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La Borsa ha tradotto in crolli quel che tutti temono. Ecco invece cosa potrebbe sorprenderci

(Michael Nagle/Getty Images)

di Giacomo Damian

Per i mercati i lunedì 9 marzo non sono un giorno qualunque. Esattamente come oggi, undici anni fa era un lunedì dalla disarmante bellezza di un giorno di quasi primavera sorto su un paesaggio desolante: l’industria aveva fermato i propri ingranaggi. Eravamo reduci da una delle più gravi crisi finanziarie della storia e l’economia, secondo le previsioni dei maggiori centri studi, rischiava di sprofondare in un nuovo ‘29.

In quell’aria stantia l’unica ventata fresca fu l’elezione come nuovo presidente americano di Barack Obama che, pur se in carica da poche settimane, affermò che era arrivato il momento di acquistare azioni in ottica di lungo termine. Un consiglio doveroso vista la situazione depressiva ma che incredibilmente di lì a poco i mercati avrebbero ascoltato. Eravamo di fronte a ribassi generalizzati in tutto il mondo e nessuno vedeva la fine del tunnel anzi, molti economisti si preparavano ad arredarlo. L’unica voce a levarsi fuori dal coro fu quella di Doug Kass fondatore dell’hedge fund Seabreeze. Sembra che sia stato uno dei primi a dare la “chiamata” al rialzo quando venerdì 6 marzo 2009 l’analista, con grande coraggio, lanciò il suo buy. Per molti era una follia, l’indice S&P500 era in calo del 57% dai massimi del 2007, lo Stoxx del 61% e Milano del 71%. Il coro unanime voleva un allineamento al ribasso sul 90%. La storia fu di opinione diversa, perché da quel giorno a oggi c’è stata l’inversione: Wall Street ha inanellato 10 anni di rialzi che l’hanno portata a un +320% dai minimi del 2009, +137% per le borse europee e fanalino di coda Milano con un modesto +65%.

Sembrava un giorno qualunque quel 9 marzo 2009, una classica giornata di pausa tra il black friday precedente e una nuova giornata nera che presto si sarebbe palesata, invece si gettarono le basi per una grande costruzione rialzista. Il giorno successivo, martedì 10 marzo, sarà ricordato come uno di quei giorni con rialzi da record. Rialzi all’apparenza estemporanei ma che segneranno una riscossa. In quei giorni Ben Bernanke, l’allora presidente della Fed, in una dichiarazione davanti alla commissione bilancio del senato americano, disse: “E’ meglio agire con decisione oggi per risolvere i nostri problemi. L’alternativa potrebbe essere quella di un episodio prolungato di stagnazione economica che non solo contribuirebbe a un ulteriore deterioramento della situazione fiscale ma implicherebbe anche bassa produzione, bassa occupazione e bassi redditi per un lungo periodo”. Dichiarazione che venne tradotta nei fatti nelle seguenti misure esecutive: repentino taglio dei tassi di interesse a livello zero, iniezione di liquidità a sostegno del sistema bancario, per non bloccare il canale dei finanziamenti e successivamente l’invenzione e l’attuazione dei quantitative easing monetari che si sono riprodotti negli anni quasi quanto i sequel di Rocky Balboa. Stimoli monetari, alchimie finanziarie e qualsiasi altra fantasia la finanza possa immaginare, che ancora oggi come undici anni fa potrebbero servire a sostenere l’impianto delle borse.

Ieri, lunedì 9 marzo 2020, undici anni di rialzo dopo, il toro ha trovato davanti a sé un nuovo ostacolo da superare. Ieri si chiamavano mutui subprime, oggi si chiama coronavirus. Piazza affari a Milano ha chiuso a -11,17%. Un Black Monday. Una giornata che secondo gli esperti non sarebbe dovuta accadere perché i mercati sono in totale choc. A dirlo in un tweet è Giovanni Tamburi, fondatore di TIP, con l’intenzione di richiamare l’attenzione di Borsa Italia e Consob, scrive “come a New York hanno chiuso i mercati per vari giorni dopo l’11 settembre, noi possiamo benissimo, anzi dobbiamo farlo. L’emergenza che sta vivendo l’Italia oggi è ad un livello d’eccezionalità mai visto a parte le guerre”. Una dichiarazione che in seguito spiegherà motivandola con l’attuale incertezza generale che si trasmette sugli scambi che già da giorni risultano fortemente falsati. Anche da informazioni sbagliate e fuorvianti ma più che altro “perché il risparmio delle persone meno informate specie in un Paese come il nostro, va rispettato, in maniera particolare in giorni in cui a moltissimi operatori è stato impedito fisicamente (per decreto legge da oggi) di andare in ufficio per cui gli scambi saranno ancora più falsati.” Dall’altra c’è chi la pensa in maniera opposta, come il finanziere e scrittore Guido Maria Brera, che sostiene che i mercati devono fare il loro corso, perché i mercati li puoi anche chiudere, il problema è poi riaprirli. New York lo fece in modo eccezionale successivamente all’11 settembre, per tutta la settimana. Una volta riaperti, si scatenarono le vendite. Un ribasso che si sarebbe prolungato per un altro anno e mezzo fino al marzo del 2003 con lo scoppio della guerra in Iraq. In mezzo però ci sono state lo scandalo Enron, il fallimento dell’Argentina, e tutti gli scandali contabili che hanno affossato Wall Street.

Siamo oggi nella stessa situazione in cui un coronavirus scoperchia un vaso di Pandora? Secondo Scott Minerd, capo degli investimenti di Guggenheim, “pare che la bolla di tutto (everything bubble) sia prossima a scoppiare” e i motivi per credergli non mancano. Gli eccessi in questo momento sono ovunque, dalla liquidità ai tassi sui Bond a rendimento zero o sotto, alle quotazioni di borsa che, come scritto sopra, corrono da dieci anni e si trovano tuttora su record storici e al debito che è oramai dilagante ovunque. Nouriel Roubini ha detto che il coronavirus sarà l’occasione per una nuova catastrofe internazionale, ma Roubini non è nuovo a queste nefaste previsioni. Come dice il politologo Yascha Mounk, l’economista ha previsto otto delle ultime due crisi, ma non è l’unico a preoccuparsi in questo momento. La Fed pochi giorni fa ha agito con un primo taglio dei tassi secco dello 0,5% e in tutta risposta, i mercati hanno reagito con una nuova discesa. Secondo Giuseppe Sersale, gestore di Anthilia, la mossa della Fed così brusca e improvvisa lascia intendere una profonda preoccupazione. Sono in molti in questo momento a ripetere che le munizioni delle banche centrali sono ridotte se non esaurite.

Se il 9 marzo del 2009 ci ritrovavamo in una situazione con le borse ai minimi e potenzialità monetarie elevate, oggi ci troviamo con borse ai massimi e potenzialità monetarie esigue. Larry Summers, voce importante dell’economia americana ed ex segretario al Tesoro di Clinton, ha dichiarato che quando hai poche munizioni non le devi sprecare e che i tassi di interesse non curano il coronavirus e non riparano la catena del valore. È una dichiarazione che rischia di creare rassegnazione, però è anche vero che frasi di questo tipo si sono sentite ripetere sia dopo la tragedia 2001 con Greenspan e sia nella stagione 2008/2009 con Bernanke e tutte le volte le banche centrali come laboratori finanziari hanno creato nuovi strumenti per sconfiggere nuovi tipi di crisi, per ogni crisi sono sempre riuscite a creare un nuovo vaccino. Quale sarà la prossima invenzione? Olivier Blanchard, ex capo economista del Fmi, più di un anno fa disse che la prossima crisi avrebbe permesso alla Fed di fare un salto di qualità permettendole di comprare direttamente azioni o addirittura beni. A oriente il Giappone, attraverso la sua banca centrale lo sta già sperimentando, avendo acquistato indici di borsa attraverso lo strumento degli Etf. All’appello manca solo madame Lagarde che per ora tace e non si muove. Oppure basterebbe seguire la via della seta, l’epicentro della crisi. La Cina infatti approfittando della festività del Capodanno ha deciso di chiudere la borsa e al tempo stesso iniettare grandi dosi di stimoli fiscali e monetari. I mercati hanno sofferto ma poi hanno recuperato tutto. In fondo, come diceva Confucio, non conta di che colore sia il gatto, conta che prenda il topo. Tradotto nel linguaggio cinico dei mercati, qualsiasi sia la soluzione basta che funzioni.

 

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