A dicembre, nell’ex area industriale di Milano, in piazza Compasso d’Oro, debutterà l’ADI Design Museum: 2.400 metri quadrati di spazio espositivo che accoglie i 350 pezzi vincitori del Premio Compasso d’Oro: tante sono le medaglie raccolte dal 1954, nascita del premio ad oggi. Il tutto non può che accadere a Milano, sede del più prestigioso premio del settore e stella polare dell’Italia prima in Europa per numero di imprese del design (30mila), in terza posizione quanto a fatturato (4miliardi) e addetti (50mila). Dati che si riferiscono al pre-Covid.
La collezione permanente, alla quale si affiancheranno mostre temporanee, racconta la storia del design nei suoi risvolti industriali, economici e cultuali (ADI sta per Associazione per il Design Industriale). La prima edizione, nata da un’idea di Gio Ponti, fotografa le aziende che per prime hanno dimostrato di avere nel proprio dna il senso del design aldilà dello stile. Un esempio? La Rinascente che – appunto – istituì il premio negli anni in cui decideva di consolidare i rapporti con la grafica, l’architettura e soprattutto con il design anche della comunicazione. Nel 1950 il grafico svizzero Max Huber realizzava il marchio, un monogramma formato dalla prima lettera minuscola dell’articolo “la” seguita dalla R maiuscola in stampatello. Così come l’art director Albe Steiner diventava responsabile degli allestimenti esterni e interni, e della grafica pubblicitaria fino al 1955.
Tra i vincitori della prima edizione, la macchina da scrivere Olivetti Lettera 22 di Marcello Nizzoli che vinceva anche con la macchina da cucire Necchi, e ancora, la Giubba da pesca firmata Araldo Sassone e la Fiaschetta da viaggio per profumo di Franco De Martini. Tra quelli dell’ultima edizione la pinza freno Formula E della Brembo e la Ferrari Monza SP1.
Ma il design quanto fa vendere a un’azienda? Si è calcolato, e dimostrato, che le aziende che aderiscono al processo di design aumentano il proprio valore. Fondazione Symbola nel 2017 ha avviato un osservatorio sul settore e con Deloitte ha elaborato il rapporto Design economy dove si legge che “la percentuale di imprese che hanno aumentato i volumi di fatturato è quasi dieci punti percentuale superiore per le attività imprenditoriali design oriented (35%) rispetto alle altre imprese (27,2%)”. E questo risulta evidente trasversalmente in tutti i settori del Made in Italy, ma in particolare nei quattro di bandiera riconosciuti come le 4A: Automazione, Alimentare e bevande, Abbigliamento e moda, Arredamento.
Il ruolo del design a traino della competitività si accentua quando fa tutt’uno con l’economia verde. Basti pensare come, nella distinzione tra imprese, il vantaggio a favore di quelle che investono in tecnologie verdi, puntando simultaneamente sul design, raggiunge i 21 punti percentuali in termini di addetti (il 42,0% delle imprese verdi e orientate al design dichiara un aumento dell’occupazione, contro il 21,0% delle imprese inattive sui due fronti), 18 punti in termini di fatturato (46,0% contro 24,0%) e 17 punti in relazione alle esportazioni (44,0% contro 27,0%), riferisce il rapporto Symbola.
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