Un articolo del Wall Street Journal di ieri gettava una luce sinistra sulle attività in cui è impegnata Facebook: il social network di Mark Zuckerberg – nell’articolo a firma di Emily Glazer, Deepa Seetharaman e AnnaMaria Andriotis – avrebbe chiesto alle banche americane di “condividere informazioni finanziarie dettagliate dei loro clienti, comprese le transazioni su carta di credito e i saldi dei conti correnti”. Secondo il quotidiano finanziario americano, la mossa studiata da Menlo Park sarebbe dovuta servire a “curare” le recenti pessime performance borsistiche del titolo della società, grazie a una spinta capace di portare a guadagni stimati superiori al 3%. Tra le altre istituzioni finanziarie coinvolte, secondo il Wsj, ci sarebbero JPMorgan, Wells Fargo, Citigroup e U.S. Bancorp.
Tuttavia, a poche ore di distanza dal report, il gigante dei social network ha smentito nella sostanza i rumor, ridimensionando soprattutto la portata delle ipotesi sulla destinazione finale dei dati. Una rappresentante di Facebook, Elisabeth Diana, ha dichiarato al sito Ars Technica che “come molte altre aziende online con interessi commerciali, Facebook lavora in partnership con banche e compagnie di carte di credito per offrire servizi come l’assistenza clienti e la gestione dei conti”, ma che questo non ha nulla a che vedere coi rischi di privacy denunciati dal Wall Street Journal.
Inoltre, Zuckerberg e soci hanno risposto alle speculazioni spiegando che le intersezioni tra Facebook e le istituzioni finanziarie americane sono semplicemente legate alla possibilità di fornire una migliore esperienza utente agli utilizzatori di Messenger – la piattaforma di instant messaging di Menlo Park. La società ha diramato una nota stampa che precisa: “Non usiamo i dati relativi agli acquisti per finalità pubblicitarie. Non abbiamo nessun rapporto speciale, partnership o contratto con le istituzioni bancarie per servici dei dati degli acquisti dei loro clienti”.
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