I rapporti – economici – tra Italia e Cina sono sempre più stretti e durano ormai da 40 anni. Un lungo periodo che ha sancito rilevanti accordi tra le città di Milano e Shanghai, due realtà metropolitane con grande potenziale che pur se un tempo distanti, oggi hanno “molti punti comuni di visione e di traguardi che le rendono sempre più vicine e legate tra di loro”, ha spiegato a Forbes.it Stefano Mologni, presidente del Comitato Moda e Creatività Italia-Cina. E pochi giorni fa a Palazzo Marino tre importanti aziende italiane della moda, del food e della gioielleria, quali Salvatore Ferragamo, Alma scuola italiana di cucina e Pasquale Bruni, hanno firmato nuovi accordi di cooperazione con Jing’ An, considerata la Manhattan d’Oriente e il più importante distretto economico di Shanghai con un milione di abitanti e 6mila aziende internazionali.
Con Mologni abbiamo cercato di scorgere la traiettoria evolutiva che potrà prendere il rapporto tra Milano e Shanghai.
Quali sono le opportunità di business che le aziende italiane possono trarre dai rapporti, ormai quarantennali, con la Cina e in particolare con Shanghai?
Shanghai è una città in continua evoluzione in cui il mercato cambia ogni anno a ritmi sempre più veloci, così come le opportunità, insieme alle sfide e alle difficoltà. Proprio per questo le aziende italiane sia già presenti in Cina che non, ancora possono e devono guardare a questo mercato e ai sui sviluppi anche con riguardo ad accordi e rapporti istituzionali. Soprattutto in Cina il governo ha un’importanza sulle decisioni economiche del paese molto forte e questi rapporti con l`Italia favoriscono la conoscenza, l’apertura e le relazioni verso il mercato italiano da parte cinese. Le aziende italiane possono e devono sfruttare queste relazioni per aprire nuove porte verso la Cina ed entrare in contatto con realtà e partner locali che possono favorirne la loro internazionalizzazione.
I cinesi sembrano apprezzare molto il design made in Italy, lo scorso anno l’edizione del Salone del Mobile a Shanghai ha registrato ottimi risultati. A novembre ci sarà il quarto appuntamento. L’asse Italia-Cina pare stia portando i suoi buoni frutti negli ultimi anni…
Sì, il Salone del Mobile è diventata la fiera italiana più di successo e conosciuta in Cina. Sicuramente un ottimo lavoro e un risultato a cui bisogna guardare nel medio-lungo termine. Per mia esperienza la Cina è sì un’opportunità, ma bisogna investire con un’ottica di lungo termine. Questo, considerando la sua dimensione di mercato e la conseguente complessità di gestione. Il Salone del Mobile così come la Moda sono stati fondamentali per portare in Cina la conoscenza dello stile di vita italiano e il suo apprezzamento. Tutti concetti e valori che possono giovare di riflesso a tutte le aziende italiane che vogliono arrivare in Cina.
Shanghai è considerata la capitale economica della Cina, stesso ruolo attribuito a Milano in Italia. Cosa accomuna queste due città, un tempo distanti?
A mio avviso direi che sono tre le cose che accomunano di più queste due città: primo, la voglia di fare, secondo la loro visione all’internazionalizzazione e l’apertura verso il mondo e per finire lo stile di vita dei loro abitanti. Ovviamente questi valori vengono espressi diversamente nelle due città ma vi sono molti punti comuni di visione e di traguardi che oggi fanno sì che siano sempre più vicine e legate tra di loro.
In cosa consistono gli accordi siglati da qualche anno tra via Montenapoleone e Nanjing Road, la famosa via dello shopping di Jing’ An?
Gli accordi tra queste due vie sono stati sviluppati a partire da Expo 2015 quando è stato siglato il primo gemellaggio tra il distretto di Jing’ An e il suo omonimo in Italia a livello istituzionale, Municipio della Zona 1. Gli accordi nello specifico prevedono la realizzazione di attività congiunte per la promozione dello stile di vita italiano in Cina e l’attrazione del turismo cinese e dei consumatori di alto di gamma in Italia. Lo scorso anno abbiamo lanciato a Shanghai in occasione della prima China International Import Expo la MonteNapoleone Gala Night, una cena di Gala per celebrare la moda e lo stile di vita italiano in Shanghai. Un evento che ha avuto molto successo e, in cooperazione con il distretto di Jing’ An, verrà ripetuto anche quest’anno in occasione della quarta edizione del Salone del Mobile di novembre quando i festeggiamenti per i 40 anni si sposteranno a Shanghai. L’obiettivo invece per il prossimo anno è di portare a Shanghai il format della Vendemmia di MontaNapoleone.
Riguardo invece ai nuovi tre accordi di cooperazione figurano tre prestigiose realtà italiane appartenenti al mondo della moda, del food e della gioielleria. Quali i progetti previsti per la crescita di queste aziende sul mercato cinese?
Ogni azienda ha piani diversi di sviluppo che ovviamente dipendono dalle loro abilità e caratteristiche. Abbiamo scelto tre realtà diverse proprio per dare opportunità diverse. Da Salvatore Ferragamo, un’azienda già fortemente presente in Cina e con grandi dimensioni, ad aziende come Pasquale Bruni e Alma, non ancora presenti in Cina e con dimensioni di fatturato sicuramente inferiore. Sono tutte e tre eccellenze per la moda, la gioielleria, la cucina italiana, ma con diverse caratteristiche e dimensioni. I progetti che abbiamo in discussione con loro saranno conseguentemente diversi: con Salvatore Ferragamo stiamo lavorando per portare delle mostre sulla cultura della moda italiana a Shanghai, con Pasquale Bruni ed Alma invece per la ricerca di un partner locale che le aiuti a svilupparsi a livello commerciale con l’apertura di una prima boutique per Pasquale Bruni e una scuola per la conoscenza della cucina italiana con Alma.
I consumatori cinesi, sempre più numerosi, stanno diventando ormai necessari per le aziende d’alta gamma. La Cina rappresenta oltre il 30% del consumo globale dei prodotti di lusso e secondo gli ultimi report continuerà a crescere. Come le aziende italiane dovrebbero approcciarsi al mercato e alla cultura cinese?
La Cina è ormai un mercato fondamentale e lo diventerà sempre di più nei prossimi anni. Ma è un mercato diventato ormai molto competitivo e anche molto caro, in cui gli investimenti per entrare sono alti e con ritorni di medio e lungo termine. Non è più la Cina di 10 anni fa. Abbiamo visto tanti errori di interpretazione della cultura cinese negli ultimi anni, sicuramente non realmente voluti dai marchi, ma causati da una non completa conoscenza della cultura cinese. Vista la complessità del mercato, quindi, una soluzione per le aziende di grandi dimensioni potrebbe essere quella di dotarsi di un “risk culture manager” al proprio interno che sappia valutare le situazioni e monitorare i cambiamenti.
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