attraverso contenuti coerenti e personalizzati, servizi di valore, proposte capaci di ‘deliziare’ l’utente. Insomma, attraverso strategie e azioni che consentono di costruire quella fiducia che porta poi un brand a essere riconosciuto e apprezzato.
È l’analisi real-time che fa la differenza
Per arrivare a uno scenario in cui un‘azienda riesce a offrire contenuti personalizzati e servizi precisi rispetto alle reali esigenze di ciascun cliente, è necessario avere una padronanza estrema sui dati interni all’azienda. Panorama che si complica ancor di più se pensiamo all‘IoT e al fatto che oggi dati estremamente utili al customer journey possono arrivare anche da sensori, device, ‘cose’ connesse che offrono un patrimonio di dati utilissimo al business e che, ancor di più, se ben analizzati, offrono una vista dettagliata di come le persone utilizzano certi prodotti e servizi. Una conoscenza che fino a qualche anno fa era impensabile sia per le persone dell’IT, sia per le persone di business che si occupano di marketing, vendite, supply chain, e anche produzione, manutenzione, ecc.
Per arrivare ad avere questa conoscenza granulare è necessario dotarsi di piattaforme flessibili e scalabili che tengano conto dei nuovi processi di acquisto delle persone, innanzitutto, ma anche delle nuove abitudini dei consumatori (dalla condivisione degli acquisti fatti alla richiesta di informazioni fino alle community online e ai social network). Se, come abbiamo visto, la conoscenza del cliente è la base necessaria da cui partire a costruire il customer journey, fiducia e relazione si creano con la capacità di dare risposte e valore ai bisogni degli utenti/clienti: quanto più queste sono in real-time, tanto più fiducia e relazioni si solidificano. La risposta ad un bisogno o un ‘desiderio’ deve arrivare quando il bisogno si presenta (meglio ancora, quando si intercetta): solo un‘analisi real-time lo permette.
Deliziare il cliente quando ha bisogno di te
Oggi quello finanziario è forse uno dei settori che più ha dimostrato di poter ‘cambiare pelle’ offrendo accanto ai prodotti tradizionali (credito alle imprese, operazioni bancarie, ecc.) una serie di servizi molto vicini al concetto di ‘cura del cliente’ alla base della nuova idea di experience. Se la fiducia tra una banca e un cliente si è sempre costruita su pilastri come affidabilità e sicurezza di un istituto di credito, oggi questi valori vengono dati quasi per scontati e la relazione deve essere alimentata attraverso altre fondamenta. Pensiamo, per esempio, a un cliente che si trova in vacanza all‘estero e vuole fare acquisti ma ha quasi raggiunto il tetto massimo del plafond mensile della sua carta: che tipo di customer experience potrebbe ‘regalargli’ la banca? Concedergli un extra plafond in real-time e per il tempo limitato della sua vacanza. Per farlo occorre un‘analisi avanzata del cliente, delle sue abitudini, della sua posizione debitoria e del suo grado di rischio. Il cliente sarà deliziato di ricevere la ‘buona notizia’ attraverso la mobile app dell‘istituto o, perché no, un messaggio whatsapp. Non è forse il sogno di tutti i clienti di un‘azienda?
Cosa significa Customer Experience? Quali sono i driver che la compongono? Quali sono le esperienze/le storie di successo di aziende e imprenditori? Come si stanno muovendo per raggiungere i propri clienti secondo le modalità attese e più efficaci sia per il consumatore che per l’azienda? Il magazine Trend Customer Experience racconta le nuove tendenze della relazione tra brand e consumatore attraverso best practice, contributi di esperti e approfondimenti sui modelli di business e le tecnologie.
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