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Patrick Cohen e gli scopi nobili dell’assicurazione

Patrick Cohen ad Axa Italia
Patrick Cohen è l’amministratore delegato di Axa Italia protagonista della cover di novembre 2020 di Forbes Italia. (Foto di Roberta Bruno)

Articolo tratto dal numero di novembre 2020 di Forbes Italia. Abbonati

Questa storia inizia come forse non ci si aspetta: alla fine dello scorso aprile, in pieno lockdown, scorrendo la timeline di LinkedIn. È lì che avviene un incontro (virtuale) del tutto inaspettato: un amministratore delegato al pianoforte che, collegato con altri tre membri della sua squadra, ognuno a uno strumento diverso, intona I’m still standing di Elton John, un inno alla capacità di resistere e alla voglia di ripartire.

È questo il primo contatto con Patrick Cohen, giovane amministratore delegato di Axa Italia, non nuovo, in realtà, a performance che uniscono la parte artistica e professionale. Nella sede milanese di Axa si va da una imponente e rigorosa sala del consiglio con vista a 180 gradi sulla Milano più moderna, passando per corridoi che potrebbero non avere nulla di diverso da quelli di tante altre società e si sbuca poi in un ufficio che è un trionfo di colori: un wall di ricordi (i disegni dei figli, i libri di una vita e le foto dei tanti eventi aziendali insieme a colleghi e agenti) da una parte, un murales alle spalle della scrivania e ancora un’ampia veduta su Milano.

Quello è l’habitat di Cohen, manager cresciuto alla scuola dell’industria dei beni di largo consumo e della sua ossessione per il cliente e poi di McKinsey, dove ha i primi contatti con il mondo delle banche e delle assicurazioni, per approdare in Axa Italia quattro anni fa dopo un’esperienza in GE Capital. Lui, parigino sposato in Italia, con tre figli italiani e che ama definirsi “il più italiano dei francesi”, come ci dice subito. Si percepisce che il suo approccio al ruolo di guida delle operazioni della compagnia transalpina nel nostro Paese è frutto non solo della sua storia professionale precedente ma anche di tutto ciò che ci sta attorno nella stanza: non solo numeri, ma attenzione alla persona per tutte le sue componenti.
Mentre ci accomodiamo non si può non iniziare a scorrere rapidamente il murale che sovrasta la scrivania. “Sta guardando questo?”, chiede Cohen con aria divertita dalla scrivania al centro dell’opera. “Rappresenta al centro i nostri valori e in ogni angolo i quattro pilastri su cui ho voluto costruire la mia esperienza in Axa”. Si possono scorrere con gli occhi: ‘From payer to partner’, ‘Cuori in azione’, ‘Team’, ‘Execution & Action’, tutti temi su cui si tornerà durante l’intervista.

Forbes si ripromette però di partire dal futuro, da un nuovo anno ormai alle porte e per il quale, forse come non mai, è difficile fare previsioni. Anche per chi come Axa è abituato a gestire i rischi, e che nel 2020 si è trovato a dover fronteggiare un Cigno Nero di proporzioni enormi, un evento inaspettato, almeno in termini di dimensioni, come l’esplosione della pandemia Covid-19. “L’insegnamento di questa crisi è che la normalità è fragile”, esordisce Cohen. “Che il mondo è sempre più incerto e volatile. E non solo per la pandemia, ma anche per molti altri fattori che impattano sulla vita dei nostri clienti, dal clima alla precarietà economica, dalla cybersicurezza fino alla geopolitica”. Così “il sentimento di sicurezza non è mai stato così basso”.

È l’anticipazione ai dati dell’Axa Future Risk, uno studio che viene redatto ogni anno e che aiuta a orientare le attese e le scelte della compagnia sul lungo periodo, sulla base della percezione del rischio raccolta da una survey svolta a livello internazionale.

Patrick Cohen
Parigino sposato in Italia, con tre figli italiani, Patrick Cohen ama definirsi “il più italiano dei francesi”. (Foto di Roberta Bruno)

Il rischio pandemico era all’ottavo posto lo scorso anno, ora naturalmente è al primo. Al secondo c’è il clima, che viene sempre più vissuto nella quotidianità delle persone come un’urgenza, basti pensare che il 75% della superficie terrestre è già degradata. Al terzo posto sale il cyber-risk, come effetto di Covid-19 che ha fatto impennare il numero di operazioni svolte da remoto, con i tentativi di phishing che ad esempio sono aumentati del 700% durante il lockdown.

“Questi rischi sono sempre più interconnessi e percepiti dalle persone. Ci si è resi conto una volta di più ad esempio che non si può avere economia se non si ha la salute. E allo stesso modo è ormai evidente che non si può avere economia senza attenzione al clima, perché è ormai assodato che, da qui a fine secolo il cambiamento climatico costerà otto punti di Pil. Così come, in un circolo niente affatto virtuoso, anche il clima è legato alla salute, perché il Virus ha fatto i danni maggiori nelle aree più inquinate, senza considerare i problemi respiratori e altre malattie croniche connesse. Ecco perché, data la portata di queste sfide a livello globale, affrontarle deve essere un lavoro collettivo e coordinato, dove pubblico e privato operano insieme, con un coordinamento delle competenze che permetta di ridurre i costi complessivi. Axa è stata tra i primi gruppi a livello mondiale a promuovere un tavolo di lavoro per studiare soluzioni nuove per proteggere la società da nuovi rischi come quello pandemico. In Italia vediamo che, come sistema, abbiamo preso la direzione giusta. Un esempio concreto di collaborazione pubblico-privato di successo è quello che stiamo facendo al fianco di Ania, che si è fatta promotrice di un Fondo di investimento per le infrastrutture italiane, a cui Axa ha aderito con entusiasmo.”

E qui è lecito tornare al 2021, perché l’Axa Future Risk si occupa anche del nostro Paese. Quanto siamo vulnerabili? “L’Italia è prima in classifica per la percezione dei rischi emergenti. A partire dalla salute, al primo posto. E non potrebbe essere diversamente dato che un quarto della popolazione ha più di 65 anni e aumenta la non-autosufficienza che colpisce quattro milioni di italiani”. Al secondo posto si posizionano i cambiamenti climatici e le calamità naturali. “In Italia si sta assistendo a una maggiore severità degli eventi, con il numero di calamità raddoppiato negli ultimi 20 anni, l’aumento delle temperature di 1,4 gradi in 50 anni e 35 chilometri quadrati di costa spariti”. Non bastasse, il 2020 lascerà anche un’altra pesante eredità: “Al terzo posto ci sono i rischi economici e finanziari, con 500mila posti di lavoro già persi e la possibilità che raddoppino le persone che vivono al di sotto della soglia della povertà”.

Fatta la diagnosi, è il momento di sforzarsi di trovare una cura. Axa come intende affrontare queste sfide? “Uno dei nostri pilastri strategici recita From payer to partner. Con questo intendiamo dire che le compagnie di assicurazione devono smettere di essere considerate utili solo nella fase di risarcimento, come pagatore di sinistri. Possono essere un vero partner. Faccio un esempio: Axa da tempo si è concentrata sul settore della salute, guadagnando un ottimo posizionamento sul mercato. Questo per noi ha significato mettere a disposizione dei nostri clienti una serie di servizi. E questo è il motivo che ci ha spinti a diventare pionieri nella telemedicina, mettendo a disposizione dei clienti nuove opportunità come il video consulto medico e psicologico o la consegna dei farmaci a domicilio grazie al supporto di strutture convenzionate. Ma è anche la ragione per cui abbiamo fatto il nostro ingresso nel settore della diagnostica (attraverso una joint venture con il gruppo Cidimu, ndr). Perché la prevenzione è e deve essere il mestiere di base dell’assicuratore. Se pensiamo al clima, siamo stati i primi tre anni fa ad uscire dall’industria del carbone e recentemente abbiamo preso l’impegno anche in termini di assunzione, nel senso che non assicuriamo più le società connesse con lo sfruttamento di questa fonte energetica. Abbiamo inoltre annunciato il raddoppio dei nostri investimenti green a 24 miliardi, da qui al 2023. In Italia stiamo facendo la nostra parte, partendo da Milano, dove abbiamo lanciato il piano ForestaMi, che permetterà di piantare tre milioni di alberi entro il 2030. Ancora: con l’Unesco abbiamo lanciato una partnership di dieci anni, in concomitanza con il decennio delle nazioni unite dedicate alla protezione degli oceani, a cominciare dalla lotta alla plastica”.

Patrick Cohen
(Foto di Roberta Bruno)

Il piano di Axa però non vola solo alto, perché questi macro-temi hanno ricadute sulla vita di tutti. “Ovviamente pensiamo anche alle soluzioni assicurative”, dice Cohen. “Prendiamo l’assicurazione parametrica. Si tratta di una formula che prevede l’indennizzo automatico al verificarsi di un certo parametro che potrà essere misurato da un algoritmo. Siamo attivi sul Superbonus, dove costituiremo una sorta di ecosistema formato da consulenti e artigiani per la riqualificazione degli immobili e proteggeremo i nostri clienti con varie soluzioni assicurative, dalla responsabilità professionali alle cauzioni e ai rischi ambientali. Nel settore del cyber-risk offriamo servizi di prevenzione e di risk assessment ma anche prodotti assicurativi specializza. Penso al furto di identità digitale o alla protezione dei pagamenti”.
Resta da capire se a fronte di questo attivismo i clienti percepiscano il ruolo di partner che la compagnia si è dato. “Da tante survey emerge di sì. Negli ultimi quattro anni abbiamo significativamente migliorato la soddisfazione dei clienti, grazie agli investimenti in innovazione: abbiamo lanciato nuove offerte come l’assicurazione istantanea o la protezione multirischio per le nuove forme di mobilità. Abbiamo anche migliorato l’esperienza sinistri, offrendo servizi completamente digitali come ad esempio la constatazione amichevole in caso di incidente o la videoperizia da remoto.
E anche i numeri di business ci danno ragione, perché l’utile è cresciuto del 37% a circa 300 milioni di euro in tre anni. Significa che bisogna partire dal cliente ed essere ossessionati da cosa offriamo di nuovo e di meglio”.

È questo il credo di Cohen? “Questo e non solo. L’assicurazione ha uno scopo molto nobile che è la protezione. Ed è bello lavorare per un’azienda che naturalmente vuole fare business, ma che ha anche dei valori che vanno oltre. Si tratta di un’impronta che discende direttamente dal ceo di gruppo. Forse per questo c’è un grande attaccamento all’azienda e forse per lo stesso motivo siamo attraenti per i nuovi professionisti che scelgono di lavorare con noi. E credo che questo sia ancora di più importante nel contesto attuale, di fronte alle grandi sfide di cui abbiamo parlato”.

L’intervista si conclude su queste parole, il tempo di rassettarsi la mascherina sul volto e di uno sguardo al murale voltandosi per un ultimo cenno dalla porta. Ora appare in tutta la sua interezza il messaggio centrale dal quale si ramificano le altre proposizioni strategiche, quella parte che prima rimaneva parzialmente coperta proprio da Cohen seduto alla scrivania. Recita così: “We act for human progress, by protecting what matters”.

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