La loro parola in codice, o forse sarebbe meglio dire il loro hashtag se si pensa ormai all’importanza dei social nel fare business, è #lilgirls dal nome del brand di gioielli Lil Milan che Veronica Varetta, una ragazza acqua e sapone con grandi occhi azzurri, ha creato nel 2014 mossa dal desiderio di colmare un gap del settore. Durante i suoi studi in Economia e gestione dei beni culturali all’Università Cattolica di Milano, con i soli guadagni da baby-sitter, Veronica non riusciva infatti a trovare nessun gioiello che incontrasse i suoi gusti o fosse in linea con le sue disponibilità economiche. Sapeva perfettamente quali fossero le caratteristiche dei gioielli che desiderava: oro puro, linee essenziali, qualcosa da poter indossare ogni giorno proprio come un tatuaggio. Uno stile che potremmo definire casual chic.
Decise così di iniziare a disegnarli lei stessa e si rivolse a un orafo che potesse realizzarli per lei a Milano. “Per i primi tre anni è stato tutto molto difficile”, ricorda. “Da autodidatta, sbarcata nel mondo orafo per caso, ho dovuto imparare tutto molto in fretta senza sapere con certezza di chi potermi fidare. In generale, cerco di vivere i fallimenti come delle opportunità per mettermi in discussione e migliorare”.
Alla base di quest’avventura, che oggi tanto avventura non è considerata, una distribuzione che oltre allo shop online comprende una rete selezionata di retailer tra cui Luisaviaroma a Firenze, Ò Bijoux a Parma, El Paracaidista a Madrid e Donne Concept Store a Cagliari, la passione per l’arte orafa e l’amore per il lavoro manuale, che oggi sono i due motori principali che alimentano le collezioni del marchio interamente fatte a mano (ogni gioiello è realizzato artigianalmente in Italia in oro 9 o 18 carati).
Il percorso di Veronica si snoda tra la città in cui è nata, Milano, e quella che l’ha ispirata ovvero il frenetico palcoscenico di New York. Classe 1992, dopo gli studi la designer volò oltreoceano per trasferirsi nella Ggrande Mela dove iniziò a lavorare per maison del lusso come Prada e a eventi di rilievo come il 70° compleanno di Marina Abramovic al Guggenheim. Tornata a Milano nel 2017, ma con la testa ancora proiettata tra i vicoli del West Village, ha cominciato a dedicarsi completamente ai suoi gioielli, ideando nuovi prodotti, forme di comunicazione e shopping experience oggi sempre più 2.0 tramite i social, in primis Instagram. “Tra pochissimo aprirò finalmente al pubblico Lil House. È un progetto che ho in testa da più di un anno. L’obiettivo è proporre un nuovo concept di gioielleria, uno showroom da vivere dove la mia community di Lil girls potrà venire a provare tutta la collezione, bere un caffè sentendosi a casa e vivere l’esperienza del marchio a 360 gradi”, spiega. Ma all’inizio neanche lei sapeva che il mondo della gioielleria sarebbe stato nel suo futuro: “Se chiedeste a mia mamma risponderebbe che ero una che non voleva giocare con le Barbie, odiava i collant e usciva a gambe scoperte anche d’inverno. Ero una bambina che voleva provare ogni tipo di sport, dal nuoto sincronizzato alla ginnastica artistica, al basket e all’hockey su prato. Sognavo di diventare un chirurgo”, racconta.
Negli ultimi mesi, dallo scoppio della pandemia, secondo Veronica sono cambiate le abitudini dei consumatori anche con riferimento al settore preziosi. “Siamo tutti più consapevoli rispetto a come vogliamo passare le nostre giornate, spendere i nostri soldi e le nostre energie. Il focus si è spostato dalla quantità alla qualità: in generale tendiamo a eliminare il superfluo. C’è più attenzione a come si compra e chi si sostiene, prediligendo imprese piccole e locali che ci mettono il cuore”. Come la sua, che giorno per giorno, cercando di mantenere un mood positivo, si è dedicata a cambiare strategia commerciale e investire prevalentemente sull’online.
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