Vendi e pentiti. E’ probabilmente questo il sentiment degli operatori che stamane, dopo la pubblicazione dei conti di Ferrari, hanno deciso che è arrivata l’ora di incassare i profitti di una stagione favolosa. A metà mattinata, infatti, il titolo della Rossa ha toccato i massimi (per ora) a quota 105,30 euro, ovvero +119,72% rispetto ad un anno fa (+82% da inizio 2017). “Mi avessero detto a gennaio che avremmo superato i 100 euro – ha scherzato domenica scorsa Sergio Marchionne parlando alla manifestazione del Mugello – avrei detto che sarebbe stata una follia”.
Invece la realtà ha superato i sogni.
I ricavi netti sono cresciuti a 836 milioni, in aumento del 6,7% (+9,3% a cambi costanti) ma l’Ebitda adjusted è cresciuto del 30,4% a 266 milioni mentre l’utile netto adjusted è in aumento del 24% a 141 milioni. L’indebitamento industriale netto è sceso a 485 milioni dal 31 dicembre 2016.
In base ai risultati il gruppo ha rivisto al rialzo le prospettive per il 2017. A fine anno le consegne saliranno a 8.400 unità, comprese le supercar che portano super profitti. Nel trimestre sono stati consegnate 2.046 vetture. I ricavi netti sono previsti a 3,4 miliardi, in aumento rispetto a 3,3 miliardi. Rivisto all’insù anche l’Adjusted Ebitda (margine operativo lordo): 1 miliardo, in aumento rispetto a 950 milioni. A fine anno, infine, l’indebitamento industriale netto scenderà sotto i 500 milioni.
Di fronte a questi numeri sorge spontanea una domanda: la festa è finita? Oppure c’è ancora margine per un ulteriore sprint? Gli analisti, per lo più, ritengono che, allo stato delle notizie, ci siano ancora margini di crescita seppur contenuti. Questa mattina, quindi prima della pubblicazione dei conti, Mediobanca Securities ha confermato la raccomandazione outperform e il prezzo obiettivo a 109 euro sul titolo, Banca Imi buy con un target price a 110,5 euro, lo stesso giudizio di Equita che però ha un target price a 110 euro. Mentre Banca Akros ha un rating accumulate e un target price a 105 euro.
Il giudizio cambia se si guarda alla prossima primavera, quando uscirà il business plan che Sergio Marchionne, sempre più concentrato su Maranello, presenterà agli analisti. Sarà l’occasione per capire l’evoluzione dei modelli della Rossa, soprattutto se l’azienda cederà alla tentazione di produrre un Suv (ipotesi sdegnosamente smentita fino a pochi mesi fa). Nel frattempo due considerazioni aiutano a rafforzare le chances ed il fascino della Rossa.
Ferrari, vettura tutta italiana in un gruppo sempre più globale, è il simbolo dell’accelerazione dell’economia italiana. L’industria macina record su record sul fronte dell’export, come dimostra l’avanzata della bilancia commerciale. L’attività manifatturiera è cresciuta a ottobre al ritmo più rapido da oltre sei anni e mezzo. L’indice Pmi (Purchasing Managers Index), è balzato a ottobre a 57,8 punti da 56,3 di settembre, è il quattordicesimo mese consecutivo oltre la soglia dei 50 punti che separa “crescita” da “contrazione”.
Tra pochi giorni il Design Museum di Londra inaugurerà la mostra Ferrari, Under the Skin, ultimo esempio di un mito che finora ha procurato ottimi profitti. Un esempio? Nel 1978 Nick Mason, batterista dei Pink Floyd, ha comprato una Ferrari GTO del 1962 per 42.500 sterline. Oggi vale almeno 30 milioni.
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