L’ennesima polarizzazione: i Ferragnez. Da una parte quelli che avrebbero voluto sgolarsi in Amore e Capoeira stonando assieme a Giusy Ferreri alla festa pre matrimoniale, dall’altra quelli che “chissenefrega del matrimonio Ferragni” (ma non ci sono casi noti nella storia di gente scambiata per colta perché dice che non ha la tv o Facebook, non s’interessa di cultura popolare oppure odia Chiara Ferragni). Da una parte quelli che seguivano le mille Stories degli invitati (tutte uguali, storte e brutte) come fosse un film di Brian De Palma con un unico punto di vista (si sentiva l’assenza di Rovazzi, va detto), dall’altra il Codacons, non invitato, che presenta l’esposto sulla famigerata partnership a Linate: “È semplicemente assurdo che un intero scalo aeroportuale e la compagnia di bandiera italiana si «pieghino» a due personaggi famosi”, ha detto l’associazione dei consumatori.
Michele Anzaldi, deputato Pd, ha presentato un’interrogazione ai ministri delle Finanze e delle Infrastrutture chiedendo di “stigmatizzare la decisione di personalizzare biglietti e schermi, considerate le difficili condizioni economiche della compagnia”. Così Alitalia ha dovuto spiegare a Anzaldi, a Codacons e al dicastero di Luigi Di Maio che si trattava di un volo di linea, e di un accordo commerciale siglato per un ritorno d’immagine: la Ferragni ha più di 14 milioni di follower su Instagram, Fedez più di 6 milioni. Siamo il Paese che anziché consegnare le chiavi del ministero dell’Economia a questi due, come sarebbe opportuno, gli dedica preoccupate interrogazioni parlamentari.
Cosa resterà di questo matrimonio? Le mascotte Trudy con le sembianze di Fedez e Ferragni, prese d’assalto e limonate da tutti; la mamma di Fedez in versione hostess Alitalia che accoglie gli invitati sul molto dibattuto volo brandizzato Ferragnez, e l’ex del Grande Fratello Daniela Martani che sbrocca su Twitter perché l’evento sarebbe stato “pagato da noi contribuenti” (manco fosse la balconata di Santoro: “Ci levate il futuro!”); gli invitati che si riferiscono al matrimonio chiamandolo così, “l’evento”; il mondo diviso tra chi guarda dall’alto di Palazzo Nicolaci e chi dal basso, e la folla che vuole fotografare persone che ha visto solo sul proprio cellulare (un Pokémon Go con le celebrity social al posto degli animaletti). E ancora: quelli che “chi se ne frega di questo matrimonio” (ah, se solo potessimo dirlo ogni volta che qualcuno dei nostri amici si sposa), a pari merito con quelli che “nessuna invidia, è che non hanno gusto” (o frasi equivalenti, rigorosamente pronunciate da arbitri elegantiae che nelle proprie gallery hanno giacche di taglie più piccole, colori sbagliati, mignoli alzati quando si brinda – ché fa elegante); la festa pre matrimoniale con Giusy Ferreri che stona le proprie canzoni, con Amore e Capoeira a cappella, tutta urlata a karaoke; Benny Benassi e il trionfo dei tamarri (è ovvio che ti diverti, con loro, altro che “quelli della moda”); la cumpa simpa che chiede il mojito urlando “Davide facciunmojito”, con la camicia aperta e lo sguardo perso (e poi lì a contare le view alle proprie foto); i tuffi in piscina per riprendersi dall’hangover; la promessa di Ferragni che giura: “Mi emozionerò sempre a vedere il tuo nome apparire sul telefono”; l’invitato che mette su il tono del commentatore pubblico: “‘Sto rosè non è il massimo, sembra un rosso fermo”; Fedez che inizia il proprio discorso con “chi mi conosce lo sa”, come a un falò di confronto di Temptation Island; il momento autoscontri col Luna Park brandizzato alla Dimora delle Balze, e il terzo cambio abito; i brillocchi di Pomellato; il putto di ghiaccio che piscia vodka.
“Sembravamo così diversi e incompatibili. Eppure ogni volta che ti vedevo ridere insieme a me provavo qualcosa di fortissimo”, dice la fashion blogger più famosa d’Italia nella sua promessa di matrimonio. In effetti mentre lei provava l’abito, lui era a Milano con gli amici a giocare a ping pong e bere nei bicchieri placcati oro regalati da Versace (Earned all this money but they never take Rozzano out me, parafrasando altri interpreti). E anche “stai realizzando i miei sogni, uno dopo l’altro”. Nei discorsi, meglio Ferragni di Fedez: lui parla solo di sé, si dice un cinico disincantato che ha ceduto al destino, poi cita Bukowski. Se Fedez non avesse scritto “il cane di Chiara Ferragni ha il papillon di Vuitton”, lei non avrebbe forse considerato Vorrei ma non posto, che tra le altre cose fa “e poi, lo sai, non c’è un senso a questo tempo che non dà il giusto peso a quello che viviamo. Ogni ricordo è più importante condividerlo che viverlo” (non ci arrenderemo mai all’idea che lui sarà sempre considerato l’intellettuale della coppia). Ma diciamocelo, i due novelli sposi non sono poi così diversi. Anzi, più li guardi più sembrano due tipici trentenni che realizzano il matrimonio italiano. Più li guardi e più capisci che tra i due il più narciso è lui. E il primo giorno da sposati lei già lo cazzia: “Ragazzi, è da tre ore su Instagram”, si lamenta con le braccia conserte. “Sto lavorando”, fa lui mentre lei lo sbertuccia e gli dice di sbrigarsi: “Ma che lavorando”. E intanto tu sei lì a chiederti se faranno colazione nelle tazze Ferragnez, esempio di Royal Wedding laico e repubblicano.
L’invidia sociale è totalmente giustificata: sono due giovani a cui non perdoniamo il successo, in un’Italia in cui si sogna il reddito di cittadinanza. Lui, unico caso di rapper anticasta attratto dal mercato (ha capito presto che la musica da sola non bastava, e allora è diventato sia giudice tv che produttore); lei, socialite che con l’aiuto di Riccardo Pozzoli è diventata imprenditrice digitale, e ha costruito un impero basato sulla nostra attenzione. Per questo, quando la sentiamo emozionarsi e dire “non ho bisogno che il mondo mi ami, ho bisogno che mi ami una sola persona, e questa persona sei e sarai sempre tu”, ci asciughiamo le lacrime e pensiamo che mica è vero. Hai bisogno che il mondo ti ami e che continui a seguirti, più che mai ora che tieni famiglia.
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