NEW YORK – Andare a vedere Black Panther sabato sera in un qualsiasi cinema di Manhattan è stata un’impresa impossibile, con biglietti esauriti ovunque già alle due del pomeriggio. I numeri del lungo weekend del film, arrivati ieri (dato che in Usa lunedì era vacanza, ricorreva il Presidents’ Day) non hanno fatto che confermare il fenomeno percepito: Black Panther ha incassato circa 235 milioni di dollari negli Stati Uniti, e altri 404 in giro per il mondo, classificandosi come il film uscito a febbraio più redditizio della storia. Le previsioni, basate sulle prevendite, avevano parlato di un weekend di apertura tra i 100 e i 120 milioni, ma le stime sono state spazzate via dalla realtà. Se va avanti così, Black Panther rischia di diventare il film della Marvel con l’incasso più ingente della storia, record che per ora spetta ancora al primo Avengers del 2012.
In attesa delle cifre definitive (in Cina in film arriva solo il 9 marzo prossimo) quello che abbiamo davanti agli occhi è un fenomeno culturale: un film con un cast interamente di afroamericani, diretto da un afroamericano (Ryan Coogler), che racconta di un immaginario Paese africano è diventato argomento di conversazione nazionale, discussione nelle scuole, nei bar, sui social, ovunque. Persino Michelle Obama si è unita al coro su Twitter: “Congratulazioni al team di #theblackpanther. Grazie a voi, i giovani vedono finalmente sullo schermo supereroi che gli assomigliano”. Scherzando, ma neanche tanto, si può dire che la comunità afroamericana non si sentiva così rappresentata dalla prima vittoria elettorale di Barack Obama. Un fondo di verità c’è: fin troppo abituati a vedersi rappresentati nei film come spacciatori e criminali, i neri americani hanno finalmente un supereroe fatto a loro immagine e somiglianza. Qualcuno ci ha visto il ritorno del noto filone escapista hollywoodiano; altri, come lo scrittore Jamil Smith nella cover story del magazine Time, un atto di ribellione a Trump: “La stessa esistenza di Black Panther sa di resistenza”, ha scritto Smith; altri ancora, come Kenan Malik sul Guardian, sono andati controcorrente parlando di “un film mediocre” che deve il suo successo a un diffuso “bisogno di speranza”.
Wakanda, il regno del protagonista, T’Challa, racconta una nazione ricca e tecnologicamente avanzata, la perfetta risposta al famoso commento di Trump sui Paesi africani etichettati in modo poco diplomatico o elegante shithole countries. Per capire l’importanza del fenomeno Black Panther, basti pensare che alcuni critici lo hanno paragonato a Radici, lo sceneggiato che nel 1977 scosse l’America e il mondo raccontando le vicende dello schiavo Kunta Kinte. Il New York Times ha definito l’uscita del lungometraggio a defining moment for Black America, scrivendo che si tratta di “una vivida re-immaginazione di ciò che gli americani di colore hanno bramato per secoli: l’Africa come sogno di compiutezza, grandezza e autorealizzazione”. Tra le recensioni entusiaste si legge anche: “L’effetto di questo film sul pubblico bianco si sta facendo strada, mostrando – cioè mostrandoci – sfumature dell’identità nera, della ricchezza delle culture africane, e l’indiscutibile eroismo di persone che non necessariamente hanno l’aspetto degli eroi che abbiamo conosciuto finora”.
In termini strettamente cinematografici, il successo stratosferico di Black Panther ha anche un altro significato: la rottura del tabù hollywoodiano secondo il quale i film con protagonisti afroamericani sono poco esportabili all’estero e destinati solamente al mercato americano (per la stessa Marvel, la produzione della pellicola è stata una scommessa). Vero in passato, questo credo si sta distruggendo a poco a poco, sotto i colpi di successi come Hidden Figures: il film del 2016 sulle donne nere scienziate della Nasa aveva incassato 165.5 millioni di dollari neglia Usa e altri 48.8 nel resto del mondo. O come il trionfo di Moonlight, vincitore l’anno scorso dell’Oscar come Miglior film, che ha raccolto un centinaio di milioni al box office pur essendo un titolo a basso budget. Certo, con Black Panther siamo in tutto un altro universo, quello dei supereroi; un regno bianco per eccellenza, ed è per questo che il suo successo è ancora più significativo. Tanto che la domanda che ora gira a Hollywood è: ma perché non ci abbiamo pensato prima?
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