Articolo apparso sul numero di settembre 2020 di Forbes. Abbonati
Da ragazzo alla classica domanda ‘cosa vorresti fare da grande’ non riuscivo a dare una risposta sicura, ma la mia grande passione da sempre è stata quella di ideare, sviluppare e realizzare materialmente ciò a cui pensavo. Proprio come un inventore”. Poi il tempo, la passione e alcuni episodi hanno fatto il resto, portando il ventinovenne Marco Zani a fondare nel 2016, durante gli studi ingegneria dell’automazione, Mark One, startup innovativa che progetta e realizza stampanti 3D per il settore industriale. Durante il suo primo tirocinio universitario, discuteva con i colleghi delle pinze di un robot che lui stesso aveva disegnato. “Alla mia domanda su tempi e costi, la risposta che ebbi era più di un mese e 400 euro”, ricorda. “Per me fu scioccante dal momento che per produrle bastava un giorno e una manciata di euro”. Con l’obiettivo di ottimizzare i processi produttivi delle aziende e implementare l’additive manufacturing, Zani ha così cominciato a concepire concretamente le sue prime idee nel mondo della stampa 3D, che poi depositò come brevetti otto anni più tardi.
L’occasione per farsi conoscere si è presentata durante l’Expo 2015 quando espose la sua prima stampante 3D. Il vero punto di forza di questa tecnologia dirompente è la possibilità di adattarsi ed essere flessibile alle esigenze del cliente: e cioè sviluppare macchine personalizzate, curandone l’intero processo di realizzazione. A chi si rivolge? Gli interlocutori di Mark One sono soprattutto i reparti di ricerca e sviluppo delle aziende. Ad oggi Mark One ha all’attivo importanti collaborazioni, l’ultima delle quali, annunciata proprio quest’anno, con il team cinque volte campione del mondo Kawasaki Superbike, “che ci ha scelto per cambiare e migliorare il processo tradizionale di ricerca e sviluppo e supply chain supportato anche da Kawasaki Giappone”. Ma le collaborazioni hanno investito diversi settori di business: con l’Istituto Ortopedico Rizzoli ha realizzato il primo trapianto di caviglia al mondo stampata in 3D; con la multinazionale di elettrotecnica Abb Italia ha sviluppato soluzioni industriali; con il Politecnico di Milano ha creato il primo razzo stampato in 3D che ha raggiunto i 540 km/h; insieme all’Agenzia spaziale italiana ha supportato le aziende nell’introduzione della tecnologia 3D. Tra i suoi ultimi progetti c’è anche la prima stampante 3D al mondo dedicata ai podologi, con lo scopo di rivoluzionare e digitalizzare la fabbricazione di plantari. Ma forse il progetto più ambizioso, ci tiene a sottolineare, “è quello di sviluppare la nuova macchina che da tanti anni immagino, per realizzare componenti meccaniche più performanti”.
Nell’ultimo anno Mark One è stata anche selezionata tra le migliori 100 startup italiane, traguardo che ha permesso a Zani di trascorrere tre mesi a Chicago e come migliore startup del sud Europa nella sezione smart manufacturing. In questo modo ha iniziato a instaurare un rapporto con gli Stati Uniti che vorrebbe rendere stabile in modo da consolidare la realtà come brand a livello globale. “I primi anni, essendo giovane, è stato veramente complesso riuscire a farsi strada nel mondo industriale italiano. Invece, dall’esperienza all’estero, questa difficoltà si è trasformata in vantaggio”.
La determinazione, insomma, a Zani non manca: “Una delle cose che mi piace di più nel fare impresa è che ogni giorno c’è qualcosa da imparare”. Proprio quella qualità che serve per affrontare un periodo complicato come quello stiamo vivendo: “Saranno anni particolari. Il Covid-19 ha mostrato le criticità del sistema tradizionale ma dall’altro lato ha risaltato anche i possibili vantaggi per chi saprà sfruttare davvero questa tecnologia. Penso che la stampa 3D cambierà il mondo e mi sto impegnando tutti i giorni perché questo accada”.
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